Il sorriso è proprio quello di Michela Murgia. Si staglia immenso su quasi 100 metri quadri di murale, impresso su una delle facciate del V Municipio di Roma, tra Centocelle e il Pigneto. «Non ci sono altri palazzi davanti, lo spazio è tutto suo», racconta Pietro Turano – nell’ordine attivista e attore –  vicepresidente di Arcigay Roma e coordinatore del progetto.

«A Roma Est e in questo quartiere, in particolare, c’è una vivacità artistica molto forte. É un punto di riferimento per la comunità Lgbtq+». Ma non è il solo motivo per cui è stato scelto questo punto per il murale dedicato a Murgia. «Mentre eravamo alla ricerca dello spazio migliore – continua Turano – l’amministrazione ci ha detto: abbiamo un muro e vogliamo che Murgia diventi il simbolo di questo Municipio». In una settimana – con i lavori proseguiti giorno e notte – il murale è pronto per essere mostrato alla città: inaugurazione l’11 luglio alle 19.00.

Il tratto nitido è quello di Laika, artista che nasconde il volto (e pure la voce), impegnata com’è in azioni tra l’arte e l’attivismo che lambiscono e oltrepassano i confini del legale. Nella sua opera più grande di sempre Laika ha saputo riportare intatto lo sguardo limpido e consapevole della Murgia che raccontava, dopo quel viaggio sull’Orient Express che tanto aveva desiderato: «Io sto vivendo il tempo della mia vita adesso. Dico tutto, faccio tutto, tanto che mi fanno? Mi licenziano? Ma voi non aspettate di avere un cancro per fare così».

Quel sorriso lo ha immortalato per primo Lorenzo Terenzi, sposato “in articulo mortis”, controvoglia. «Se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato», scriveva.

Terenzi è parte della famiglia queer che Murgia ha scelto e creato («Non è vero che il mondo è brutto, dipende da che mondo ti costruisci«). E quel suo sorriso lo ha saputo cogliere meglio di chiunque altro. «Hai visto? La malattia mi fa bella», diceva, sempre sorridendo, in quei mesi. Prima che la sardità dei suoi capelli fosse costretta ad arrendersi.

Lo stesso sorriso è stato scelto da Laika per il progetto realizzato con Arcigay, sostenuto dalle case editrici di Michela Murgia, Einaudi, Mondadori e Rizzoli. “Ricordatemi come vi pare” – il titolo del suo libro postumo curato da Beppe Cottafavi – è la scritta che campeggia sotto il volto della scrittrice dietro cui si staglia dall’arcobaleno Lgbtq+.

«Murgia ci ha mostrato che è possibile andare incontro alla morte celebrando la vita»

«Laika», racconta Pietro Turano, «è rimasta molto colpita da questa foto e l’ha scelta per prendere ispirazione per il progetto. Per questo sguardo consapevole, come se stesse guardando oltre, altrove. Per quel sorriso di una persona in pace. Credo che uno degli insegnamenti più forti che Michela ci ha lasciato è quello che ci ha donato nel momento della morte. Ci ha mostrato la possibilità di andare incontro a questo momento della vita celebrando la vita stessa. Nonostante quello che stava accadendo era felice, era felice di raccontare la sua vita. Ha scritto fino all’ultimo giorno. E questa è una grande lezione. Perché una delle paure più grandi che tutti abbiamo è quella di morire, di non esserci più, di non essere più niente. Non so se lo immaginava, ma è impossibile che Michela non rimanga nella memoria di questo paese».

Le polemiche di Pro Vita e Fratelli d’Italia

Un sorriso, quello di Michela Murgia, che continua, evidentemente, a spaventare la destra, anche ora che è morta. «Sì, Michela fa ancora tanto rumore», dice Turano. Violenti attacchi al progetto sono arrivati nei giorni scorsi da Pro Vita e da Fratelli d’Italia, ancor prima che il murale venisse realizzato, soltanto sulla base di un rendering. «Arcigay e il Pd», ha dichiarato il portavoce dei Pro Vita Jacopo Coghe, «stanno abusando di beni e servizi pubblici per imporre con violenza all'intera collettività il pensiero ideologico un'autrice decisamente divisiva».

Reazione che non hanno avuto davanti a un’opera decisamente più grande, sempre dedicata a Murgia. Quella realizzata da Mp5 – artista che ha creato la copertina del podcast Morgana, della scrittrice sarda e di Chiara Tagliaferri, nonché dell’immagine divenuta simbolo di Non una di meno – sulla facciata del centro civico di via Quarenghi, dedicato proprio a Murgia. «Non un ritratto, ma un’opera che ne rievoca lo spirito, il maremoto, immagine dell’impeto di un pensiero inarrestabile».

Il muro come bene pubblico

«Io e Laika», continua a raccontare Turano, volevamo fare un progetto insieme. Ci siamo annusate per un po’, l’ho invitata a un talk durante la mia rassegna Fr*cinema. Volevo fare un muro con lei e volevo che fosse un muro “legale”. Mi piaceva l’idea di fare qualcosa di queer su di un muro pubblico che, simbolicamente, appartenesse alla città. Perché i beni pubblici appartengono alla cittadinanza.

Non a caso, ancor prima che iniziassimo i lavori sono arrivati gli attacchi dei soliti a destra. Perché, secondo me, è proprio questo il punto: un certo tipo di politica quando si siede su qualche poltrona, inizia a fraintendere il concetto di bene pubblico. Pensa che appartenga a loro, a chi detiene il potere. Ma il bene pubblico appartiene alla cittadinanza e questo murale, con l’immagine di Michela Murgia, è un messaggio di libertà, di consapevolezza, di pace. Non è tanto un omaggio a lei, quanto alla città».

La famiglia queer di Laika

Amico di lungo corso di Michela Murgia, per Pietro Turano non è stato emotivamente facile, proprio per il legame con la scrittrice. «Mi sembrava una cosa troppo forte per me. Ma Laika era davvero l’artista giusta per un progetto del genere. Perché è un’artista politica che porta la sua arte fino alle frontiere mettendo a repentaglio anche la sua libertà. Prima di partire con il progetto ne ho parlato con Chiara Valerio, con la famiglia queer di Michela. Volevo che quest’opera appartenesse prima di tutto alle persone che amava».

Turano ha le mani sporche di vernice quando accoglie Domani al cantiere, dove si stanno finendo gli ultimi ritocchi al murale. «Quando abbiamo deciso di partire con il progetto, Laika mi ha detto: facciamolo davvero insieme. Per me il mio team è la mia famiglia e vorrei che tu ne facessi parte. Ed è stato bellissimo perché è proprio il concetto di famiglia queer di cui Michela parlava».

Turano è diventato così l’unico membro del team di Laika che lavora a volto scoperto. «Sono sporco di vernice tutto il giorno, ho imparato a fare i colori, a dipingere sul muro, a guidare la piattaforma, a salire in alto oltre i 20 metri. Pensa che per le fobie e le ansie che ho, fino a un anno fa non prendevo neanche l’ascensore. Ma quando si fa qualcosa sotto il segno dell’amore si superano i confini».

«In questa settimana ho imparato tanto. Ed è come se stesse continuando a insegnarmelo Michela. Mi ha insegnato cosa significa rendersi consapevoli, a riconoscere lo spazio che occupo. Mi ha insegnato una postura, un modo di stare al mondo».

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