«Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie. Non ho mai pensato che i femminicidi fossero una cosa normale. Erano frasi senza senso. Temevo che Filippo si suicidasse. C’erano stati tre suicidi a Montorio in quei giorni». Nicola Turetta, padre di Filippo Turetta in carcere per l’omicidio di Giulia Cecchettin, spiega il senso delle affermazioni registrate durante il primo colloquio con il figlio avvenuto a inizio dicembre (due settimane dopo la cattura) nel carcere di Verona.

«Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio. Quegli instanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi», aggiunge Nicola Turetta nell’intervista rilasciata Corriere del Veneto dopo il clamore mediatico suscitato dalla vicenda.

E ancora torna sull’invito a studiare per la laurea. «È logico che non se ne farà niente di quella laurea, dovrà giustamente scontare la sua pena per quello che ha fatto».

La diffusione dell’audio ha scatenato molte proteste, anche per la violazione della conversazione, pubblicata dal settimanale Giallo insieme alle foto. 

Le storie di Elena Cecchettin

Nella giornata di ieri, Elena Cecchettin, sorella della vittima, aveva pubblicato una serie di stories su Instagram per commentare, seppure senza menzionarlo in maniera diretta, le parole di Nicola Turetta: «In questa storia non ci sono mostri, ma c’è una normalizzazione sistematica della violenza.

Bisogna rifiutare la violenza contro le donne e ogni giustificazione, smettere di tacere davanti alla normalizzazione del femminicidio, continuare a fare rumore perché nessuna vittima sia una statistica, una delle “duecento”». Aggiungendo ancora: «Scandalizzarsi e basta, senza cambiare i propri comportamenti di fronte a situazioni simili, non porta a nulla»

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