Sul tema dello stato di emergenza c’è molta confusione. Può essere utile chiarire a cosa serve e, soprattutto, a cosa non serve.
- C’è confusione sullo stato di emergenza, soprattutto su ciò cui esso non serve. Non serve a emanare la normativa che disciplina l’emergenza stessa: decreti-legge, Dpcm ecc.. Non serve nemmeno al “cambio di colore” delle regioni, che avviene con strumenti ordinari, né per tenere il CTS, che potrebbe operare come altri consulenti del Governo.
- I contratti di lavoro del personale sanitario assunto per l’emergenza Covid non durano quanto lo stato di emergenza, quindi potrebbero essere prorogati.
- Il generale Figliuolo potrebbe restare come Commissario straordinario anche a prescindere dall’emergenza, analogamente ad altri Commissari che operano in situazioni non emergenziali con poteri derogatori. Essi sono previsti da una legge sull’attività del Governo, nonché da specifiche norme di settore.
Sul tema dello stato di emergenza, appena prolungato fino al 31 marzo, c’è un’informazione a volte confusa o imprecisa. A cosa serve e, soprattutto, a cosa non serve lo stato di emergenza?
Secondo l’unica legge in materia, il codice della protezione civile (d.lgs. n. 1/2018), serve a far sì che questa struttura possa realizzare, anche in deroga alla legge, «all’insieme, integrato e coordinato, delle misure e degli interventi diretti ad assicurare il soccorso e l'assistenza (…) e la riduzione del relativo impatto, anche mediante la realizzazione di interventi indifferibili e urgenti».
Ma quanto può durare? «Non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi»: ovvero fino al il 31 gennaio 2022, per l’attuale stato di emergenza. Quando finisce l’emergenza? «Il superamento dell'emergenza consiste nell'attuazione coordinata delle misure volte a rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita e di lavoro, per ripristinare i servizi essenziali».
In Italia da oltre un anno, la vita è tornata più o meno normale, tra attività economiche, scolastiche, sociali ecc., e con il green pass ne sono state disciplinate le condizioni. Quindi, sono venuti meno i presupposti giuridici dello stato di emergenza. Lo dimostrano anche le poche ordinanze della protezione civile adottate negli ultimi mesi.
A cosa non serve lo stato di emergenza
Lo stato di emergenza non serve a emanare la normativa che finora ha disciplinato l’emergenza stessa: decreti legge, Dpcm, ordinanze del ministero della Salute, ecc. Le principali misure limitative delle libertà costituzionali disposte dal governo Conte sono state sancite con Dpcm autorizzati da decreti legge, e il governo Draghi ha proseguito quasi esclusivamente con decreti legge, adottati nei presupposti di “necessità e urgenza” previsti costituzionalmente. Sono tali presupposti che legittimano i decreti legge, non lo stato di emergenza.
Nemmeno la collocazione delle regioni in zone di rischio necessita dello stato di emergenza. Il “cambio di colore” avviene con strumenti ordinari, cioè con ordinanza del ministro della Salute, autorizzata da un decreto legge (d.l. n. 33/2020, modificato nel novembre 2020) che prevede anche una cabina di regia – istituita con decreto del ministero della Salute – per valutare i dati forniti dalle regioni.
Qualcuno afferma che senza stato di emergenza verrebbe meno il comitato tecnico scientifico (Cts), istituito a febbraio 2020 a fini «di consulenza e supporto alle attività di coordinamento per il superamento dell’emergenza epidemiologica».
Ma i componenti del comitato potrebbero ricevere un incarico consulenziale a titolo diverso, se necessario, come molti altri incarichi che sono conferiti dal governo.
Qualcun altro, poi, sostiene che con la fine dello stato di emergenza sarebbe cessato il rapporto di lavoro di personale assunto in ambito sanitario per l’emergenza stessa. Al riguardo, va detto che solo inizialmente il reclutamento e la permanenza di personale medico e infermieristico erano legati allo stato di emergenza (d.l. n. 18/2020).
Successivamente, la legge di Bilancio 2021 ha previsto per questo personale il termine del 31 dicembre 2021, svincolandolo dalla conclusione di tale stato (l. n. 178/2020, art. 1, c. 423). Dunque, i contratti di lavoro sono prorogabili a prescindere dalla durata “giuridica” dello stato di emergenza.
Il Commissario per l’emergenza
Secondo i più si è prolungato lo stato di emergenza per consentire la permanenza del commissario straordinario l’emergenza – previsto da un decreto legge con poteri in deroga alla legge (n. 18/2020) – il cui incarico altrimenti sarebbe decaduto. Tuttavia, da un lato, come spiegato in un altro articolo, il commissario resta finché c’è l’emergenza: non si protrae l’emergenza per far restare il commissario.
Dall’altro lato, il generale Francesco Figliuolo potrebbe restare come commissario straordinario anche a prescindere dall’emergenza. In Italia esistono figure di commissari straordinari che operano in situazioni non emergenziali e che sono comunque dotati di poteri derogatori per l’esecuzione dei propri compiti. Sul sito della presidenza del Consiglio c’è un elenco molto nutrito, e negli ambiti più diversi.
A parte specifiche norme di settore, la base giuridica che consente l’operatività di commissari al di là di un’emergenza è la legge intitolata «Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della presidenza del Consiglio dei ministri» (l. 400/1988), ai sensi della quale «può procedersi alla nomina di commissari straordinari» per «realizzare specifici obiettivi».
La nomina è disposta con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio, determinandone compiti nonché dotazioni di mezzi e di personale. Dunque, il generale Figliuolo sarebbe comunque potuto restare, così come altri commissari, proseguendo nel coordinamento della campagna vaccinale e altro.
L’anomalia dell’emergenza
Lo stato di emergenza sarebbe dovuto finire dopo 24 mesi, il 31 gennaio 2022. Invece, come avvenuto a luglio, è stato prolungato con decreto legge, e non mediante delibera del Consiglio dei ministri, come invece disposto dal codice che lo regola; e senza alcun riferimento a tale codice nelle premesse del decreto.
Tutto ciò ha un significato preciso: l’emergenza non è più quella disciplinata dal codice della protezione civile – non richiamato quale base giuridica, come detto – quanto a presupposti, durata e paletti. Siamo scivolati in un’emergenza diversa - uno stato di precauzione indefinito - poiché non più ancorata alla legge, quindi svincolata dai limiti, anche temporali, sanciti dalla stessa.
Un’emergenza gestita in via discrezionale dal governo, al di fuori di un ambito giuridicamente delineato. Metodo rischioso, che in futuro potrebbe giustificare da parte di un altro esecutivo – magari non guidato da un tecnico così accreditato, né sostenuto in modo così ampio come quello attuale – la libertà di sancire una qualunque emergenza senza il rispetto della legge che la regola.
Peraltro, non è dato sapere perché, in maniera più lineare e trasparente in punto di diritto, non sia stato prorogato il precedente stato di emergenza fino al termine massimo (31 gennaio 2022), e poi dichiarato un nuovo stato, se necessario; oppure modificato il termine massimo di 24 mesi previsto dal codice.
Infine, l’emergenza è stata prolungata più di due settimane prima della scadenza, nonostante esponenti del governo avessero detto che si sarebbe aspettato fino all’ultimo momento. Forse, in vista del periodo natalizio, si è voluto dare un messaggio ai cittadini: non si deve abbassare la guardia. Ma lo stato di emergenza è uno stato giuridico, non uno stato psicologico, né uno stato volto a determinare stati psicologici di allerta. Il diritto usato a fini paternalistici è l’ultima cosa che serve.
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