Gli otto sono accusati, a vario titolo, di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia
La procura di Roma ha chiesto la condanna degli otto carabinieri imputati nel processo sui presunti depistaggi messi in atto dopo la morte di Stefano Cucchi. Il pm ha chiesto la pena a 7 anni per il generale Alessandro Casarsa, a 5 anni e mezzo per Francesco Cavallo, cinque anni per Luciano Soligo e per Luca De Cianni e quattro per Tiziano Testarmata.
Per Francesco Di Sano la pm ha sollecitato la pena di tre anni e tre mesi, e di tre anni per Lorenzo Sabatino. Chiesti un anno e un mese, infine, per Massimiliano Colombo Labriola, per il quale il pm ha chiesto di riconoscere le attenuanti generiche.
L’accusa ha chiesto inoltre l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Casarsa, Cavallo, De Cianni e Soligo, mentre per Di Sano, Sabatino e Testarmata ha sollecitato l’interdizione per cinque anni. Gli otto carabinieri sono accusati, a vario titolo, di falso, favoreggiamento, omessa denuncia e calunnia.
Stefano Cucchi è stato ucciso il 22 ottobre 2009 mentre era sottoposto a custodia cautelare nel carcere di di Regina Coeli, sette giorni dopo un arresto per presunto spaccio di droga. Dopo un lungo iter processuale, per la sua morte la Corte d'assise di Roma ha condannato i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro a 12 anni – aumentati a 13 in appello – per omicidio preterintenzionale.
In seguito al filone processuale per l’omicidio, la procura aveva aperto un fascicolo riguardo i presunti depistaggi operati dai carabinieri per la morte di Cucchi. Nel corso della requisitoria, il pm Giovanni Musarò ha affermato che è stato «un processo lungo e difficile. Un intero paese è stato preso in giro per sei anni». Nelle due udienze interamente dedicate al suo intervento, il pm ha ricostruito l'intera vicenda, sostenendo che «l'attività di depistaggio è stata ostinata, a tratti definirei ossessiva».
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