- L’esercito maliano, che guida la transizione nel paese, vuole restare al potere a Bamako molto più a lungo di quanto possa accettare la comunità internazionale.
- L’Ecowas ha risposto con la via della fermezza applicando sanzioni molto severe. È stata annunciata la chiusura delle frontiere terrestri e aeree tra i paesi membri dell’Ecowas e il Mali, la sospensione di tutte le transazioni commerciali e il divieto di viaggiare all’estero per 150 personalità maliane accusate di sabotare il rientro alla normalità costituzionale.
- I militari maliani sono accusati anche di far entrare i russi della Wagner. In Mali si gioca una partita importante per la democrazia africana.
Rien ne va plus tra il Mali dei militari golpisti, al potere dall’agosto 2020, e i paesi frontalieri dell’Africa occidentale. L’Economic community of west african states monitoring group (Ecowas), la regionale di area attualmente sotto presidenza di turno del Ghana, ha annunciato pesanti sanzioni economiche dopo l’ultimo vertice dei capi di stato.
La polemica verte sulla durata della transizione: sei mesi o poco più era stata la richiesta degli altri paesi; cinque anni ha risposto la giunta di transizione militare. Pare proprio che l’esercito maliano voglia restare al potere a Bamako molto più a lungo di quanto possa accettare la comunità internazionale.
La proposta è stata anche portata dalla Francia al Consiglio di sicurezza dell’Onu, dove però stata bocciata per il voto contrario di Cina e Russia.
Ad aggravare lo scenario c’è anche la questione della Wagner, la società di contractors russa: Francia e Unione europea stanno facendo tutta la pressione possibile sui paesi dell’Africa occidentale perché il Mali sia costretto a non servirsene. Il 9 gennaio sono state dunque annunciate sanzioni molto pesanti contro il Mali, forse le più gravose mai deliberate dall’organizzazione.
Non è bastato il giro di consultazioni che il ministro degli Esteri della giunta militare maliana, Abdoulaye Diop, ha effettuato d’urgenza in Costa d’Avorio, Sierra Leone e Burkina Faso, per tentare di prendere tempo ed evitare le sanzioni.
I divieti e sanzioni
L’Ecowas ha scelto la via della fermezza perché in tutti questi mesi di negoziato tra giunta maliana e capi di stato dei paesi limitrofi il dialogo è stato difficile, con molti voltafaccia e anche accenti polemici inusuali.
Di conseguenza sono state annunciate misure molto severe come la chiusura delle frontiere terrestri ed aeree tra i paesi membri dell’Ecowas e il Mali, la sospensione di tutte le transazioni commerciali (salvo che per i beni di prima necessità, i prodotti farmaceutici e le attrezzature mediche) e il divieto di viaggiare all’estero per 150 personalità maliane (civili e militari) accusate di sabotare il rientro alla normalità costituzionale.
Tutti gli aiuti finanziari sono stati sospesi e gli ambasciatori dei paesi dell’Africa occidentali a Bamako sono stati richiamati.
Il Mali non potrà attivare i mercati finanziari per prestiti o finanziamenti, né accedere al suo conto nella Banca centrale dell’Africa dell’ovest (Bceao), visto che il paese utilizza il franco Cfa.
Tutto ciò provocherà molto presto una mancanza di liquidità che non consentirà al governo di pagare i salari dei funzionari ed impiegati pubblici ma anche dei militari stessi. A scanso di equivoci, il vertice Ecowas ha deciso di attivare la forza militare congiunta in caso di necessità.
Nel comunicato ufficiale si dice che «malgrado la smentita del governo di transizione maliano, l’Ecowas resta profondamente preoccupata dalle notizie sul dispiegamento di agenti di sicurezza privata in Mali e il suo impatto potenzialmente destabilizzante per tutta la regione». Si tratta di un attacco diretto alla scelta dei militari maliani di chiedere il sostegno della Wagner.
Le sanzioni resteranno in vigore finché, dice ancora la nota ufficiale, la giunta militare maliana presenterà all’Ecowas un calendario “accettabile” di ritorno al governo civile.
Il rigore delle sanzioni dimostra come in Mali si stia giocando una partita delicata sulla tenuta della democrazia in Africa.
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