- Il secondo anno scolastico segnato dalla pandemia si avvia alla conclusione, ma ancora nelle scuole italiane manca ciò che può contribuire a renderle realmente più sicure: un piano di screening periodici costanti e un tracciamento informatizzato efficiente.
- Testare la popolazione scolastica è anche un modo per ridurre i rischi del resto della popolazione: direttamente o indirettamente, quasi tutti i nuclei familiari “entrano” a scuola.
- Finanziamenti in ricerca e attuazione di piani di screening rappresentano scelte senza le quali siamo destinati a vedere, al più tardi in autunno, una ripresa dei contagi.
Il secondo anno scolastico segnato dalla pandemia si avvia alla conclusione, ma ancora nelle scuole italiane manca ciò che può contribuire a renderle realmente più sicure: un piano di screening periodici costanti e un tracciamento informatizzato efficiente. Alcune proposte da attuare ora, per fare della scuola un’alleata della Sanità contro il Covid-19. Perché settembre è già domani.
Nell’annunciare le sue dimissioni dal ruolo di consulente del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, l’ex coordinatore del Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo affermava martedì che «andrebbero eseguiti molti più test tra i ragazzi, molti più controlli. Ci sono esempi virtuosi, dall’Alto Adige al Lazio, vi sono comuni e regioni che stanno eseguendo tamponi a campioni nelle scuole. Perché non lo si fa ovunque?».
Con queste parole Miozzo faceva indirettamente riferimento al piano di testing periodico nelle scuole presentato al ministero nel mese di marzo, piano rimasto inattuato nonostante i 150 milioni stanziati del decreto legge Sostegni del 21 marzo per «servizi medico-sanitari per l’effettuazione di test diagnostici e misure di contact tracing». Sugli screening scolastici si consuma da mesi una rincorsa di promesse e polemiche. La realtà è quella di numerose province e regioni intere in cui il testing e il tracciamento ancora arrancano.
La scuola come luogo sicuro
Ma, come evidenziano la letteratura scientifica e le esperienze di alcuni paesi, è proprio nella combinazione di screening periodici, contact tracing e campagna vaccinale che la scuola può diventare un luogo più sicuro. Non solo, testare la popolazione scolastica è un modo per ridurre i rischi anche del resto della popolazione: direttamente o indirettamente, quasi tutti i nuclei familiari “entrano” a scuola. Testare in aula, ora. Sars-Cov-2 si trasmette principalmente attraverso droplets e per via aerea. Inoltre, a differenza di altri patogeni respiratori, l’epidemia da Sars-Cov-2 si alimenta attraverso episodi di “superdiffusione”. I fattori di rischio sono quasi tutti presenti nelle aule scolastiche, mitigati dai protocolli di sicurezza finora messi in atto: distanziamento, obbligo di mascherina, igiene delle mani, ricambio di aria, ricreazione al banco. Ma queste misure, ancorché necessarie, non sono risultate sufficienti, indipendentemente dalle varianti più trasmissibili.
Come gli studi e l’esperienza di alcuni paesi – dagli Stati Uniti al Regno Unito – rilevano, la campagna vaccinale va saldata con un sistema di controllo delle catene di trasmissione, il cosiddetto Ttt (test, tracciamento, trattamento – isolamento dei contatti). Infatti, circa il 50 per cento delle trasmissioni del virus avviene da soggetti asintomatici/presintomatici: individuarli prima possibile è necessario per bloccare le catene di contagio. Lo screening costante è pertanto una strategia fondamentale per contenere la trasmissione all’interno delle scuole e, di conseguenza, l’insorgenza di focolai familiari. Gli strumenti per attuare uno screening costante possono essere diversi e diversificati in base alla circolazione virale e alla popolazione: in caso di alta circolazione virale, i test antigenici rapidi (da confermare con il test molecolare) possono essere strumenti utili per ridurre i tempi di azione sulle classi. Se la circolazione virale si abbassa, servono test molecolari: in quest’ottica, i test molecolari su saliva studiati dall’università di Yale in autosomministrazione possono essere veri game changer, ma non sono indispensabili.
Valutare le segnalazioni
Occorre considerare gli andamenti delle segnalazioni delle positività nelle scuole e il rischio stratificato per grado scolastico, per intervenire con misure di screening su base volontaria: test sul personale scolastico per tutte le scuole; test sugli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, concentrandosi su quegli istituti maggiormente colpiti durante le ondate o dove si praticano attività di laboratorio, fisiche o stage dove il distanziamento fisico è di difficile attuazione; test sugli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado a campione nelle aree a più alta incidenza.
Per quanto riguarda i nidi e le scuole dell’infanzia, si potrebbe intervenire con screening per il personale e per i genitori. Proprio la scuola è il luogo dove ottenere il massimo dell’adesione all’attività di screening, utilizzando in particolare cortili e palestre, con un effetto domino di rafforzamento del testing e di “normalizzazione” tra la popolazione, a differenza di quanto avvenuto nelle regioni dove gli antigenici rapidi sono accessibili gratuitamente in farmacia, con basse percentuali di adesione. Un tracciamento al passo con la pandemia. Lo si ripete da mesi, ma ancora non basta: la strategia del testing va accompagnata con un potenziamento del tracciamento.
Ciò che si sperimenta in numerosi dipartimenti di prevenzione è un tracciamento condotto con “carta e penna” e con l’impiego di personale iperspecializzato: un sistema insostenibile di fronte a una sostenuta circolazione virale nella popolazione. Investire risorse nell’implementazione di sistemi informatici avanzati per il tracciamento è il primo modo per ridurre l’impatto sulle risorse umane dei dipartimenti di prevenzione. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, alcune università hanno creato hub per il contact tracing, promuovendo la formazione di operatori e volontari e proponendo un’informazione accurata sul funzionamento e sull’analisi del tracciamento, così da aiutare i cittadini nella comprensione di quali siano i luoghi e i comportamenti a maggior rischio di trasmissione. Oltre la falsa dicotomia della scuola «sicura» o «insicura». La scuola non è sicura per definizione, ma l’impegno perché il virus vi circoli il meno possibile deve essere prioritario e senza risparmio, considerata la centralità che essa riveste e di fronte ai dati drammatici relativi alla salute mentale di bambini e ragazzi dopo un anno di pandemia.
Finanziamenti in ricerca e attuazione di piani di screening rappresentano scelte senza le quali siamo destinati a vedere, al più tardi in autunno, una ripresa dei contagi. Serve una decisione politica chiara: solo grazie a rigorosi e capillari interventi di test, tracciamento e isolamento – una nuova alleanza tra Istruzione e Sanità – le scuole possono dunque essere un avamposto del controllo e del contenimento dell’epidemia, per tutto il paese.
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