La Papeete srl, la Villapapeete srl e l’Hotel Napoleon srl, società intestate a Rossella Casanova, sorella di Massimo Casanova, imprenditore bolognese amico di Matteo Salvini ed europarlamentare leghista eletto nel 2019, sono tra le 34 società destinatarie del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, disposto dal giudice per le indagini preliminari Corrado Schiaretti del tribunale di Ravenna. Dietro a questi nomi c’è il noto locale alla moda della riviera romagnola frequentato dal leader della Lega. Una brutta storia per i proprietari e per l’europarlamentare (socio di Papeete Srl) che nel suo locale più famoso ormai ospita il partito e il leader in versione estiva. Da qui è partito l’attacco di Salvini che ha messo fine al governo Conte 1 nell’agosto del 2019, e in questi giorni di agosto del 2021 sempre dal Papeete Salvini accoglie colleghi di partito e lancia messaggi al nuovo governo di cui è “azionista”.

I documenti

Nei confronti delle tre società, inclusa quella di cui è socio l’europarlamentare leghista, è stato disposto il sequestro per un valore di oltre 500mila euro, perché accusate principalmente di aver emesso «fatture per operazioni giuridicamente inesistenti», tra il 2017 e il 2019, per evadere le tasse, nello specifico l’Ires (imposta sui redditi delle società) e l’Iva (imposta sul valore aggiunto). Per esempio i conteggi effettuati dalla Guardia di Finanza hanno evidenziato che per gli anni di imposta 2017, 2018, 2019, l’Iva e l’imposta sui redditi evase (in quanto indebitamente detratta) sono state solo per la società Papeete Srl (di cui è socio il politico) 384 mila euro. In pratica 100 mila euro ogni anno di evasione. Per Villa Papeete è stata pari a 147mila euro. 

La misura emessa dal gip di Ravenna colpisce le società di 35 imprenditori per un valore totale di 2,3 milioni di euro. Al centro dell’indagine della Guardia di Finanza, definita dal gip «lunga e complessa», c’era inizialmente la MIB service srl, una società commerciale di servizi nata nel 2010 con l’espresso obiettivo di portare un’innovazione nel settore della gestione dei servizi nell’ambito del turismo, della ristorazione e dell’intrattenimento. Ideata come una società di consulenza che si pone l’obiettivo di affiancare gli imprenditori per superare vincoli burocratici e gestionali, offrendo un metodo di lavoro ai clienti per rendere efficiente ed efficace l’attività, massimizzare lo sviluppo del brand anche in termini di fatturato, la MIB secondo gli inquirenti non corrisponderebbe alla realtà dei fatti.

Iniziata il 14 dicembre del 2017, l’indagine si concentrava inizialmente sulla verifica fiscale per controllare il corretto adempimento da parte di questa società delle disposizioni in materia di tributi, dal 2013 al 2016, controllo poi esteso fino al 2019. 

Il primo decreto di sequestro, confermato poi in Cassazione, è stato emesso dal gip il 15 giugno 2019 nei confronti di Andrea Bagnoli, Michele Mattioli e Christian Leonelli, legali rappresentanti della MIB service srl e indagati per associazione per delinquere. Il 30 settembre 2020, un secondo decreto di sequestro preventivo ha colpito i primi quattro «imprenditori-committenti utilizzatori».

Gli inquirenti, partendo dalla società erogatrice di servizi definita nel decreto «società produttrice delle false fatture», si sono poi concentrati in un secondo momento sulle «imprese clienti che di quelle fatture hanno fatto uso e che sono state inizialmente vagliate con verifiche fiscali». Dai controlli effettuati dagli investigatori risulta che negli anni dal 2013 al 2019, in un caso anche nel 2020, «le società clienti hanno registrato e utilizzato ai fini fiscali le fatture passive emesse dalla MIB Service Srl, attestanti il sostenimento di spese relative all'esecuzione di appalti di servizi, da ritenersi simulati, realizzando notevoli risparmi d'imposta». In altre parole, le società clienti hanno utilizzato le false fatture per risparmiare sugli obblighi tributari.

Ma, in base a quanto evidenziato dal gip, c’è stato anche un meccanismo inverso: MIB avrebbe noleggiato strumentazioni dalle società clienti «utilizzate da questa per l'esecuzione degli appalti presso i noleggiatori», ma di fatto il passaggio è rimasto sulla carta, senza che ci sia stato alcun passaggio giuridico.

Le testimonianze dei lavoratori hanno poi confermato il quadro tracciato dalla Guardia di Finanza, secondo cui i contratti di appalto di servizi erano contratti simulati che non trasferivano illegalmente il personale ma erano «strumentali a rappresentare nei confronti dell'esterno una realtà diversa da quella reale».

Il gip parla quindi di un «meccanismo di frode» che giustifica la misura del sequestro preventivo, poiché le società hanno ottenuto vantaggi fiscali solo grazie a «un giro di carte», senza aver cambiato nulla nella propria organizzazione.

La MIB quindi, si legge nel decreto del gip, «non ha mai fornito servizi, ma ha costituito una scatola vuota, sorretta dal proprio scarno (ma rappresentato in modo altisonante) apparato amministrativo e dai contratti che costituivano le "pezze d'appoggio", aventi il solo scopo di costruire un grande apparato di frode fiscale».

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