Pubblichiamo in versione integrale l’articolo di Patrick Zaki del 2019 per cui i pm egiziani accusano lo studente di diffusione di notizie false. «Questo articolo è un semplice tentativo di seguire gli eventi» scriveva Zaki. Traduzione di Monica Fava
Pubblichiamo in versione integrale l’articolo di Patrick Zaki del 2019 per cui i pubblici ministeri egiziani accusano lo studente di diffusione di notizie false. Patrick è in carcere da febbraio del 2020, il processo è partito il 14 settembre 2021. Traduzione di Monica Fava.
Non passa mese senza che si verifichino incidenti dolorosi contro i copti egiziani, dai tentativi di sfollamento nell’alto Egitto, ai rapimenti, alla chiusura di chiese o ad altri attentati. Questo articolo è un semplice tentativo di seguire gli eventi di una settimana della vita quotidiana di cristiani egiziani…
Non passa un mese per i cristiani in Egitto senza 8 o 10 incidenti dolorosi, dai tentativi di sfollarli nell’alto Egitto, ai rapimenti, alla chiusura di una chiesa o qualcosa che viene fatto saltare in aria, all’uccisione di un cristiano, la conclusione è sempre «disturbo mentale».
Questo articolo è un semplice tentativo di seguire gli eventi di una settimana dai diari dei cristiani d’Egitto, una settimana è sufficiente per rendersi conto della portata del calvario che vivono.
Il giorno seguente la fine dello scorso Ramadan, nella festa di Eid al-Fitr, l’Egitto è stato vittima di un enorme attacco terroristico che ha causato la morte di quattordici membri delle forze egiziane, di diversi ranghi della polizia e dell’esercito. Poiché non era stato fatto il nome di alcun soldato cristiano, ci ha sorpreso la notizia di un funerale militare nella città natale di uno dei soldati cristiani egiziani, Abanoub Marzouk del villaggio di Bani Qurra, affiliato al Centro Qusiya di Assiut.
Un post
Ho scritto un post sul blog per chiedere le ragioni di questo blackout sul nome di Abanoub. Ho ricevuto una serie di attacchi da utenti di social network e anche da giornalisti egiziani che confermavano che queste cose sono “normali”, perché le forze armate non pubblicano i nomi di chi muore martire negli attentati terroristici in Sinai, per ragioni di sicurezza e per il morale delle truppe che si trovano là. Tutte queste pressioni mi hanno indotto a cancellare il post. Ho detto che forse mi ero sbagliato, che non era un atto di discriminazione, e mi sono scusato con i colleghi.
Alcune ore dopo, si è diffusa la notizia dell’insorgere di gravi problemi nel paese natale del soldato, Abanoub Marzouk, al cui nome le forze armate avevano deciso di intitolare una scuola: la gente della città si era opposta con decisione perché il soldato era un “cristiano”. I media egiziani non hanno fatto abbastanza luce sulla questione, ma diversi giornalisti e attivisti cristiani hanno espresso le loro obiezioni.
Nader Shukri, un giornalista che segue le vicende dei cristiani in Egitto, ha scritto: «Un governatore dice al fratello del martire Abanoub Naheh: “Se andassi a un matrimonio e regalassi agli sposi 10 sterline, non mi dire che avrei dovuto regalargli 100 sterline”. Questa è la sua risposta al rifiuto di un fratello del martire a farsi intitolare un ponte, quando si tratta solo di un passaggio sopra un canale”, sottolineando che quella dedica non è commisurata al valore di onorare un soldato caduto in un attentato terroristico.
Poi Ishaq Ibrahim, un ricercatore dell’Egyptian Initiative for Personal Rights, ha commentato su Facebook. “Quelli che hanno rifiutato di intitolare ad Abanoub una scuola non appartengono ai Fratelli musulmani, non sono salafiti, non sono estremisti o altro. Abbiate il coraggio di dire che è stato un pubblico funzionario che ha preso questa decisione lasciandosi influenzare dai suoi pregiudizi. Qualsiasi tentativo di addossare la colpa a gruppi religiosi è un modo per annacquare le proprie responsabilità”. Poi ha aggiunto: “Il governatorato di Assiut, dopo aver criticato la sua decisione di non intitolare al martire Abanoub una scuola, ha messo il suo nome accanto a un piccolo ponte sopra uno dei canali nel suo villaggio, nonostante i familiari del defunto si fossero opposti!! In questa maniera il governatorato ha voluto accontentare tutti: gli ha formalmente intitolato ‘qualcosa’ e, al tempo stesso, si è tirato fuori dalle polemiche nate dopo la decisione di dedicargli una scuola. Peraltro, i nomi dei ponti e delle strade nei villaggi non sono importanti, perché non sono registrati nei documenti ufficiali e spesso non sono utilizzati dalla gente comune”.
Nel suo post Ibrahim ha messo in evidenza l’assenza del ruolo dello stato e il condono del razzismo sistematico della gente del villaggio, che le autorità hanno deciso di non affrontare, cedendo alle pressioni e rinunciando all’idea di dedicare la scuola ad Abanoub.
Il governo egiziano
Il governo egiziano non ha reagito e non ha preso alcuna nessuna misura decisa per impedire di intitolare la scuola ad Abanoub Marzouk, così è intervenuto il governatore a risolvere il problema. Quando ho cercato di capire in che modo il governatore avesse risolto problema, ho scoperto che aveva dedicato a Abanoub Marzouk il ponte in costruzione all’ingresso del villaggio. Insomma, il problema, come tutti i problemi dei cristiani in Egitto, è stato risolto con un “ponte”!
Quando abbiamo cercato come fosse stato reso omaggio ad altri ufficiali o altre reclute morti nello stesso attentato o in altri, abbiamo scoperto che il governo in generale ha dedicato un buon numero di strade, scuole e piazze frequentate a molti dei soldati che sono caduti in Sinai dall’inizio del 2013 a oggi. Questo ci spinge a fare domande sulle ragioni per cui il governo ha gestito in questo modo il caso di Abanoub Marzouk, il soldato cristiano a cui i compaesani hanno rifiutato di intitolare la scuola del villaggio, cosa che il governatore ha accettato temendo l’ira dei militanti.
Un uomo riceve un’eredità pari a quella di due donne, anche nel caso dei cristiani!
«Nel diritto egiziano non c’è questa cosa che un uomo riceve una quota di eredità pari a quella di due donne». Così ha stabilito un giudice e così dice la relazione del tribunale dopo la dichiarazione sull’eredità dell’avvocata per i diritti umani Huda Nasrallah (che oggi difende Zaki, ndr), di recente pubblicazione. Huda ha dichiarato che, dopo la morte del padre, ha deciso di combattere la sua battaglia da sola, ma non solo per sé, bensì in nome di tutte le donne cristiane.
Il terzo articolo della Costituzione del 2014 afferma che “i principi delle scritture dei cristiani e degli ebrei egiziani sono la fonte legislativa principale per regolare lo statuto personale, gli affari religiosi e la selezione delle guide spirituali”.
L’articolo 245 del Regolamento della Chiesa ortodossa copta, pubblicato nel 1938, afferma nel terzo capitolo, riguardo agli eredi e al diritto di ciascuno di loro all’eredità, che «i discendenti dell’erede hanno la priorità sugli altri parenti sull’eredità, pertanto ricevono tutta l’eredità o quello che ne resta dopo che il marito o la moglie hanno ricevuto la loro parte. Nel caso ci siano eredi multipli con lo stesso grado di parentela con il defunto, le proprietà saranno divise tra di loro in parti uguali, senza differenza fra uomini e donne».
Huda ha rifiutato la proposta dei suoi due fratelli, quando hanno chiesto che il processo si svolgesse nel modo solito in cui le autorità giudiziarie sono solite procedere e che la dichiarazione di eredità fosse ricevuta in qualsiasi forma, e poi l’eredità divisa tra loro in parti uguali. Hoda aveva un obiettivo più ambizioso, ben oltre il suo caso personale, e cioè di istituire provvedimenti che fossero applicati anche in seguito, per far fronte alle ingiustizie che subiscono le donne egiziane riguardo al diritto della persona, dai casi di separazione all’eredità. Molti cristiani uomini approfittano del fatto che i tribunali non riconoscono la religione cristiana nelle sue norme sull’eredità e prendono più di ciò che gli spetterebbe per diritto secondo la loro religione, perché lo ha ordinato il tribunale e devono rispettarlo. Di conseguenza la legge è diventata un ostacolo per le donne nell’ottenere i propri diritti, specialmente per le donne cristiane.
Questa battaglia dimostra una forma di persecuzione contro le donne cristiane in base al diritto islamico, anche se la religione cristiana non afferma questi concetti e non li ha affrontati, né da vicino né da lontano. Tuttavia, i mali della società patriarcale sono sostanzialmente supportati e giustificati dalla legge.
«Non accettiamo la sua deposizione perché è un cristiano!»
Questo post è stato diffuso ampiamente su Facebook qualche settimana fa e racconta che cosa è successo al padre del dottor Mark Estefanos e degli insulti che ha ricevuto in tribunale. Questo dopo una lunga vicenda del padre, un ingegnere che ha lavorato in un’istituzione pubblica per 35 anni. Il padre doveva presentarsi in tribunale per testimoniare di fronte al giudice su un caso riguardante un collega, ma il giudice ha rifiutato la deposizione dell’ingegner Makarios perché cristiano. «Non c’è tutela legale per un copto rispetto a un musulmano». Il padre e suo figlio, un medico, sono rimasti estremamente turbati e quest’ultimo ha pubblicato il post, sottolineando che episodi così lo inducono sempre a pensare di andarsene dall’Egitto, perché non gode degli stessi diritti degli altri.
Il problema è stato sollevato per la prima volta nel 2008, quando Ahmed Shafiq, un cittadino musulmano, richiese la testimonianza del suo vicino cristiano, Sami Farag, nel caso di dichiarazione d’eredità 1824/2008, ma il tribunale di Shubra el-Kheima rifiutò la deposizione di un cittadino cristiano adducendo il motivo che la deposizione di un cristiano non era legalmente/religiosamente consentita contro un musulmano. Il tribunale obbligò Shafiq a portare un testimone musulmano.
Tornando alla costituzione...
C’è una chiara incoerenza sul diritto a testimoniare e la sua applicazione, poichè il secondo articolo afferma che «l’islam è la religione di stato, l’arabo è la lingua ufficiale e i principi della shari’a islamica sono la principale fonte legislativa».
L’articolo 53 afferma che «i cittadini sono uguali di fronte alla legge e hanno gli stessi diritti, libertà e doveri pubblici, non c’è discriminazione fra di essi sulla base della religione, delle convinzioni, del genere, dell’origine, della razza, del colore, della lingua, della disabilità, della condizione sociale, dell’affiliazione politica o geografica, o di qualsiasi altra ragione. La discriminazione e l’incitamento all’odio costituiscono un reato perseguibile dalla legge. Lo stato è obbligato a prendere le misure necessarie per eliminare tutte le forme di discriminazione e la legge regola l’istituzione di una commissione indipendente a tale scopo».
D’altro canto, la shari’a in più di un testo non accetta la deposizione di un non musulmano. «Non c’è nulla nel diritto procedurale che distingua fra cristiani e musulmani e impedisca di accettare la deposizione di un qualsiasi cittadino», ha dichiarato l’avvocato Reda Bakir dell’Egyptian Initiative for Personal Rights. Facendo riferimento al diritto procedurale è già evidente che non esiste nessuna disposizione di legge che impedisca di accettare la testimonianza di un non musulmano.
Muhammad Hassan, un ex avvocato per i diritti umani e ricercatore giuridico, ha confermato: «Sono incline alla legge islamica in questioni relative a costanti religiose che non sono in discussione. Non si tratta di legge o cose del genere. La tutela è nella casa dei musulmani, dato che l’Egitto è dimora dell’Islam e il dhimmi (non-musulmano) paga le jizya (tasse) per facilitare i suoi affari».
Questa era una semplice osservazione di quello che può succedere alla comunità cristiana in Egitto solo in una settimana!
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