Lo studente egiziano è comparso per pochi minuti davanti al tribunale di Mansura. Ammanettato nella gabbia, ha salutato familiari e attivisti. Rischia altri 3 anni e 5 mesi di carcere
È stato aggiornato al 28 settembre il processo che vede imputato Patrick Zaki presso il tribunale di Al Mansoura, in Egitto. Lo ha reso noto su Twitter l’Egyptian initiative for personal rights, l’ong egiziana con cui collaborava lo studente dell’università di Bologna. La prima udienza si è svolta oggi dopo un anno e sette mesi di detenzione preventiva dello studente. La sentenza tuttavia «non prevede diritto d’appello», ha spiegato Lubna Darwish, a capo del dipartimento per i diritti delle donne e la difesa di genere dell’Eipr.
A Zaki è contestato uno scritto del 2019 in difesa della minoranza copta, di cui fa parte. Secondo l’ong, lo studente è stato incriminato sulla base degli articoli 80 e 102 del codice penale per un articolo in cui raccontava la sua vita da cristiano copto in Egitto. Sulla base delle accuse che gli sono state mosse, rischia fino a 5 anni di carcere: calcolando la custodia cautelare iniziata nel febbraio 2020, resterebbe in prigione altri 3 anni e 5 mesi.
Durante l’udienza, che è durata cinque minuti, Zaki era ammanettato nella gabbia degli imputati. Ha salutato a mani giunte una dozzina di parenti, attivisti e i due diplomatici italiani presenti in aula. «È un’immagine terrificante, perché le manette ai polsi di un uomo innocente e provato da 19 mesi di detenzione preventiva fanno impressione. La speranza è che gli vengano tolte al più, presto, definitivamente, e che questo incubo abbia fine», ha detto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Le reazioni della politica
«La vicenda è veramente sorprendente, per non dire surreale. Speriamo che le cose possano trovare una loro composizione al più presto e mi auguro che tutte le istituzioni possano lavorare in tal senso», ha detto Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna. «In chi come noi si batte per la sua liberazione, per il suo ritorno a poter studiare qui a Bologna, c’è preoccupazione e inquietudine».
Dopo l’aggiornamento del processo, il mondo politico italiano si mobilita e torna a chiedere l’intervento urgente del governo sul caso. «Le preoccupazioni e i timori erano fondati. La tortura di Patrick continua, oggi un’escalation che ci trova ancora più determinati a lottare al fianco di questo ragazzo», ha scritto su Twitter il deputato del Pd Filippo Sensi.
La presidente dei senatori del Pd, Simona Malpezzi, parla invece di «un dramma umano che non può lasciarci indifferenti» «Dopo 19 mesi di terribile custodia cautelare, Zaki verrà processato in una sezione che non prevede diritto di appello. Il parlamento ha impegnato il governo: non possiamo abbandonarlo».
«Il governo italiano dia seguito alla volontà di Senato e Camera e si attivi per il conferimento a Zaki della cittadinanza italiana». Così il senatore Francesco Verducci, vice presidente della commissione Cultura e primo firmatario della mozione approvata dal Senato che impegna il governo per la cittadinanza italiana al giovane ricercatore.
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