A diciasette esponenti della famiglia romana di Ostia è stato contestato il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. In totale sono state emanate condanne per 150 anni di carcere
Duro colpo al clan Spada di Ostia. La Corte d'Appello di Roma ha emanato condanne per oltre 150 anni di carcere a diciassette esponenti della famiglia. Confermato il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Sono state ridotte le pene per i due boss Carmine e Ottavio, rispettivamente a 17 e 12 anni di carcere, mentre per Roberto Spada è ergastolo.
Roberto Spada già era in carcere per aver aggredito con una testata il giornalista della Rai Daniele Piervincenzi. Secondo i giudici è lui il mandante degli omicidi di Giovanni Galleoni e Francesco Antonini, avvenuti a Ostia nel 2011. Per gli altri 14 imputati le pene vanno dai tre ai sedici anni di carcere. Lunga la lista dei reati contestati che vanno dall'associazione di stampo mafioso all'omicidio, dall'estorsione all'usura, dalla detenzione e porto di armi e di esplosivi a incendio e danneggiamento aggravati e altri crimini contro la persona. Ancora, tra i capi di imputazione il traffico di stupefacenti, l'attribuzione fittizia di beni e l'acquisizione, in modo diretto e indiretto, della gestione e il controllo di attività economiche, e appalti legati a stabilimenti balneari, sale giochi e negozi.
Decisive nel processo le testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia tra i quali Tamara Ianni e il convivente Michael Cardoni, grazie ai quali gli inquirenti hanno ricostruito i tasselli che hanno permesso agli Spada di impadronirsi del litorale romano facendo affari d’oro.
«La Corte d’Appello ha confermato oggi l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso per il clan Spada. A Roma non c’è spazio per questi criminali. Noi siamo al fianco dei cittadini onesti che denunciano violenze e soprusi». Così ha commentato la sentenza la sindaca di Roma Virginia Raggi in un breve tweet. Il tribunale di Roma aveva già condannato un altro esponente del clan, Armando Spada, per le minacce rivolte alla giornalista Federica Angeli.
«Una sentenza che rafforza la fiducia dei cittadini nello Stato e conferma che le mafie non sono invincibili. E’ proprio per questo che la Regione Lazio si è costituita parte civile nel processo dalla parte dei cittadini onesti, delle vittime e degli investigatori» ha dichiarato Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio.
© Riproduzione riservata