Dall’inizio dell’anno, secondo i dati di Reporter senza frontiere, 47 giornalisti e operatori dell’informazione sono stati uccisi nel mondo, mentre 575 sono detenuti.

Negli ultimi 24 anni, almeno 217 lavoratori dei media sono scomparsi. In Italia la libertà di informazione è sotto pressione. Le mafie, le organizzazioni criminali, i gruppi estremisti, il precariato, le querele bavaglio, le ingerenze della politica minano la nostra libertà di informazione.

Libertà sotto scacco

Nel 2023 siamo scesi di cinque posizioni nell’indice della libertà di informazione, arrivando al 46esimo posto a livello mondiale e al 19esimo su 27 in Unione europea, unico tra i fondatori a essere classificato nella fascia “problematica”.

Sono 22 i giornalisti italiani costretti a vivere sotto scorta, 250 quelli minacciati a causa del loro lavoro.

Nonostante tutto questo, il giornalismo resta uno dei pilastri fondamentali delle nostre democrazie ed è fondamentale proteggerlo e promuoverlo, soprattutto tra le nuove generazioni.

È quello che fa il Premio Roberto Morrione, promosso dalla associazione Amici di Roberto Morrione, portato avanti con straordinaria passione civile da amici e parenti del fondatore di Rai News 24 e di Libera Informazione.

L’impegno del Premio Morrione

Un premio che, tra i tanti, non ha mai perso identità e originalità.

Il premio è riservato a donne e uomini, con o senza il tesserino professionale, sotto i trenta anni di età, vogliosi di sperimentarsi nelle inchieste e nel racconto dei territori oscurati o censurati.

Una giuria, che non conosce mai unanimità di giudizio, vota e sceglie tre soggetti per inchieste e, novità non trascurabile, un podcast; i vincitori saranno accompagnati da un tutor professionale e riceveranno un premio in denaro per consentire loro di realizzare il progetto.

Una formula originale che ha registrato un consenso crescente.

Per fortuna non manca chi ancora coltiva il desiderio di esplorare nuovi linguaggi e nuovi orizzonti: dalla guerra alla precarietà, dal disagio mentale alle discriminazioni di genere, di colore della pelle, di condizione sociale, sino alle tragedie di chi è costretto a scappare da guerre, fame, tortura.

Di questo si parlerà a Torino, nella “Fabbrica” di don Luigi Ciotti, la casa di Libera e del Gruppo Abele, sino al 26 ottobre (il programma lo potete trovare sul sito).

Novità nella novità, in questa edizione ci sarà anche una sezione dedicata a Riccardo Laganà, indimenticabile consigliere eletto dai dipendenti della Rai, generoso combattente per l’autonomia del servizio pubblico, da sempre attivista per i diritti sociali e civili, protagonista di mille battaglie per la tutela dell’ambiente.

Il ricordo dei giornalisti “caduti”

Il giorno 26 una intera sessione, tra le tante, sarà dedicata ai dieci anni dall’assassinio in Ucraina di Andrea Rocchelli, ai venti dalla brutale esecuzione, in Iraq, di Enzo Baldoni, ai trenta dalla esecuzione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio, in Somalia, senza mai dimenticare chi ancora attende verità e giustizia: Giulio Regeni, Mario Paciolla, Graziella De Palo e Italo Toni, Antonio Russo.

Una edizione che incarna in modo esemplare i valori che hanno segnato la vita, e non solo quella, professionale di Roberto Morrione, giornalista e direttore che non ha mai tradito l’articolo 21 della Costituzione.

Ci auguriamo che, dovunque si trovi ora, non gli sia giunta notizia di questi tempi bui e dell’assalto in atto al servizio pubblico, alla libertà di informazione (grazie sempre a Domani per le sue campagne contro i bavagli) e alla Costituzione antifascista.

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