Secondo i siti di scommesse, tra i favoriti c’era proprio lo scrittore norvegese Jon Fosse. La Norvegia ha vinto l’ultima volta nel 1928, con Sigrid Undset. Il riconoscimento è stato assegnato «per i suoi testi teatrali innovativi e la sua prosa che dà voce all’indicibile»
Lo scrittore e drammaturgo norvegese Jon Fosse ha vinto il premio Nobel per la letteratura del 2023 «per i suoi testi teatrali innovativi e la sua prosa che dà voce all’indicibile».
Fosse, per il Daily Telegraph, merita un posto tra i 100 geni viventi: il re di Norvegia gli ha addirittura concesso una residenza onoraria a Oslo per i suoi meriti letterari. È stato tradotto in più di 40 lingue e la sua fama internazionale è dovuta soprattutto ai suoi testi teatrali, ma anche la sua prosa ha iniziato a essere riconosciuta fuori dai confini norvegesi.
La casa editrice La nave di Teseo sta pubblicando in Italia i volumi che compongono la sua opera Settologia: il libro che raccoglie i primi due, L’altro nome, è uscito nel 2021, il secondo (Io è un altro) è in arrivo nelle librerie il 10 ottobre. L’ultimo titolo, A new name: Septology VI-VII è finito in shortlist al prestigioso International Booker Prize. Fandango ha invece pubblicato, nel 2009 e nel 2011, Melancholia e Insonni.
Nel 2013 Jon Fosse aveva fatto un balzo in avanti nei siti di scommesse sul Nobel, ma quell’anno il premio era stato assegnato alla scrittrice canadese di racconti Alice Munro.
In riferimento ai suoi romanzi, l’Accademia ha nominato un riconoscibile «minimalismo di Fosse» che scava nelle contraddizioni della condizione umana. Tra i suoi temi ricorrenti, l’incertezza che paralizza l’azione, anche nei momenti più quotidiani. I suoi personaggi abitano uno spazio liminale: in Mattino e sera (sempre La nave di Teseo) un uomo anziano sta morendo, un bambino sta nascendo. In Settologia, due uomini che condividono lo stesso nome ripensano alla loro esistenza. «Non leggete i miei romanzi per la trama», disse una volta Jon Fosse, citato dal Guardian.
La Norvegia non vinceva un Nobel per la letteratura dal 1928, quando era stata premiata la scrittrice Sigrid Undset.
Le scommesse
Tra tutti i Nobel, quello della letteratura è in genere uno dei più chiacchierati, tra scommesse e scherzi sugli eterni vincitori mancati, come Philip Roth, uno dei favoriti della stampa la cui morte ha messo fine al gioco ricorrente del «Sarà il suo anno?».
Allo stesso modo, quest’anno è scomparso dalle liste dei bookmaker anche un altro dei mai premiati il cui nome si invocava a gran voce, lo scrittore statunitense Cormac McCarthy, deceduto a giugno all’età di 90 anni. Anche Milan Kundera, l’autore di L’irresistibile leggerezza dell’essere, non potrà più vincere: è morto a luglio.
Per il 2023 i siti di scommesse davano tra i possibili vincitori proprio lo scrittore norvegese Jon Fosse, insieme alla scrittrice cinese Can Xue, i cui racconti sono pubblicati in Italia dalla casa editrice Utopia, il keniota Ngugi Wa Thiong’o e l’australiano Gerard Murnane. Sono quattro autori di quattro nazionalità pochissimo rappresentate nella lunga lista di laureati del Nobel.
Come ogni anno, erano ritornati nelle liste dei papabili il rumeno Mircea Cărtărescu (autore del colossale Solenoide, pubblicato in Italia da Il Saggiatore), e in ordine sparso il francese Michel Houellebecq, il giapponese Haruki Murakami, l’israeliano David Grossman e la canadese Anne Carson. LitHub, commentando le stime del sito NicerOdds, riteneva tuttavia improbabile che la poeta e saggista Carson possa vincere: l’anno scorso la premiata è stata Annie Ernaux, autrice di Gli anni e L’evento (tutti pubblicati da L’orma), e «le cool girl della letteratura non possono avere tutto».
Gli statunitensi Don DeLillo, Thomas Pynchon, Joyce Carol Oates si piazzavano circa a metà della lista, insieme al norvegese Karl Ove Knausgård. Salman Rushdie, che nell’agosto del 2022 è stato accoltellato durante un incontro pubblico, era apparso di nuovo nell’elenco: dalla pubblicazione di I versi satanici nel 1988 su di lui pende una fatwa, in questo caso da intendersi come una condanna a morte, pronunciata dall’ayatollah Khomeynī.
Comparivano anche autori considerati più pop, come il sempre prolifico Stephen King e la Margaret Atwood del Racconto dell’ancella.
Dopo l’affair Bob Dylan, c’è chi aveva puntato di nuovo sul cantautorato: Paul Simon di Simon & Garfunkel, Joni Mitchell, Paul McCartney, Lana Del Rey. Anche Patty Smith, che è poeta e scrittrice, aveva raccolto qualche scommessa.
Un segreto da mezzo secolo
Se oggi abbiamo saputo il vincitore, per conoscere i nomi su cui l’Accademia svedese si è scervellata si dovrà aspettare almeno mezzo secolo. Da regolamento, i nominativi rimangono segreti per più di cinquant’anni.
L’ultima lista presente negli archivi fa riferimento al 1971, anno di Pablo Neruda.
Diversi dei candidati in elenco, come Heinrich Böll, Günter Grass, Eugenio Montale, Saul Bellow lo vinceranno comunque anni dopo. Altri, come Jorge Luis Borges e Alberto Moravia, con più di 20 nomination, o Vladimir Nabokov, con 10 candidature, non verranno mai premiati. Il numero di candidature totale include quelle fatte da più persone nello stesso anno: Moravia però comparve nella lista per almeno 17 edizioni del premio.
Polemiche e scandali
Pronostici e aneddoti sì, ma anche polemiche. Nel 2016 il premio venne assegnato a Bob Dylan «per aver creato una nuova espressione poetica nell’ambito della grande tradizione della musica americana»: il riconoscimento al cantautore aveva raccolto opinioni indignate, come quella di Alessandro Baricco. «Non riesco a capire cosa c’entri con la letteratura», aveva detto lo scrittore torinese all’Ansa. «È giusto allargare i confini del Nobel dalla letteratura accademica, patinata, nobile a quella non meno nobile ma di grande circolazione e popolarità in tutti i sensi della parola», aveva invece detto il linguista Tullio De Mauro.
Uno scandalo ben più grave aveva poi travolto l’Accademia svedese, facendo saltare la premiazione del 2018: il regista e fotografo Jean Claude Arnault, marito di una giurata, era stato infatti accusato di molestie sessuali e poi condannato a due anni di carcere. Erano seguite le dimissioni di alcuni membri dell’Accademia e il premio era stato rimandato all’anno successivo nel tentativo di ripulire l’immagine compromessa dell’istituzione. Nel 2019, era stata premiata per l’edizione precedente la scrittrice polacca Olga Tokarczuk, insieme al vincitore dell’anno in corso Peter Handke.
Anche il riconoscimento allo scrittore austriaco, tuttavia, aveva di suo causato una controversia per le posizioni filoserbe di Handke, che aveva anche partecipato al funerale di Miloševic nel 2006. La presidente della Pen America, associazione per la libertà di espressione, nonché scrittrice Jennifer Egan aveva rilasciato un comunicato in cui i membri si dichiaravano «sbalorditi dalla scelta di un autore che ha usato la sua voce pubblica per minare una verità storica e offrire supporto ai perpetratori di un genocidio».
L’associazione delle Madri di Srebrenica aveva chiesto all’Accademia di ritirare il Nobel. Di tutta risposta, Handke si era limitato a osservare che il suo lavoro era fare lo scrittore, e non il giornalista.
In 119 vincitori, solo 17 scrittrici si sono aggiudicate il premio. L’ultima è stata appunto Annie Ernaux, nel 2022.
Nobel troppo occidentali
Nella lunga storia del premio, sono state numerose anche le segnalazioni di una prospettiva troppo eurocentrica e in generale occidentale: il primo vincitore dell’intero continente africano ad esempio è stato il nigeriano anglofono Wole Soyinka, nel 1986.
Il primo premio in assoluto è stato consegnato al francese Sully Prudhomme, «in riconoscimento della sua composizione poetica, che dà prova di un alto idealismo, perfezione artistica ed una rara combinazione di qualità tra cuore ed intelletto» e da allora, in effetti, la preponderanza di Europa e America (in particolare, gli Stati Uniti) è stata notevole, come si può vedere dalla mappa.
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