Oggi la Corte ha confermato gli ergastoli per il sequestro, la tortura, l’assassinio di 43 italiani. Il percorso giuridico è durato 22 anni e ora il verdetto segna una svolta epocale
La sentenza della Cassazione a Roma per il cosiddetto “processo Condor” in America Latina, che ha confermato tutti gli ergastoli del secondo grado (nel tempo alcune posizioni sono state stralciate e alcuni imputati sono deceduti) per il sequestro, la tortura e l’assassinio con eventuale desaparición di 43 cittadini italiani, dopo un percorso giuridico durato ben ventidue anni, è storica. Il dispositivo della sentenza infatti, secondo l’avvocato dei familiari di alcune delle vittime, Andrea Speranzoni, «è uno strumento sovranazionale con il quale l’Italia si fa carico del dovere di sanzionare i crimini di lesa umanità contro cittadini italiani ovunque accadano».
Il Piano Condor, il coordinamento repressivo regionale che coinvolse le dittature di mezzo continente latinoamericano, con la protezione politica degli Stati Uniti, e che coinvolse centinaia di ufficiali addetti all’estero al sequestro, il trasferimento, la tortura e la sparizione di persone in un contesto di collaborazione internazionale tra stati, non è più una fantasia delle sinistre terzomondiste e del mondo dei diritti umani alla quale irridere, ma è una realtà storica, sanzionata penalmente e una pietra miliare nella comprensione della “guerra fredda” nello scacchiere occidentale.
Cambio di epoca
La sentenza romana racchiude in sé un cambio di epoca. I ventidue anni occorsi alla giustizia italiana per arrivare al terzo grado di giudizio trovano infatti un mondo trasformato in meglio e dove molte verità ufficiali si sono fatte inservibili. Alla fine degli anni Novanta, quando le prime carte furono depositate, nel Cono Sud latinoamericano vigeva l’impunità assoluta per le violazioni dei diritti umani commesse dalle dittature degli anni Settanta. Imperava la narrazione ufficiale della “teoria dei due demoni” che, ignorando che il 90 per cento delle vittime non avesse mai toccato un’arma, millantava di guerriglie marxiste contro i militari con identico grado di responsabilità, con la società civile ignara e attonita nel mezzo. Parlare di “terrorismo di Stato” era poi un salto logico inaccettabile. Protetti da infami amnistie, formalmente incensurati, i peggiori torturatori godevano delle loro rendite di posizione (date dal furto sistematico alle vittime e il ricatto ai familiari) in vite rispettabilmente borghesi. A stento per il rapimento di centinaia di neonati (accompagnata dall’assassinio e sparizione delle puerpere) restavano spazi giuridici per fare giustizia dove con coraggio s’inserivano i familiari, in particolare le madri. Parlare di Piano Condor, il coordinamento tra Stati oggi conclamato, era impossibile.
Dall’arresto di Augusto Pinochet a Londra nel 1997 in avanti, con il passaggio decisivo della presidenza di Néstor Kirchner in Argentina, che riuscì ad abrogare tutte le leggi d’impunità e a smascherare la cultura militarista dell’obbedienza dovuta, e aprì le porte alla celebrazione di centinaia di processi, tutto è cambiato e le verità ufficiali sono crollate come castelli di carta, come anche il processo romano sanziona.
Il caso Troccoli
Dei condannati all’ergastolo solo uno, Jorge Troccoli, cittadino italiano, residente da tempo a Battipaglia, classe 1947, è nella condizione di compiere la sua condanna definitiva all’ergastolo in un carcere italiano. È un personaggio non banale che negli anni Novanta teorizzò in un libro, “l’ira del Leviatano”, il diritto dello Stato allo sterminio dei cittadini ribelli. Nel processo, fino in Cassazione, Troccoli non ha rivendicato il Leviatano e i suoi crimini. Anzi il suo avvocato, Francesco Guazzo, lo ha rappresentato come una vittima, «un bersaglio politico». La presidente della Corte di Cassazione, Maria Stefania di Tommasi ha avuto gioco facile a replicare che di vittime vedesse solo i bersagli dei crimini di Troccoli e del Condor. In aula, anche oggi, sedeva Zelmar Michelini jr, figlio ormai anziano del presidente del parlamento uruguaiano che a Roma negli anni Settanta costruì con Lelio Basso il tribunale Russell sulle violazioni dei diritti umani in America Latina. Per quello Zelmar fu sequestrato e assassinato dal Condor a Buenos Aires. L’ira del Leviatano, è sancito a Roma, non è altro che la definizione di “Terrorismo di Stato”.
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