Giuseppe Brescia (M5s), firmatario di una delle proposte di legge per dare ai fuorisede la possibilità di votare nella regione di domicilio, ha scritto alla ministra dell'Interno per trovare una soluzione in vista delle elezioni amministrative di settembre e ottobre 2021. L’incontro si terrà il 25 maggio alla Camera
In Calabria, in autunno, si terranno le elezioni regionali. Non solo, oltre 1.300 comuni italiani, dei quali più di 500 nelle regioni del Mezzogiorno, si preparano a votare per le amministrative. Proprio per questo, i due costituzionalisti Roberto Bin e Salvatore Curreri, su spinta dei giovani calabresi del Collettivo Valarioti, hanno deciso di elaborare una proposta di legge per risolvere la questione del voto dei cittadini fuorisede in vista delle regionali e comunali di settembre e ottobre prossimi.
Il testo consentirebbe a chi vive lontano dalla propria residenza di votare per regionali e comunali presso la prefettura situata nel capoluogo di provincia del comune di domicilio. L’esame della proposta di legge è iniziato in commissione Affari Costituzionali alla Camera la scorsa settimana.
Il disegno di legge, presentato dal presidente della commissione Giuseppe Brescia, è stato sottoscritto da Vittoria Baldino del Movimento 5 Stelle, Francesco Forciniti de L’Alternativa C’è e Riccardo Magi di +Europa. Hanno firmato la proposta anche l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, la presidente della commissione Cultura della Camera, Vittoria Casa, e altri venti deputati del Movimento 5 Stelle.
Non si tratta dell’unica proposta avanzata per permettere a chi sta fuori dal luogo di residenza di esercitare il diritto di voto. Un’esigenza, questa, che diversi comitati hanno cercato di introdurre nell’agenda politica in varie occasioni, finora senza grande successo. Ma quanto spendono gli elettori, a ogni tornata elettorale, per spostarsi dalla regione in cui vivono a quella di residenza?
I costi dell'elettore fuorisede
A oggi l’esercizio del diritto di voto dei cosiddetti fuorisede, studenti e lavoratori, sarebbe garantito dalle agevolazioni di viaggio che si traducono in sconti sul prezzo dei biglietti di treni e aerei. Con questo sistema sono stati spesi in 15 anni dallo stato più di 60 milioni di euro, senza investire in innovazione, non solo digitale.
Nel 2018 si sono tenute le elezioni regionali in 5 regioni, in due si è votato per le provinciali e in 770 comuni per le amministrative. La spesa sostenuta è stata di 7.709.145 euro per 332.020 viaggi effettuati, una cifra record rispetto agli anni precedenti. La spesa media per ognuno è stata di 23,22 euro. Cifre enormi, di anno in anno, quella del 2013 addirittura superiore a quella di tre anni fa, nonostante un numero di viaggi inferiore. L’anno in cui invece il costo dei viaggi è stato più alto è stato il 2016, con un prezzo medio di 24,31 euro, probabilmente uno dei principali motivi per cui è di molto inferiore il numero di viaggi effettuati.
Queste cifre mostrano, dunque, quanto venga limitato il diritto al voto, in termini di costi, ma anche in termini di tempo. Arrivare da Roma in Calabria, per esempio, significa stare seduti in un vagone per un minimo di quattro ore e mezzo. Che diventano sei se si sceglie di viaggiare in pullman. Senza contare poi i regionali da prendere per raggiungere la stazione più vicina a casa. Arrivare in Sicilia, poi, è ancora più difficile, considerando che bisogna anche traghettare per arrivare da Villa San Giovanni a Messina.
Migliaia di giovani elettori, dunque, si trovano a dover scegliere tra un diritto e lo stress di trascorrere due giorni, tra andata e ritorno, a bordo di un mezzo pubblico, perdendo ore di lavoro e rimettendoci in termini di soldi, tempo e stress. Problematiche risolvibili se questa proposta di legge ricevesse luce verde.
Il Movimento 5 Stelle lavora su questo tema da anni e ha individuato già una soluzione per le europee e i referendum. In particolare, il testo proposto dalla deputata Dalila Nesci è stato già approvato alla Camera, ma attualmente è fermo al Senato.
La lettera al Viminale
Il deputato pentastellato, nonché primo firmatario della legge, ha scritto una lettera alla ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, per sollecitare una presa di posizione da parte del Viminale viste le varie proposte avanzate «in materia di esercizio del diritto di voto da parte degli elettori temporaneamente domiciliati fuori della regione di residenza».
Oltre alla Brescia, infatti, sono sono state depositate altre quattro proposte: Madia, Costa, D'Ettore e Ungaro. La pluralità di disegni di legge mostrano un chiaro interesse da parte di tutti gruppi politici «di lavorare convintamente sulla questione dell'esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini cosiddetti "fuorisede"», scrive Brescia nella lettera.
L'intenzione, avanzata già in una prima lettera inviata al ministero lo scorso 7 maggio, è quella di unificare le cinque proposte dando vita a un testo unico. Nel testo, si legge inoltre che il 18 maggio si è tenuto un incontro per discutere del testo al quale hanno partecipato anche il sottosegretario Ivan Scalfarotto di Italia viva e alcuni esponenti del ministero dell'Interno.
Tuttavia, dall'incontro non sarebbero emersi elementi risolutivi rispetto alla problematica affrontata per quanto riguarda le elezioni politiche, regionali e comunali. Anzi, sarebbe stata messa in evidenza la necessità di approfondire ulteriormente la questione.
Lamorgese ha risposto positivamente alla lettera e martedì 25 maggio riceverà alla Camera i firmatari delle proposte per discutere del tema e arrivare, forse, a una soluzione definitiva.
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