Hanno il compito di sostenere l’integrazione dei bambini con disabilità nelle scuole. Nella maggior parte dei casi sono dipendenti di cooperative. Sono sottopagati e riscuotono per 9 mesi all’anno. A Roma inoltre restano senza stipendio se il bambino che assistono non va a scuola
È la categoria più sottopagata tra le professioni educative e mercoledì 19 dicembre è scesa in piazza del Campidoglio a Roma in occasione dello sciopero indetto da Usb, Cub e Comitato romano Aec/Oepa. Sono i lavoratori Oepac, sigla che sta per “Operatore educativo per l'autonomia e la comunicazione”, una figura istituita dalla legge 104 del 1992. Si tratta di una categoria professionale invisibile, di cui si sa molto poco e ancora meno si parla. Gli operatori hanno il compito di sostenere l’integrazione dei bambini con disabilità. Nella maggior parte dei casi sono dipendenti di cooperative che possono collocarli all’interno scuole, centri di accoglienza, servizi domiciliari.
Si contano 70mila lavoratori in Italia, di cui 4.000 solo a Roma. La maggior parte ha un contratto part time da 12 ore settimanali a ciclo verticale, ovvero con la sospensione da giugno a settembre.
A Roma c’è un caso specifico: gli Oepac protestano contro i tagli del Comune all’assistenza ai bambini disabili. A seguito dell’approvazione della nuova delibera di giunta del 19 ottobre, alcune cooperative stanno comunicando ai lavoratori che non saranno più in grado di pagare il servizio durante le assenze del bambino. Un taglio dello stipendio che si somma alla situazione già di per sé svantaggiosa della gran parte degli Oepac, che già non riscuotono per tre mesi all’anno. Un trattamento che fa di questa professione una delle più precarie e sfruttate d’Italia.
Gli stipendi
Fin dall’inizio, la gestione dell’Oepac è stata affidata agli enti locali: di conseguenza le competenze richieste e il tipo di contratto lavorativo differiscono a seconda della regione. Per i lavoratori inquadrati al livello di contratto D1, la retribuzione è pari a 9,15 euro lordi all’ora, ovvero 8 euro netti. Mentre i lavoratori con un contratto di tipo C1 vengono pagati un euro di meno all’ora. I contratti possono essere full time oppure part time, il primo da 38 ore settimanali mentre il secondo è meno di 38 ore. «Ma quasi nessuno ha un contratto a tempo pieno», dice Moira Aloisio, sindacalista del CUB Scuola di Roma. «Avendo necessità di integrare il reddito, molti di loro svolgono anche assistenza domiciliare ai disabili o altri servizi. La figura dell’Oepac è però prettamente scolastica» spiega Aloisio: «Questo significa essere sempre a disposizione della cooperativa e pone i lavoratori in una condizione di ricattabilità, perché se non si è disponibili si perde la possibilità di fare ore in più».
Si sta anche diffondendo tra le cooperative la pratica di somministrare contratti di 12 ore settimanali: il minimo previsto dal CCNL, e con la possibilità anche di estendere le ore.
«Prendo mille euro al mese, ma faccio 15 ore in più alla settimana oltre l’orario scolastico, arrivando a 43 ore settimanali», racconta Luca. I contratti sono di 9 mesi, il che significa che nel periodo estivo l’operatore non può percepire lo stipendio. «Inoltre avendo un contratto a tempo indeterminato non hanno diritto ad ammortizzatori sociali ma solo a un buono che è di 550 euro», dice Aloisio. Per quanto riguarda la retribuzione, Marco spiega che la mensilità dipende anche dalla cooperativa per cui si lavora.
Anna prende 8 euro all’ora lordi. «Quando c’è stato lo sciopero dei medici, ho sentito le percentuali, e ho visto la differenza – dice – io lavoro 35 ore a settimana e prendo dalle 600 alle 700 euro al mese».
A questo va aggiunto che l’Oepac romano, a seguito della delibera di giunta del 19 ottobre, in alcuni casi non viene pagato quando il bambino è assente. Nessuna garanzia sul monte ore mensile, e «se il ragazzo manca per una settimana abbiamo un quarto di stipendio in meno», dice Luca. «Dipende dalle nuove regole per le convenzioni tra cooperative e municipi», spiega Aloisio. Meno fondi entrano nei municipi, meno ne verranno erogati alle cooperative per pagare i dipendenti Oepac.
Il nuovo sistema di accreditamento
Il nuovo sistema di accreditamento è stato varato il 22 aprile 2022. «L’accreditamento consiste nel formare un registro delle cooperative, il Ruas, all’interno del quale le famiglie possono scegliere la cooperativa che fornisce l’operatore per il loro bambino» dice Aloisio. Le famiglie possono scegliere la cooperativa a loro più idonea, sulla base della zona municipale in cui ricade la scuola del figlio. «La famiglia potrebbe cambiare la cooperativa anno per anno, che significa maggiore precarietà anche per i lavoratori», dice Aloisio. «Pensavamo che la nuova forma di accreditamento potesse andare a nostro favore – commenta Marco – ma in realtà con la scelta che dipendeva dalle famiglie e non più dai bandi, questa situazione ci si è ritorta contro».
I limiti del sistema
Le specializzazioni del personale Oepac vengono richieste sempre più spesso, con corsi abilitativi che possono costare anche oltre 1.000 euro. Per questa ragione gli operatori chiedono che i corsi vengano pagati dalle cooperative per cui lavorano. Marco afferma: «Specializzarsi è un valore aggiunto ma ci sono alcune cooperative che sostengono la spesa per i propri lavoratori mentre altre no». «Svolgere dei corsi di formazione, avendo già delle ore extra da svolgere a scuola o a casa, risulta molto complicato», aggiunge. Spesso la formazione è una spesa a carico dell’operatore, e c’è chi ha dovuto studiare per prendere anche una seconda laurea. «Chiedono tantissima professionalità da noi ma alla fine ci viene dato poco», dice Anna.
Il problema del lavoro nelle classi
Gli Oepac che lavorano nelle scuole, insieme ai docenti di classe o di sostegno permettono l'integrazione degli studenti con disabilità. Per Anna il vero problema è il riconoscimento dell’Oepac in quanto figura professionale al pari di un insegnante di sostegno. «Vorremmo essere messi in regola all’interno della scuola ed essere internalizzati in modo tale che l’Oepac possa stare da solo all’interno della classe, e non essere affiancato da un docente», commenta Anna.
«La nostra figura sta ancora emergendo – dice Luca – tante persone non sanno ancora della nostra esistenza, siamo visti solo come dei semplici tutori». Anna aggiunge che spesso viene confuso il ruolo del collaboratore con quello dell’Oepac che ha una specializzazione sull’assistenza al disabile.
Le rivendicazioni
Sono tante le rivendicazioni che il personale Oepac chiede nell’ambito del proprio lavoro. Le principali richieste consistono nell’essere stabilizzati e che la professione venga internalizzata. «Al momento ci sono due proposte di legge una al Senato e una alla Camera – spiega Aloisio – che prevedono l’internalizzazione al ministero dell’istruzione. Noi sosteniamo l’approvazione di questo disegno di legge, considerando anche che se il lavoro dell’educatore scolastico fosse equiparato a quello non dico dei docenti, ma rientrasse nella stessa categoria, significherebbe riproporzionare anche l’orario di lavoro».
L’Oepac chiede anche un salario più dignitoso, con un monte ore sufficiente e non vincolato alle assenze del bambino o alla chiusura della scuola per maltempo. «L’operatore avrebbe diritto a svolgere le ore che ha nel contratto di lavoro», dice Aloisio.
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