- Infantino è un uomo solo al comando, privo di carisma e portatore di una leadership che distrugge le risorse organizzative al solo scopo di incrementare il potere personale. Eppure il calcio mondiale non riesce a trovare un’alternativa.
- Il numero uno della Fifa ha difeso la scelta di giocare in Qatar e le politiche dell’emirato, anche a costo di tenere conferenze stampa imbarazzanti e di compromettere i rapporti con gli sponsor.
- Non è ancora chiaro se, a Mondiale concluso, ritornerà in patria dove viene criticato anche nel cantone d’origine e la magistratura sta conducendo un’inchiesta sui suoi incontri segreti con l’ex procuratore generale Lauber.
Appuntamento a Kigali il prossimo 16 marzo per portare a casa il terzo mandato. Gianni Infantino, presidente della Fifa, chiude l’edizione dei Mondiali di calcio più polemica di sempre e si prepara a coronare l’impresa con una rielezione assicurata.
Non sono state proposte candidature alternative, dunque la sua conferma al termine dell’appuntamento nella capitale ruandese è cosa fatta a meno di eventi che in questo momento non sono prevedibili.
Si tratterebbe anche dell’ultimo mandato, dato che gli statuti Fifa non consentono di andare oltre i tre cicli presidenziali. Ma un quadriennio è lungo da passare e chissà quali colpi di mano sulle regole potranno essere apportati da qui al 2027.
Per adesso l’uomo che più di tutti ha difeso il Mondiale qatariota agli occhi di un’opinione pubblica recalcitrante può celebrare un passaggio della sua carriera che dall’interno del suo microcosmo appare trionfale. Ma fuori da quel microcosmo è il senso dell’assurdo a dominare. E ci si chiede come sia possibile che un uomo così palesemente inadeguato, privo di visione e talento politico, naturalmente vocato al cortissimo respiro e all’opportunismo, possa essere a capo della macchina che governa uno dei fenomeni culturali e economici più popolari al mondo.
Ma soprattutto ci si chiede come possa il calcio stesso permettersi di continuare a essere governato da Infantino senza riuscire a esprimere un’alternativa.
Impopolare in patria
«Il boss della Fifa che volta le spalle all’Europa». Così titolava ieri il sito d’informazione svizzero Le Nouvelliste. L’articolo parlava delle più recenti posizioni politiche assunte dal presidente della Fifa definendole opportunistiche e frutto di un calcolo. Nessuna novità.
Il sito ha sede nel canton Vallese, lo stesso di cui il presidente della Fifa è nativo (municipalità di Briga) così come il suo predecessore Joseph Blatter (municipalità di Visp). Un cantone che fabbrica capi del calcio mondiale, e che non sembra particolarmente orgoglioso del suo ultimo ed esimio rappresentante. A dimostrarlo anche tre cartelloni che nella natia Briga sono stati esposti contro di lui per contestarne l’atteggiamento minimizzatore riguardo alle morti degli operai negli stadi.
Questo clima ha spinto il sito web vallesano a dedicargli un ritratto severo, nel quale vengono ripresi gli spunti della conferenza stampa del giorno precedente l’inaugurazione del mondiale (19 novembre).
Una performance oratoria etichettata come «allucinata» e oggetto di «derisione» in tutto il mondo. E se persino la stampa di casa sua lo tratta a questo modo, si può immaginare quale sia il grado di popolarità dell’uomo che governerà il calcio mondiale almeno fino al 2027.
Infantino non ha voltato le spalle all’Europa, ma all’opinione pubblica mondiale e al senso di responsabilità sociale che il ruolo gli comanderebbe.
Schiaffi agli sponsor
Le ha voltate persino agli sponsor della Fifa, come ha mostrato la vicenda del divieto di vendere alcolici negli stadi imposto a sole 48 ore dall’avvio del torneo, con grave danno per il marchio Budweiser che ha dovuto frettolosamente smontare gli stand e ha potuto vendere soltanto prodotti analcolici.
La casa produttrice del marchio, la Ab InBev, si è limitata a reagire con un tweet in cui ha definito «imbarazzante» la situazione. Versa alla Fifa un assegno da 75 milioni di dollari ogni quattro anni e in cambio ha ottenuto l’impossibilità di commercializzare i propri prodotti.
Dare i numeri
Per Infantino non è certo un problema. Perso un partner se ne cercherà un altro.
Nelle stesse ore in cui Le Nouvelliste lo criticava impietosamente, il presidente della Fifa ha tenuto la conferenza stampa che precede la chiusura dei Mondiali.
Un appuntamento coi media che si è svolto con un tono meno drammatico rispetto a quello che aveva caratterizzato la performance di un mese fa, e nel corso quale il capo del calcio mondiale ha ribadito concetti portati avanti per tutta la durata della manifestazione con sprezzo dell’etica e dell’evidenza: Qatar 2022 è stato il migliore Mondiale di sempre, giocato in un paese che si è rivelato un’ottima soluzione e ha compiuto passi avanti nella tutela dei diritti umani e di quelli dei lavoratori.
Riguardo a questi ultimi, bontà sua, Infantino ha affermato che «è importante parlare di diritti umani» ma poi «sul campo si gioca a calcio e quello abbiamo fatto».
Fra l’altro il presidente Fifa non aveva tempo da perdere, ansioso come era di presentare una valanga di cifre. A partire dai ricavi dell’organizzazione, che dovrebbero salire dai 7,5 miliardi di dollari del ciclo 2018-2022 agli 11 miliardi di dollari del ciclo 2022-2026. Per seguire con l’annuncio di nuovi tornei per nazionali e per club.
Nel 2025 è prevista l’inaugurazione del Mondiale per club a 32 squadre (nel 2023 sarà ospitato dal Marocco in piena stagione agonistica, 1-11 febbraio). E a ciò è stata aggiunto un format sulle amichevoli delle nazionali, che prenderanno un formato da World Series.
Tutti interventi che, oltre a intasare ulteriormente il calendario agonistico, rappresentano degli sconfinamenti nelle prerogative delle confederazioni continentali e delle singole federazioni nazionali.
Di fatto Infantino ha creato una superlega per l’attività dei club e ha messo pure le mani sul business delle amichevoli, confermando un’impronta nel governo della Fifa che l’ha trasformata definitivamente da “organizzazione-ombrello” in organizzazione che compete con le sottoposte e ne drena risorse. Tutto pur di accrescere il potere personale di Infantino, anche a costo di far saltare in aria i delicati equilibri del movimento.
Richiedente asilo di lusso
In tutto ciò rimane un interrogativo: il capo del calcio mondiale tornerà o no a vivere in Svizzera?
Nei mesi scorsi Infantino si è trasferito in Qatar assieme alla famiglia, ma stando a versioni di comodo si sarebbe trattato di una scelta provvisoria, legata alla necessità di seguire quotidianamente le operazioni di avvicinamento alla manifestazione.
Adesso che Qatar 2022 si avvia alla conclusione, giungerà anche una risposta chiarificatrice sulle intenzioni del capo della Fifa: tornerà nel suo paese o rimarrà definitivamente nell’emirato a fare l’asylanten, un richiedente asilo di lusso che governa la Fifa via Zoom?
Chi vive nelle stanze della Fifa House a Zurigo non ha dubbi: Infantino rimarrà lì dove è, per i motivi che ritiene. C’entra qualcosa l’inchiesta che la magistratura svizzera conduce sul suo conto, relativamente agli incontri segreti con l’ex procuratore generale della confederazione Michael Lauber? Lui dirà di no e si tratterà della sua parola contro quella di nessuno.
Del resto è questo il suo stile di governo: l’uomo solo al comando, privo di carisma e universalmente disistimato, dotato di un senso della leadership fondato sulla distruzione delle risorse organizzative a scopo di assicurarsi la sopravvivenza personale.
I Mondiali vanno, come gli sponsor e la vita di chi ha costruito gli stadi. Invece il potere resta, almeno per un altro quadriennio. L’uomo ha compiuto la sua missione. E l’emiro se lo tiene stretto a sé come un balocco di lusso, ennesima dimostrazione del suo potere globale di recente foggia.
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