Il coinvolgimento di Leoluca Bagarella nell’esecuzione dell’omicidio di Mario Francese è stato affermato con sicurezza da Francesco Di Carlo. Lo stesso Bagarella, avendo avuto casualmente occasione di notare il giornalista nei pressi di una trattoria all’ingresso del paese di San Giuseppe Jato, disse a Giovanni Brusca che, se avesse potuto, lo avrebbe ucciso subito
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Il diretto coinvolgimento di Leoluca Bagarella nella fase di esecuzione dell’omicidio di Mario Francese è stato affermato con sicurezza da Francesco Di Carlo, il quale ricevette precise informazioni in tal senso da Francesco Madonia, in epoca successiva alla consumazione del delitto.
Si tratta di notizie di indubbia affidabilità, che provenivano da un esponente mafioso strettamente legato al collaborante, ed inserito, insieme a lui, nel ristretto gruppo di "uomini d'onore" che erano posti a conoscenza delle questioni di maggiore rilievo e delicatezza dello schieramento “corleonese” di "Cosa Nostra".
La piena fiducia che Francesco Madonia riponeva in Francesco Di Carlo è evidenziata dal fatto che il medesimo “capo-mandamento” abbia confidato al collaborante il ruolo disimpegnato dal proprio figlio Giuseppe al fine della realizzazione dell’episodio omicidiario.
Il carattere delle conversazioni tra Francesco Madonia e Francesco Di Carlo, il loro contenuto, ed il contesto in cui esse si inserivano, appaiono sicuramente tali da escludere l’eventualità di un mendacio (eventualità, questa, che risulta priva di qualsiasi giustificazione logica).
L’attendibilità della versione dei fatti esposta dal Di Carlo è stata approfonditamente verificata, con esito indubbiamente positivo, nel paragrafo 3 del presente capitolo, in cui si è già avuto modo di sottolineare che l’evoluzione delle dichiarazioni rese dal collaborante non è ricollegabile ad adattamenti manipolatori, ma ad una sequenza di spontanei approfondimenti mnemonici, determinati da un normale processo di precisazione dei propri ricordi in ordine ad un episodio criminoso verificatosi molti anni prima.
[…] Per quanto attiene al ruolo esercitato da Leoluca Bagarella ai fini dell’attuazione del disegno omicidiario, le dichiarazioni di Francesco Di Carlo hanno trovato un riscontro particolarmente pregnante in quelle di Giovanni Brusca, il quale ha esplicitato che intorno al 1993 o 1994, lo stesso Bagarella si lamentò del fatto che Raffaele Ganci aveva incautamente messo Salvatore Cancemi (successivamente divenuto collaboratore di giustizia) al corrente di alcune vicende che erano state appositamente tenute riservate, come gli omicidi di Boris Giuliano, Piersanti Mattarella, Michele Reina e Mario Francese; in questa occasione, Leoluca Bagarella si mostrò bene informato riguardo all’omicidio di Mario Francese e lasciò comprendere chiaramente che il delitto era da addebitare alla "famiglia" di Corleone; dal tenore della conversazione, il Brusca comprese che il suo interlocutore aveva preso parte all’omicidio di Mario Francese.
Un incontro casuale
[…] Il Brusca, in un successivo interrogatorio, acquisito in sede di attività integrativa di indagine, ha spontaneamente ricordato un ulteriore episodio verificatosi molti anni prima, in epoca di poco anteriore all’omicidio di Mario Francese: Leoluca Bagarella, avendo avuto casualmente occasione di notare il giornalista nei pressi di una trattoria sita all’ingresso del paese di San Giuseppe Jato, disse a Giovanni Brusca che, se avesse potuto, avrebbe ucciso subito il medesimo soggetto (usando le espressioni: «Si avissi a pistola a stu minutu mi livassi u pinseri», «Uno lo va cercando e poi se lo ritrova in mezzo…» o «Guarda, io lo vado cercando e lui me lo ritrovo qua», e «Vabbè, poi si vede»).
Si tratta di frasi che denotano inequivocabilmente la preordinata assunzione, da parte di Leoluca Bagarella, del ruolo di esecutore materiale del progettato omicidio, e la precedente attività da lui svolta al fine di rintracciare la vittima designata.
Il racconto del Brusca, oltre ad essere caratterizzato dalla più completa genuinità, appare corroborato da un preciso riscontro estrinseco (l’articolo di Salvatore Scimè, pubblicato sul "Giornale di Sicilia" del 28 gennaio 1979, sopra riportato), che evidenzia come Mario Francese si sia recato, in compagnia di un collega, in una trattoria di San Giuseppe Jato proprio nel periodo menzionato dal collaborante; e non si vede come il Brusca avrebbe potuto essere a conoscenza di un simile dettaglio, e rammentarlo senza alcuna specifica sollecitazione dopo oltre vent’anni, se non avesse avuto occasione di constatare la presenza del giornalista, e di fermare la sua attenzione su di lui, assumendo un atteggiamento psicologico che appare chiaramente motivato dalle frasi profferite in tale circostanza dall’esponente mafioso che lo accompagnava.
Deve quindi rilevarsi che le dichiarazioni del Di Carlo e del Brusca, intrinsecamente attendibili e del tutto autonome, si riscontrano reciprocamente in ordine all’assunzione, da parte di Leoluca Bagarella, del ruolo di esecutore materiale dell’omicidio di Mario Francese.
Tale conclusione è, del resto, pienamente coerente con i restanti elementi di convincimento acquisiti. Si è già avuto modo di osservare come Leoluca Bagarella, nel periodo in esame, svolgesse stabilmente il compito di killer per conto del cognato Salvatore Riina, il quale già da alcuni anni aveva maturato il proposito di uccidere Mario Francese ed, una volta resosi conto di disporre del sicuro consenso della "Commissione", formulò la relativa proposta.
Francese aveva scritto tanto di Bagarella
Va inoltre osservato che, tra gli esponenti di "Cosa Nostra", i più interessati all’eliminazione di Mario Francese erano i corleonesi, proprio per gli articoli che egli aveva scritto in ordine alla diga Garcia e all’omicidio del colonnello Russo. E le circostanze evidenziate dal giornalista in merito a quest’ultima vicenda erano sicuramente in grado di fornire significativi spunti in ordine all’identità di uno dei sicari dell’ufficiale con il soggetto che aveva commesso l’omicidio di Giovanni Palazzo, su cui potevano essere raccolti significativi elementi di prova a carico del Bagarella. E’ ovvio, pertanto, che l’attività giornalistica, non solo pregressa, ma anche futura, di Mario Francese costituiva un rilevante pericolo per il Bagarella; e non è un caso che il giornalista sia stato eliminato mentre era in corso un elaborato tentativo di sviamento delle indagini sull’omicidio del colonnello Russo, al fine di addossarne la responsabilità a soggetti diversi dal Bagarella.
E’, poi, appena il caso di ricordare i numerosissimi articoli in cui Mario Francese aveva messo in risalto la pericolosa personalità criminale del Bagarella.
Per completezza, deve aggiungersi che la descrizione del killer di Mario Francese, compiuta dalla testimone oculare Ester Mangiarotti (la quale ebbe la possibilità di percepirne con chiarezza l’aspetto e l’atteggiamento), è palesemente compatibile con le sembianze di Leoluca Bagarella.
Per le considerazioni che precedono, deve ritenersi inequivocabilmente accertato che Leoluca Bagarella partecipò all’esecuzione dell’omicidio di Mario Francese. […].
La sentenza in questione è quella della Corte di Assise di Palermo, presidente Leonardo Guarnotta, contro Salvatore Riina +9.
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