- La soppressione dei telegiornali regionali della notte è stata l’innesco di una lotta che è in pieno svolgimento e coinvolge i partiti. Ora l’oggetto del contendere sono i due condirettori della TgR, la Testata giornalistica regionale, mastodonte con oltre 700 cronisti.
- A sostegno del sindacato interno della televisione pubblica si sono schierati i vertici del giornalismo italiano, dalla Federazione della stampa all’Ordine dei giornalisti.
- In consiglio di amministrazione i rappresentanti di Pd e Cinque stelle hanno votato contro il budget del 2022. A favore i consiglieri di Forza Italia e Lega. Il documento è passato grazie al voto dell’amministratore. E Fuortes parla delle forme di finanziamento e, in particolare, del canone come incongruo e incerto.
Il budget aziendale del 2022 approvato per il rotto della cuffia, lo sciopero dei giornalisti contro il taglio dei telegiornali regionali della notte, la convocazione d’urgenza della commissione parlamentare di Vigilanza richiesta dal segretario Michele Anzaldi, una conferenza stampa di fuoco in cui i rappresentanti del giornalismo italiano hanno protestato contro il rifiuto di trasmettere un video comunicato prodotto dall’Usigrai, l’Unione sindacale dei giornalisti Rai.
E ora il caso dei condirettori della Tgr, la Testata giornalistica regionale che sta montando come un soufflé, e la questione del canone, «basso rispetto al resto d’Europa» e incerto.
Ad appena sette mesi di distanza dalla nomina sta diventando un percorso minato il cammino alla Rai di Carlo Fuortes, il manager scelto dal governo di Mario Draghi con il compito di rimettere a posto i conti che rischiano di sprofondare. Durante un’audizione al Senato l’amministratore delegato ha parlato del meccanismo di finanziamento della tv pubblica.
«In un sistema duplice la risorsa di gran lunga prioritaria è il canone, tuttavia il relativo valore unitario è il più basso di tutta Europa, 90 euro. Una somma distante da quella degli altri paesi al punto da rendere quasi irrilevante la compresenza compensativa, per Rai, degli introiti della raccolta pubblicitaria».
Secondo l’amministratore delegato, l’attuale canone «è una risorsa incongrua rispetto agli obblighi e alle attività che la Rai svolge ed è tenuta a svolgere», soprattutto «se si considerano le varie trattenute, dei 90 euro Rai ne percepisce solo l’86 per cento».
Condirettori della discordia
Il tema delle risorse affianca quello delle reti locali. La Tgr è il più grande giornale nazionale con oltre 700 cronisti e 24 redazioni, una in ogni regione più le redazioni ad hoc per le minoranze in tedesco, ladino e sloveno.
Al vertice di questo mastodonte c’è uno staff altrettanto corposo, otto professionisti: un direttore indicato dalla Lega, Alessandro Casarin, più cinque vice direttori, più due condirettori.
Su queste due ultime qualifiche si accanisce la polemica, perché la figura di condirettore all’interno della Rai viene vissuta come il polveroso e inutilmente costoso reperto di un lontano passato. La sua eliminazione risale addirittura a quasi un decennio fa, era Luigi Gubitosi, il quale considerando i condirettori un evidente spreco aziendale, decise di eliminarli tra il 2013 e il 2014.
Alla Tgr la figura del condirettore ha però rifatto di nuovo capolino nell’autunno del 2018, con il direttore Casarin che si è messo al fianco un altro giornalista di area leghista, Roberto Pacchetti.
Quando un anno dopo il governo Lega-Cinque stelle è caduto lasciando il posto al governo Cinque stelle-Pd, lo scossone si è ovviamente ripercosso sulla Rai senza risparmiare la Tgr. Nella logica ferrea della lottizzazione, il Pd asceso al governo avrebbe voluto a quel punto far fuori il leghista Casarin, o in subordine che fosse nominato un giornalista di suo gradimento come condirettore, e allo stesso tempo fosse eliminato l’altro condirettore, Pacchetti, per ridimensionare quello che il partito di Enrico Letta ritiene lo strapotere leghista alla Tgr.
Assodato che Casarin era inamovibile, il Pd si sarebbe accontentato di un condirettore unico e suo, ma è stato esaudito a metà: ad agosto 2020 è stato nominato condirettore Carlo Fontana, considerato di area Pd, ma accanto a lui è stato confermato come condirettore anche il leghista Pacchetti.
La nomina di Fuortes avvenuta un anno dopo, con tutto il giro di giostra dei direttori che ne è seguito, ha lasciato presupporre a molti all’interno della Rai, compreso il sindacato Usigrai, che tra le tante novità ci sarebbe stata anche quella dell’azzeramento dell’anacronistica figura dei condirettori della Tgr.
La convinzione è diventata una quasi certezza quando Fuortes ha deciso di cancellare i telegiornali regionali della notte nel nome della lotta agli sprechi.
I condirettori, però, sono rimasti al loro posto, prorogati dal direttore Casarin, ovviamente previa intesa con l’amministratore dell’azienda. Anche se «l’intendimento di nomina» non è stato ancora trasmesso, come prassi vorrebbe, al comitato di redazione, cioè ai rappresentanti sindacali della testata ingenerando ulteriore perplessità e diffidenza nel sindacato Usigrai.
Partiti blanditi
La spiegazione fornita da fonti interne Rai è che Fuortes starebbe usando la proroga dei condirettori per blandire i partiti e nello stesso tempo trattare con essi con l’obiettivo di consolidare l’incerta maggioranza in consiglio di amministrazione dove gli stessi partiti hanno quattro rappresentanti su sette: Igor Di Blasio per la Lega, Francesca Bria per il Pd, Alessandro Di Majo per i Cinque stelle e Simona Agnes per Forza Italia.
Le stesse fonti interne sostengono però che Fuortes starebbe facendo un mezzo passo falso perché la conferma dei condirettori Tgr sarebbe gradita alla Lega ma scontenterebbe il Pd.
Nelle ultime settimane all’interno del consiglio di amministrazione c’è stato un rimescolamento di carte e i consiglieri Pd e Cinque stelle che sembravano i più sinceri sostenitori del nuovo amministratore, sono progressivamente smottati verso l’opposizione.
Il fatto che ha incubato la divisione del consiglio è stata la soppressione dei tg regionali della notte. In quell’occasione il rappresentante dei dipendenti in consiglio, Riccardo Laganà, ha espresso voto contrario insieme al consigliere Cinque stelle mentre la consigliera Pd si è astenuta.
Qualche giorno dopo, quando si è trattato di approvare il budget aziendale, anche la consigliera Pd si è aggiunta agli altri due per votare no. Il budget è stato approvato con i voti dei consiglieri di Lega e Forza Italia, della presidente Marinella Soldi e dello stesso Fuortes.
Spot sindacale
Il sindacato Usigrai guidato da Daniele Macheda ha preso la soppressione dei tg notturni come un affronto, soprattutto per il metodo usato, considerato brutale e arbitrario. La risposta sindacale è stata durissima: sciopero il 29 dicembre di tutti i giornalisti Rai, niente servizi e immagini, notizie lette da un rappresentante sindacale.
La frattura tra Fuortes e Usigrai è diventata ancora più ampia quando, appellandosi al contratto integrativo Rai, il sindacato ha chiesto la messa in onda di un video comunicato, una specie di spot sindacale di un minuto che proponeva la «riaccensione dell’informazione regionale alle 22.30».
Fuortes ha negato l’autorizzazione e a quel punto all’Usigrai si sono uniti nella protesta i rappresentanti della categoria dei giornalisti italiani che hanno partecipato a una conferenza stampa dove la decisione dell’amministratore Rai è stata bollata come un «grave attacco all’informazione».
C’era Beppe Giulietti, il portabandiera storico del sindacalismo nella tv pubblica, e poi Raffaele Lorusso presidente della Federazione della stampa e il presidente e la segretaria dell’ordine, Carlo Bartoli e Paola Spadari.
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