- Sono 497 le vittime, per lo più di sesso maschile, con un’età compresa fra gli 8 e i 14 anni per il 60 per cento dei casi, dice il rapporto sugli abusi nell’arcidiocesi di Monaco. Coinvolti 173 sacerdoti
- Il rapporto rileverebbe la «cattiva condotta» dell’allora cardinale Ratzinger in almeno quattro casi, inadempiente verso alcuni sacerdoti pedofili. Ma il papa emerito ancora oggi ribadisce la sua innocenza.
- Sotto i riflettori, anche l’attuale clero tedesco, in particolare il cardinale Reinhard Marx. Aumentano le voci di chi lo invita a dimettersi in un momento critico per la chiesa cattolica in Germania.
Concorrente per omissione. Se fosse applicabile l’articolo 40 del codice penale, questa sarebbe la principale accusa mossa al papa emerito, Joseph Ratzinger, secondo il rapporto sugli abusi nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga dal 1945 al 2019, presentato dallo studio legale Westpfahl Spilker Wastl giovedì 20 gennaio.
Un dramma scandito dalle cifre: sono almeno 497 le vittime, per lo più di sesso maschile, con un’età compresa fra gli 8 e i 14 anni per il 60 per cento dei casi. I carnefici hanno i volti di 173 di sacerdoti, di nove diaconi e cinque operatori pastorali.
Il rapporto passa al vaglio gli anni 1977-1982, quando Ratzinger era arcivescovo di Monaco Frisinga, periodo di attività del pastore pedofilo Peter Hullerman, spostato da una diocesi all’altra ma implicitamente lasciato libero di agire.
Si riapre, così, uno strappo che il papa emerito non è mai stato capace di ricucire, relativo sia agli anni in cui era arcivescovo di Monaco che a quelli da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede con papa Giovanni Paolo II.
Ma il documento non risparmia neppure il clero tedesco attualmente in carica, come l’arcivescovo di Monaco di Frisinga, il cardinale Reinhard Marx, che nel luglio scorso aveva chiesto a papa Francesco di essere dimesso con un nulla di fatto: «Un primo passo sarebbe una dichiarazione di scuse a ogni vittima da parte dei vescovi, e poi chiediamo che si facciano carico dei costi terapeutici come risarcimento a questa sofferenza» ha dichiarato a caldo Edgar Büttner, docente presso il dipartimento di teologia dell’Università delle scienze applicate di St. Pölten attivista del movimento cattolico Noi siamo chiesa.
La condotta di Ratzinger
Il rapporto rileverebbe la «cattiva condotta» dell’allora cardinale Ratzinger in almeno quattro casi, poiché non sarebbe stato impedito ai sacerdoti pedofili di reiterare gli abusi malgrado i trasferimenti in altre diocesi.
Un primo pronunciamento su Ratzinger c’era stato già nel 2016 quando, in un decreto confidenziale,ma reso noto alla testata Die Ziet, il giudice ecclesiastico p. Lorenz Wolf aveva ritenuto tiepide le misure dell’allora arcivescovo di Monaco nei confronti del sacerdote pedofilo Peter Hullermann nel 1980: «Dopo il suo trasferimento in Baviera, Ratzinger ha anche sostenuto che il sacerdote avrebbe dovuto vedere uno psicoterapeuta. Lo ha confermato anche l’arcidiocesi in un comunicato stampa nel 2010» ha aggiunto Büttner.
Gli abusi perpetrati dal sacerdote fin dall’inizio del suo ministero nella parrocchia di Garching an der Alz nel 1987 sono stati la prima tessera di un domino che oggi mostra la faccia di un trattamento tiepido verso gli abusatori.
Si conferma, così, quanto aveva rivelato già dieci anni fa l’inchiesta del quotidiano Sueddeutsche Zeitung, che aveva suscitato la dura reazione dei media vaticani. All’epoca, il portavoce della Santa sede, p. Federico Lombardi, aveva parlato di tentativi fatti con accanimento per «coinvolgere personalmente il Santo Padre nella questione degli abusi», rimarcandoli come «sforzi falliti».
In una dichiarazione scritta, il papa emerito ancora oggi garantisce di non aver commesso errori in nessuno dei casi indicati.
La lettera scarlatta
Il rapporto fa luce anche sull’operato di Ratzinger ai tempi della prefettura nella Congregazione per la dottrina della fede.
L’anno capitale è il 2001, quando i casi pedofili sono diventati appannaggio esclusivo dell’ex Sant’Uffizio. Nella lettera inviata ai vescovi cattolici, poi confluita nel motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela, Ratzinger coprì gli abusi sotto segreto pontificio e inserì la prescrizione di dieci anni nei casi di violenza - nel caso di minore, i dieci anni sarebbero decorsi dal giorno in cui la vittima fosse stata maggiorenne -. Solo nel 2019 papa Francesco con un motu proprio ha esteso la prescrizione a vent’anni, ma alcuni prelati erano già scettici sulla misura di allora.
L’arcivescovo di Malta, Charles Scicluna, in un’intervista ad Avvenire nel 2010 quando era promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, dichiarò che «la pratica ha dimostrato che il limite di dieci anni non è sufficiente in questo genere di casi, in cui sarebbe meglio tornare al precedente sistema dei delicta graviora non soggetti allo statuto delle limitazioni».
Incognita Marx
Il rapporto non risparmia l’operato dell’attuale arcivescovo di Monaco e Frisinga, card. Marx.
Due docenti di diritto canonico, Norbert Lüdecke di Bonn e Bernhard Anuth di Tübingen, hanno accusato il cardinale di violazione delle norme: «Nel 2008 Marx ha commissionato una perizia psichiatrica di un sacerdote precedentemente condannato, e lo ha trasferito, ma non ha disposto un'indagine preliminare interna né ha denunciato il caso al Vaticano. Anzi, il sacerdote è stato trasferito di nuovo tranquillamente nel 2008, questa volta nella località termale di Bad Tölz» puntualizza Büttner.
Sembra solo l’inizio di quello Sturm und Drang che rappresentano gli abusi per una chiesa tedesca sempre più disorientata.
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