- Il governo vuole verificare se gli aumenti dei prezzi di carburanti siano determinati da speculazione. Si tratta di una fattispecie penale difficile da accertare in concreto.
- Sarebbe speculazione l’ottenimento di un profitto derivante da un aumento di prezzo che non rispetti le normali regole di mercato. Ma, a parte ipotesi di truffa o altro reato, non ci sono disposizioni che indichino a quali condizioni l’aumento di prezzo sia illegittimo.
- L’attivismo circa i prezzi dei carburanti sembra dettato più dalla paura del governo di perdere consenso che da ipotesi concrete.
Lo scorso 31 dicembre è terminato lo sconto relativo alle accise sui carburanti per autotrazione, deciso dal governo di Mario Draghi per calmierare i prezzi. Il governo di Giorgia Meloni sta avviando iniziative per verificare se questi aumenti siano determinati da manovre speculative. Su queste ultime può essere utile qualche chiarimento in punto di diritto.
I controlli
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha dato mandato alla Guardia di finanza di accertare eventuali speculazioni sui carburanti. Già da marzo 2022, peraltro, in concomitanza con l’aumento del prezzo di gas, energia elettrica e carburanti, la Guardia di finanza aveva rafforzato la propria vigilanza. Meloni e Giorgetti hanno anche incontrato il comandante generale della Guardia di finanza, generale Giuseppe Zafarana, per valutare la situazione relativa al rialzo dei prezzi. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), a propria volta, ha chiesto la collaborazione del corpo per acquisire la documentazione inerente ai controlli effettuati e alle violazioni accertate.
Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha prospettato verifiche incrociate tra Guardia di finanza e Mister Prezzi, il Garante per la sorveglianza dei prezzi. Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e quello delle Infrastrutture, Matteo Salvini, hanno sostenuto che gli aumenti dei prezzi di benzina e gasolio sarebbero dovuti a speculazione.
A fronte di tutto ciò, l’Unione energie per la mobilità (Unem), ha fatto presente che, secondo i dati dell’osservatorio ministeriale sui prezzi, in modalità self-service il costo è intorno a 1,82 euro/litro per la benzina e a 1,88 per il gasolio, cioè circa 18-19 centesimi in più rispetto a quelli di fine anno. La differenza è quindi coerente con l’aumento delle accise, Iva compresa.
Ciò è stato confermato dal ministero dell’Ambiente, sulla base del consueto monitoraggio nazionale: nella prima settimana di gennaio, l’aumento dei prezzi è sostanzialmente in linea con il rialzo dovuto alla mancata proroga del taglio delle accise.
Insomma, mentre il governo si attiva sulla speculazione, un suo ministero nega vi sia speculazione. E già questo è singolare.
Le manovre speculative
Ma di cosa si parla quando si parla di speculazione? Il reato di «manovre speculative su merci» (art. 501-bis c.p) è stato introdotto nel codice penale nel 1976, a seguito di fenomeni anomali sui prezzi, riguardanti beni di largo consumo, legati a tensioni internazionali.
Il reato può consistere in diverse condotte alternative: al primo comma, si parla di manovre speculative, occultamento, accaparramento o incetta di «materie prime, generi alimentari di largo consumo o di prodotti di prima necessità, in modo atto a determinarne la rarefazione o il rincaro sul mercato interno»; mentre al secondo si prevede la sottrazione all’utilizzazione o al consumo di rilevanti quantità di tali beni, posta in essere nella consapevolezza della «presenza di fenomeni di rarefazione o rincaro sul mercato interno» dei beni stessi.
Mentre le fattispecie più specifiche (occultamento, accaparramento, incetta) sono facilmente accertabili, è più arduo verificare le generiche «manovre speculative», alle quali si vorrebbe ricondurre l’attuale aumento dei prezzi dei carburanti. «Manovre speculative» è un’espressione vaga, che qualifica ogni condotta idonea a ottenere profitti superiori a quelli conseguibili attraverso il normale esercizio di un’attività commerciale. Il fatto è che tutta l’attività commerciale è connotata da un fisiologico intento di lucro, manifestazione della libertà di impresa tutelata dalla Costituzione (art. 41).
Sarebbe illecita la realizzazione di un profitto determinato da un aumento di prezzi superiore a quello conseguibile nel rispetto delle normali regole di mercato. Ma quali sono queste regole? A parte ipotesi di truffa o altro reato, non ci sono disposizioni che indichino a quali condizioni possa giudicarsi non normale, quindi illegittimo, l’aumento dei prezzi. Ne discende un’ampia discrezionalità da parte di chi accerti il reato. Discrezionalità, peraltro, incompatibile con tassatività richiesta per gli illeciti penali.
Dunque, una serie di soggetti stanno valutando eventuali ipotesi di speculazione, senza che ne sia chiara l’esatta delimitazione giuridica. E anche questo è singolare.
Le decisioni del governo
Il fatto che la speculazione non sia facilmente configurabile trova conferma nel fatto che, con l’ultimo decreto-legge, il governo abbia deciso misure che non intervengono direttamente su tale fenomeno, ma fanno leva soprattutto sulla trasparenza.
Il monitoraggio dei prezzi da parte del ministero dell’Ambiente non sarà più settimanale ma giornaliero, con l'individuazione di un prezzo medio nazionale e l'obbligo per i distributori di esporlo. 2
Per le violazioni sono previste sanzioni, fino alla sospensione dell’attività in caso di recidiva. Sarà irrobustita la collaborazione tra il Garante dei prezzi e la Guardia di finanza; rafforzato il collegamento tra lo stesso Garante e l’Agcm, «per sorvegliare e reprimere sul nascere condotte speculative»; istituita «una Commissione di allerta rapida sui prezzi». Continua a non essere chiaro, tuttavia, come accertare una condotta speculativa, distinguendola rispetto al lecito perseguimento di un profitto.
È vero che l’anno scorso i controlli della Guardia di finanza hanno rilevato 2.809 violazioni. Ma esse riguardavano «la mancata esposizione e/o difformità dei prezzi praticati rispetto ai prezzi indicati» e «l’omessa comunicazione al Ministero» dei prezzi praticati. Quindi, non ipotesi speculative, forse proprio per la difficoltà di riscontrarle in concreto.
L’ipotesi di cartello
Il coordinamento della Guardia di finanza con l’autorità Antitrust mira ad accertare anche un’eventuale ipotesi di cartello. Insomma, l’ipotesi che, nei giorni scorsi, ha indotto la stessa autorità ad avviare un’istruttoria nei confronti delle compagnie aeree Ryanair, Wizz Air, Easyjet e Ita, per verificare l’esistenza di accordi che potrebbero impedire, limitare o falsare la concorrenza.
L’Antitrust ha rilevato che, «in prossimità delle festività natalizie, si assiste ad un innalzamento generale e consistente dei prezzi dei biglietti aerei» – oltre il 700 per cento sul prezzo che si registra dopo le festività – e «un sostanziale allineamento dei prezzi praticati dalle diverse compagnie». Ciò «potrebbe essere il frutto di un comportamento collusivo tra i vettori aerei».
Tuttavia, con riferimento al prezzo dei carburanti – come rileva ancora l’Unem – la situazione è diversa: sul mercato operano oltre 20mila stazioni di servizio per 270 marchi diversi, ed è impossibile si mettano d’accordo circa il prezzo da praticare.
In conclusione, l’attivismo circa i prezzi dei carburanti sembra dettato più dalla paura del governo di perdere consenso per l’incremento dei prezzi che da concrete ipotesi di illeciti: gli aumenti medi sono pari agli sconti sulle accise non rinnovati da Meloni, lo si ribadisce. Del resto, cercare capri espiatori per evitare le responsabilità delle proprie scelte è un classico degli esecutivi nazionali.
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