- «Mi chiamano u’ tintu (cattivo, ndr) perché non mi piego. Siamo pochi quelli che non turbano gare e non pagano mazzette», racconta un imprenditore che in Sicilia vive di appalti pubblici da anni.
- Per eliminare i tinti, i difettosi o si concordano i ribassi oppure chi deve perdere non si presenta alla gara lasciando partecipare solo chi deve vincere.
- Uno degli ultimi casi riguarda il genio civile di Catania, il responsabile fino al giugno scorso era Natale Zuccarello, di professione ingegnere. Si è dimesso dopo l’indagine che lo ha travolto per corruzione e turbativa d’asta. «Quello che posso dirle è che escludo un sistema di gare telecomandate, ma potrebbe trattarsi di casi sporadici che devono essere accertati dalla magistratura», dice l’assessore regionale Marco Falcone, totalmente estraneo all’indagine.
«Mi chiamano u’ tintu (cattivo, ndr) perché non mi piego. Siamo pochi quelli che non turbano gare e non pagano mazzette», racconta un imprenditore che in Sicilia vive di appalti pubblici da anni.
«Il codice degli appalti dice tutto e il contrario di tutto, il decreto semplificazioni ha fatto il resto consentendo alle stazioni appaltanti di abusare di procedure negoziate e manifestazioni di interesse. A volte faccio la domanda e non mi fanno partecipare, in altre la puzza dell’accordo si vede dalle percentuali del ribasso, in cordata si lavora meglio e chi non si adegua resta fuori».
Per eliminare i tinti, i cattivi, o si concordano i ribassi oppure chi deve perdere non si presenta alla gara lasciando partecipare solo il vincitore designato.
E così si attende la prossima gara perché la ruota giri. L’imprenditore racconta il sistema Sicilia, di recente fotografato dalla commissione antimafia regionale, presieduta da Claudio Fava, che ha pubblicato una relazione sul sistema corruttivo che attraversa la regione nel settore sanitario.
Un sistema che mina la credibilità dello stato, costruisce monopoli e alimenta il malaffare. «Un bottino di guerra, una terra di mezzo da conquistare, un'occasione per fabbricare vantaggi economici e rendite personali», si legge.
L’attività di contrasto al malaffare viene vissuta come un intralcio: «resta la sensazione che l’attività anticorruzione sia vissuta come una sorta di mero adempimento: molto formale, molto burocratico, molto lasco, molto distratto». Una denuncia che si può allargare anche ad altri settori della pubblica amministrazione.
Il genio civile
Uno degli ultimi casi riguarda il genio civile di Catania, il responsabile fino al giugno scorso era Natale Zuccarello, di professione ingegnere. Zuccarello, che gira in Porsche, è stato nominato nel febbraio 2019 dirigente responsabile. Un incarico che ha mantenuto fino al giugno scorso quando è stato indagato dalla procura di Catania e perquisito dalla guardia di finanza.
Per Zuccarello una vita nella pubblica amministrazione, prima al genio civile di Enna, poi Siracusa, un passaggio nel dipartimento rifiuti regionale, ma anche presidente, componente di diverse commissioni di gara e commissario dell’istituto autonomo di case popolari.
Per la pubblica amministrazione regionale Zuccarello è sempre stato un vero e proprio riferimento, oggi è coinvolto in una brutta inchiesta che lo ha spinto alle dimissioni.
Così nel giugno scorso la giunta del presidente Nello Musumeci lo ha scaricato «dopo averlo scelto» hanno attaccato le opposizioni e la Cgil.
L’assessore alle infrastrutture Marco Falcone, totalmente estraneo all’indagine, confermando le dimissioni sia di Zuccarello che del responsabile unico del procedimento, Saverio Verde, anche quest’ultimo indagato, prende le distanze: «ove si segnalano zone d’ombra o di opacità nell’azione della pubblica amministrazione, è giusto che la magistratura promuova le opportune indagini».
Ma ci tiene a precisare: «ci conforta, però, la certezza di aver visto, in questi tre anni, uno straordinario impegno da parte di tutto il genio civile etneo, ufficio capace di avviare, per i lavori pubblici nel Catanese, un significativo e tangibile rilancio». Al loro posto inizialmente arriva il direttore del dipartimento regionale Salvatore Lizzio che avvia anche un’indagine interna dalla quale emerge che le carte sono in ordine e che sarebbe stato rispettato il principio della rotazione.
I soldi e i favori
Dall’indagine della magistratura emerge, invece, che gli illeciti si potrebbero annidare sotto una parvenza di rispetto delle procedure. Durante la perquisizione i finanzieri trovano soldi in contanti nelle abitazioni di Zuccarello e Verde, ipotizzando possibili proventi illeciti di quei soldi: tradotto mazzette.
Un’ipotesi respinta con forza dai protagonisti, i soldi sarebbero frutto dei risparmi dei familiari. L’ingegnere Zuccarello guadagna, nel 2020, 59 mila euro all’anno più una retribuzione variabile pari a 20 mila euro per un totale di 88 mila euro. Questi i soldi che gli arrivano dallo stato, l’origine degli altri è da verificare.
Il dato emerge nel decreto di perquisizione, firmato dal pubblico ministero Fabio Regolo. Zuccarello in cambio di favori avrebbe agevolato determinate aziende, turbando alcune gare, senza tener conto della necessaria rotazione richiesta dall’autorità nazionale anticorruzione.
Nell’elenco degli indagati, in tutto 15, ci sono anche altri nomi di funzionari pubblici e di titolari di aziende siciliane. I primi sarebbero destinatari delle solite regalie, varie utilità e lavori di ristrutturazione a casa, i secondi di ‘cortesie’ per aggiudicarsi le gare. Nella distribuzione teleguidata delle gare avrebbe avuto un ruolo Nunzio Adesini, sarebbe stato lui a fornire l’elenco di ditte da invitare, ma tutti sapevano che non avrebbero partecipato tranne la Caec consorziata con la Nurovi di Gela, società rappresentata da Emanuele Mondello, non indagato, suocero di Adesini.
La tecnica dell’invito mette al riparo da ricorsi perché la procedura è regolare prevista dal codice degli appalti, ma telecomandata dalla cordata. Il sistema viene anche denunciato da alcuni imprenditori che restano sempre fuori dal giro. Diversi affidamenti saltano perché un cronista si mette a scrivere della mancata rotazione, si chiama Simone Olivelli di Meridionews, e manda al macero qualche affare.
La società Nurovi, in passato, è finita al centro delle cronache. Ex rappresentante della società è Rocco Mondello, figlio di Emanuele, già coinvolto nel fallimento di un’altra società, la Viride. Una società di famiglia, la Mondello srl, fino al 2012 conosciuta con il nome Impresa generale di costruzioni, finisce sui giornali per un controllo della direzione investigativa antimafia.
Correva l’anno 2009 e il Corriere della Sera riferiva: «Il più anziano (Emanuele Mondello) nel 2003 veniva controllato insieme a Giuseppe Tranchina e Emanuele Emanuello, ambedue pregiudicati e arrestati nell’operazione Cobra per aver curato nel settore degli appalti pubblici gli interessi del clan Rinzivillo».
Roba vecchia, in realtà i Mondello hanno sempre respinto ogni addebito, protagonisti di un progetto di parco fotovoltaico con l’allora presidente della regione Rosario Crocetta. Emanuele Mondello ha sempre rivendicato la correttezza del suo operato, ha denunciato i suoi estorsori legati ai Rinzivillo, condannati nel processo Tetragona.
Il nome Mondello compare anche nelle carte dell’indagine su Antonello Montante, il mazziere dell’antimafia di palazzo, condannato per associazione a delinquere in primo grado. Il riferimento è proprio al parco solare. Emanuele Mondello, così come il figlio, non sono indagati.
Il magistrato ed ex assessore Nicolò Marino riferisce dell’esistenza di «buoni rapporti tra Emanuele Mondello, il presidente della Regione Rosario Crocetta ed il senatore Beppe Lumia, tanto che questi ultimi si erano spesi per cercare di trovare una soluzione per dar corso ai pagamenti che una società del Mondello doveva ricevere per l’esecuzione di lavori di sbancamento funzionali alla realizzazione del parco fotovoltaico in questione».
Emanuele Mondello ha anche contribuito alla campagna elettorale di Rosario Crocetta con due versamenti, tutto regolare, di 55 mila euro in totale. Nell’indagine della procura di Catania la società Nurovi è stata destinataria di perquisizione e indagato Nunzio Adesini. Lo scorso marzo l’assessore alle infrastrutture Marco Falcone ha inaugurato alcuni lavori eseguiti proprio da Nurovi ad Aci Catena.
La parola all’assessore
«Era la prima volta che incontravo i titolari di Nurovi, le revoche si possono fare all’esito delle inchieste giudiziarie. Quello che posso dirle è che escludo un sistema di gare telecomandate, potrebbe trattarsi di casi sporadici che devono essere accertati dalla magistratura.
Abbiamo fatto circa 200 gare per la pulizia dei fiumi, solo 6 aziende hanno vinto più di una gara. Significa che c’è rotazione», dice Falcone. Quella rotazione che al genio civile di Catania potrebbe nascondere sotto una patina di legalità un sistema di spartizione e malaffare.
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