- Con il peggiorare dell’epidemia, i posti letto disponibili nelle regioni si moltiplicano. In un anno le terapie intensive sono “aumentate” di un quarto e da agosto ci sono 5mila posti letto in area medica in più.
- Record la Lombardia, che in un mese ha tirato fuori quasi duemila letti Covid. Ma mentre i numeri aumentano, il personale rimane stabile, segno che si tratta quasi esclusivamente di risorse spostate.
- Aumentando posti letto e liberando rapidamente quelli occupati, le regioni ritardano l’arrivo delle restrizioni che potrebbero ridurre i contagi e lasciano migliaia di altri malati senza possibilità di ricovero.
La regione Lombardia è il caso più clamoroso. Tra il 6 dicembre e la settimana appena conclusa, ha annunciato la creazione di ben 1.800 nuovi posti letto destinati a malati Covid-19, tra aree mediche e terapie intensive.
È come se, in meno di un mese, la regione fosse riuscita a costruire un intero ospedale esclusivamente dedicato al Covid, oppure quattro nuove strutture soltanto parzialmente dedicate a occuparsi della malattia.
«Ovviamente non è andata così - spiega Matteo Villa, capo dell’analisi dei dati dell’Ispi - Si tratta di risorse già esistenti che sono semplicemente state “girate” sul Covid-19».
Ma grazie a questo accorgimento, perfettamente lecito, la regione può ritardare l’ingresso in zona gialla e l'introduzione di nuove restrizioni, che arrivano automaticamente non appena i reparti Covid iniziano a riempirsi.
La regione Lombardia non è l’unica ad adottare questa strategia e questo non è l’unico “trucco” usato dalle regioni per evitare le temute chiusure. A pagarne il prezzo, però, sono i cittadini in generale e chi si ammala di altre patologie e rischia di trovare gli ospedali senza più posti.
Regole e trucchi
La disponibilità di posti letto per malati Covid-19 è uno dei fattori più importanti per determinare la gravità dell'epidemia, soprattutto ora che i vaccini proteggono migliaia di persone dalle conseguenze più gravi del virus.
Se i reparti si riempiono di persone contagiate dal coronavirus, infatti, lo spazio per le altre patologie si riduce, causando problemi a lungo termine alla popolazione.
Inoltre, quando terminano i posti disponibili in terapia intensiva, i malati più gravi non possono essere intubati e si rischia di far morire persone che altrimenti avrebbero potuto essere salvate.
Per questa ragione, a partire da luglio, l'occupazione di posti letto è diventato uno degli elementi chiave per determinare il passaggio di colore di una regione. Con il 10 per cento dei posti in terapia intensiva occupati da malati Covid-19 e il 15 per cento di quelli in area medica, è sufficiente un’incidenza settimanale superiore ai 250mila casi ogni centomila abitanti per finire in zona gialla.
Soprattutto in periodo di feste, nessun vuole correre questo rischio. E così, da settimane, assistiamo in tutta Italia alla moltiplicazione dei posti letto. Di nuovo.
Il conto è semplice. Tra agosto ed oggi i posti letto in area medica comunicati dalle regioni sono passati da 55mila a oltre 60mila: praticamente tre grossi ospedali esclusivamente dedicati al Covid-19.
Ancora più notevole l'aumento delle terapie intensive.Alla fine dell’ottobre 2020, con gli ospedali già passati dalla prova della prima ondata e pronti all’inizio della seconda, i posti letto disponibili comunicati dalle regioni erano poco più di 7mila. Oggi sono passati a oltre 9mila e continuano a crescere.
Ma un posto in terapia intensiva non è semplicemente un letto con un ventilatore. È una macchina complessa, che richiede la supervisione di un medico anestesista e la presenza costante di infermieri specializzati.
In teoria, a partire dallo scorso luglio, le regioni possono comunicare un aumento di posti disponibili in terapia intensiva solo se questi ultimi non vengono sottratti ad altri reparti: in altre parole, solo se si trova un modo di aumentare il personale.
Ma i letti disponibili continuano ad aumentare, anche se le figure che dovrebbero gestirli restano costanti. L’ultima in ordine di tempo è stata l'Emilia-Romagna, che tra agosto e oggi ha aumentato i letti disponibili di 129 unità.
Sgombrare le corsie
Per evitare la zona gialla si possono “aumentare” i posti letto oppure si possono liberare quelli occupati il più in fretta possibile. Ad agosto, quando l’Italia è stata attraversata da un mini-picco di contagi, diverse regioni hanno chiesto insistentemente a medici e dirigenti di accelerare l'uscita dei pazienti dalle corsie.
Una circolare diffusa dalla regione Sicilia chiedeva di «assicurare un corretto turnover dei soggetti ricoverati per non sovraccaricare le strutture». Stessa richiesta è stata fatta anche in Liguria, dove il presidente della regione Giovanni Toti ha inviato diversi messaggi in una chat condivisa con i direttori sanitari degli ospedali regionali. «Cerchiamo di tenere il turnover più alto possibile – scriveva Toti – Cerchiamo di scaricare più possibile».
Sono accorgimenti che in certe circostanze possono avere un senso. Al picco di un’ondata, quando ci si aspetta a breve una riduzione dei ricoveri, aumentare la disponibilità di posti Covid a discapito degli altri per un breve periodo può servire a evitare l'effetto psicologico di finire in zona rossa.
«Ma se cominciamo a fare così ora che siamo in zona bianca – si chiede Villa –Quante migliaia posti finiremo per riservare al Covid? Per quanto tempo?».
E, viene da aggiungere, a quale prezzo per la popolazione?
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