- In Italia, il 10 per cento della popolazione ha ricevuto almeno una dose. Ma il paradosso è che sono vaccinati più under 50 che ultra ottantenni
- In alcune regioni, quasi nessun insegnante è vaccinato. In altre invece, il 60 per cento ha ricevuto almeno una dose.
- Chi ha ottanta anni in Lazio, ha molta più probabilità di aver ricevuto il vaccino rispetto a chi ha la stessa età in Lombardia. Sono tante le diseguaglianze della distribuzione vaccinale fino ad ora.
In Italia, più di una persona su tre che lavora nella scuola o in università o che ha più di ottanta anni o è nelle forze armate e di polizia ha ricevuto almeno una dose del vaccino. Per la precisione: il 37 per cento delle forze armate, il 44 per cento di chi lavora nella scuola e il 39 per cento di chi ha più di ottanta anni. Dietro questo dato, apparentemente omogeneo a livello nazionale, si nasconde la disuguaglianza regionale nella scelta di chi vaccinare prima e chi dopo. Come mostrano i dati raccolti e pubblicati in questa pagina, la probabilità di ricevere il vaccino prima non dipende affatto dal livello di criticità della propria situazione socio-sanitaria ma dalla regione in cui si vive. Fino ad adesso, insegnanti, forze armate e di polizia e chi ha più di ottanta anni sono stati trattati in modo assai diverso a seconda di dove risiedono.
I dati a disposizione
A oggi in Italia il 10 per cento della popolazione ha ricevuto almeno una dose del vaccino contro il Covid-19. A seconda delle varie regioni il dato cambia leggermente: dall’8 per cento dei residenti in Calabria e Sardegna al 12 per cento dei residenti in Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia. I dati, disponibili sul sito del governo, ci danno molte più informazioni, evidenziando per esempio le categorie di persone che hanno ricevuto il vaccino in ogni regione. Tralasciando il personale sanitario e coloro che risiedono nelle Rsa, possiamo focalizzarci sulle restanti categorie: gli insegnanti (sia della scuola materna, primaria e secondaria sia dell’università), chi ha più di ottanta anni e chi lavora per le forze armate e di polizia (forze armate, polizia di stato, guardia di finanza, capitaneria di porto e così via). La mappa dell’Italia che trovate nella pagina evidenzia le disuguaglianze nella distribuzione dei vaccini mostrando quale, fra queste tre categorie, ha ricevuto più vaccini in proporzione alla rispettiva popolazione regionale. Per esempio in Puglia ci sono circa 80mila persone impiegate nelle scuole e università e sono loro la categoria che ha ricevuto più vaccini. In Liguria invece sono gli over 80 la categoria più avanti: delle circa 150mila persone che hanno 80 anni e più del 43 per cento ha ricevuto almeno una dose di vaccino. In regioni come la Sardegna e la Lombardia la categoria più vaccinata è quella della forze armate e di polizia.
Scelte discutibili
Il grafico va ancora più nel dettaglio ed evidenzia, regione per regione, la distribuzione dei vaccini delle tre categorie prese in considerazione. Come si vede, le scelte regionali son molto diverse: in Piemonte per esempio, non si è vaccinato ancora nessun componente delle forze armate, mentre il 42 per cento di chi ha più di 80 anni ha ricevuto una dose di vaccino insieme al 50 per cento di chi insegna a scuola e università. In Calabria invece è il personale scolastico e universitario che non ha quasi ricevuto nessuna dose, mentre sono stati vaccinati il 58 per cento delle forze armate e di polizia e il 30 per cento degli over 80 anni. Il Molise sembra essere la regione in cui la vaccinazione di queste tre categorie è più omogenea.
Se ci si focalizza sulle forze armate e di polizia non si riesce a capire perché in regioni come Liguria e Calabria, che hanno circa lo stesso numero di persone impiegate nelle forze dell’ordine, ci sia una tale disuguaglianza: nel primo caso poco più del 10 per cento è vaccinato mentre in Calabria quasi il 50 per cento.
I dati di questa pagina confermano quanto già sottolineato per le scelte attuate dalle regioni sulla scuola (in presenza o didattica a distanza): la mancanza apparente di un nesso fra le scelte attuate e la realtà. Come alcune regioni hanno usato più la didattica a distanza a prescindere dall’evoluzione del contagio, anche nella scelta di chi vaccinare ogni regione ha proceduto fin d’ora in maniera poco scientifica e poco chiara.
Secondo un rapporto dell’Istituto superiore di sanità dei 100mila morti registrati da inizio pandemia il 63 per cento sono persone che avevano più di 80 anni. La somministrazione dei vaccini sembra però influenzata da altri dati: in Italia ha ricevuto più vaccini chi ha meno di 50 anni rispetto a chi ne ha più di 80. Una disuguaglianza che il luogo (e la regione) dove si vive non fa altro che aggravare.
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