«Sarebbe bello se Draghi riportasse l’Italia a essere un ponte verso l’Africa» ha detto Matteo Renzi al senato il giorno dopo la sua visita a Dakar, in Senegal. «Noi abbiamo sempre avuto un disinteresse nella capacità di attrarre giovani talenti», ha detto l’ex premier proponendo piani di studio negli atenei italiani per i giovani africani. D’altra parte però siamo stati molto bravi a esportare armamenti e tecnologia militare, posizionandoci nella “top ten” della classifica mondiale.

Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia, fa notare che «è proprio durante il governo Renzi che le autorizzazioni all’export di armi e sistemi militari hanno registrato un aumento esponenziale rispetto ad altri esecutivi». Nel 2013 (governi Monti-Letta) l’Italia ha autorizzato esportazioni all’industria militare per un valore di 2,1 miliardi di euro. Ma già nel 2014 (con Renzi al governo dal 22 febbraio) salivano a 2,6 miliardi, per poi raggiungere i 7,9 nel 2015 e un netto incremento nell’ultimo anno di governo con autorizzazioni approvate dal valore di oltre 14,6 miliardi di euro.

«Il governo presieduto da Renzi – commenta l’analista di Opal – ha segnato tre primati storici di cui però il leader di Italia Viva non ha mai parlato. Innanzitutto, in tre anni il governo Renzi ha sestuplicato le autorizzazioni per esportazioni di armamenti portandole ad oltre 14,6 miliardi di euro nel 2016, un record dai tempi del dopoguerra. In secondo luogo, durante il governo Renzi è stata rilasciata la maggiore licenza per esportazione di bombe aeree: la fornitura di 19.675 bombe all’Arabia Saudita. Infine, c’è stato un primato storico anche di contratti per esportazioni di armi e sistemi militari ai paesi dell’Africa sub-sahariana, in particolare a quelli visitati dall’allora presidente del Consigli».

Durante il suo mandato (fino al 12 dicembre 2016), Renzi il ponte verso l’Africa lo ha costruito sia con importanti accordi commerciali di natura energetica sia attraverso l’export dell’industria militare nostrana. Si ricordano i viaggi in Mozambico, Kenya, Ghana, Angola, Senegal, Etiopia effettuati nei primi anni della sua presidenza e alcuni dei quali accompagnati dai dirigenti di importanti aziende come Eni e Leonardo (ex Finmeccanica).

Africa

Elicotteri, aerei e fucili d’assalto. Il fiore all’occhiello del made in Italy militare ha raggiunto paesi come Kenya e Angola. Nello specifico, verso Nairobi i maggiori ordinativi sono cominciati nel 2015 con l’acquisto di alcuni elicotteri AW-139 per impiego militare del valore complessivo di 20,6 milioni di euro, mentre nel 2016 sono state rilasciate durante il governo Renzi, e finalizzate l’anno successivo durante il mandato di Gentiloni, «autorizzazioni alle trattative per tre aerei da trasporto tattico C-27J Spartan prodotti dalla Alenia del valore di oltre 160 milioni di euro» spiega Beretta.

«Lo stesso vale per i tre elicotteri AW-109 per impiego militare di Agusta-Westland del valore di oltre 44 milioni di euro» aggiunge. Sempre durante l’esecutivo Renzi è stata rilasciata l’autorizzazione alle trattative alla fabbrica d’armi Beretta per vendere al Kenya 1.500 fucili d’assalto Arx-200 e mille pistole mitragliatrici Mx4 del valore complessivo di quasi 3,7 milioni di euro. Un ampio arsenale quindi.

Non solo. Proprio a seguito della visita del premier Renzi in Angola del luglio 2014 per la prima volta il paese africano inizia a firmare contratti d’acquisto dall’industria militare italiana.

La visita di Renzi a Luanda, dove era affiancato dagli amministratori delegati di Eni e Finmeccanica-Leonardo, diede inizio a una serie di accordi nel settore militare del valore di oltre 212 milioni di euro.

Affari che vennero finalizzati tra il 2015 e il 2016, e che si concretizzarono con la fornitura di 23 radar Argos 30VS (76 milioni), due elicotteri AW-109 militari (12,6 milioni) e con quattro motoscafi veloci C-Mes40 come pattugliatori costieri dotati di mitragliere della Oto Melara per un valore complessivo di quasi 7,3 milioni di euro.

Egitto

«In questo momento l’Egitto si salverà solo con la leadership di al Sisi, questa è la mia posizione personale e sono orgoglioso della mia amicizia con lui e lo sosterrò nella direzione della pace perché il Mediterraneo senza l’Egitto sarà assolutamente un posto senza pace».

Sono le parole di Matteo Renzi rilasciate ad Al Jazeera nel 2015, anno in cui i crimini del regime militare nei confronti dei manifestanti e dei dissidenti politici erano noti a tutti. Dichiarazioni rilasciate un anno dopo che dall’Italia era stato dato il via libera alla fornitura di 30mila pistole e 3.185 fucili d’assalto per gli apparati di sicurezza egiziani.

«L’autorizzazione – spiega ancora Beretta – era stata rilasciata quando al Cairo governava il presidente democraticamente eletto Morsi prima del colpo di stato militare guidato dal generale al Sisi nel luglio del 2013: in breve, armi che erano destinate a un paese che si affacciava alla democrazia sono finite nelle mani delle forze di sicurezza di un golpista».

Una fornitura consegnata nonostante la decisione del Consiglio Affari esteri dell’Unione europea che l’anno precedente, il 21 agosto del 2013, con una mozione chiese agli stati membri di «sospendere le licenze di esportazioni di armi e qualsiasi attrezzatura che potrebbe essere utilizzata a fini di repressione interna» in Egitto.

La mozione, seppur non giuridicamente vincolante, rappresentava una forte presa di posizione del ministri degli Esteri europei nei confronti del del generale al Sisi.

Nell’aprile del 2016, dopo l’omicidio di Giulio Regeni, è il turno di altre 1.030 pistole: «A quali corpi di sicurezza siano state consegnate tutte queste armi non è stato mai chiarito» commenta Beretta evidenziando che «negli anni tra il 2014 e il 2016 l’Italia è stata l’unico paese dell’Ue ad inviare pistole e fucili d’assalto all'Egitto».

Arabia Saudita

Che Renzi e il principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, fossero amici non c’erano dubbi, lo ha ribadito lo stesso leader di Italia Viva mercoledì ai microfoni dei giornalisti che lo aspettavano fuori dal senato.

«È un mio amico» ha detto Renzi, aggiungendo di non considerarlo il mandante dell’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi.

La motivazione è semplice: siccome bin Salman non è stato sanzionato dall’amministrazione statunitense di Joe Biden allora è innocente. Tuttavia, è lo stesso presidente Biden ad aver chiarito in un’intervista che bin Salman non è stato sanzionato perché è mancata la volontà politica di farlo, in quanto non è mai stato preso di mira un rappresentante importante di uno stato alleato.

Dei rapporti  tra Arabia Saudita e Renzi non si ricorda soltanto l’ultima visita a Riad in piena crisi di governo, ma anche l’esportazione di una imponente commessa di bombe verso il regno saudita.

«Quella fornitura è particolarmente odiosa perché la licenza per esportare 19.675 bombe aeree all’Aeronautica militare saudita fu rilasciata dal governo Renzi nel 2016 quando erano già noti i bombardamenti indiscriminati in Yemen ed erano già stati ripetutamente condannati dal Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon» dice Giorgio Beretta.

«Considerando che l’autorizzazione alle trattative risale al 2014 e che la licenza di esportazione è del 2016 è da ritenere che, oltre a quella dell’Autorità Uama, ci sia stata una valutazione in sede politica da parte del governo presieduto da Matteo Renzi riguardo al rilascio di questa licenza» aggiunge.

Lo scorso 29 gennaio, il governo Conte II ha revocato la licenza di almeno 12.700 bombe della Rwm Italia che Riad impiegava per bombardare lo Yemen. È la prima volta che l’esecutivo revoca una licenza dall’entrata in vigore della legge 185 del 1990, che vieta la vendita di armi a paesi in guerra e in cui vengono commesse violazioni di diritti umani. È stata inoltre sospesa anche la concessione di altre nuove autorizzazioni. Risultato ottenuto anche grazie all’impegno della Rete italiana pace e disarmo e della Commissione Esteri del parlamento.

«Il rilascio delle licenze di esportazione è uno dei compiti che spettano all’Autorità nazionale Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento), incardinata presso il ministero degli Esteri» spiega Beretta. «Tuttavia proprio perché le esportazioni di armamenti devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia e vengono autorizzate nell’ambito delle direttive del Governo, la responsabilità politica di queste operazioni è del presidente del Consiglio» aggiunge.

Nei mesi scorsi sono state ricorrenti le voci che accreditavano Renzi per il ruolo di Segretario generale della Nato. «Ritengo più probabile – conclude Beretta – un incarico in Leonardo o in una azienda di stato. Non sarebbe il primo caso per un politico del Partito democratico che ha fatto parte del governo presieduto da Renzi». Basti pensare all’ex viceministro degli esteri Lapo Pistelli oggi director public affairs di Eni, ma anche Marco Minniti, sottosegretario di Stato con delega all’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica durate i governo Letta e Renzi, e ora a capo della Fondazione promossa da Leonardo “Med-Or”.

Se oggi il senatore fiorentino chiede cooperazione e aiuti con l’Africa, il suo mandato è stato caratterizzato, tra le altre cose, da un record di vendite di armi e attrezzature militari. Investimenti che non portano sviluppo ai paesi africani, ma lauti introiti alle casse delle aziende italiane italiane produttrici di armamenti.

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