Nel Mediterraneo, le pratiche per intercettare e rimpatriare le persone migranti partite dalle coste nordafricane sono sistematiche e brutali. La rete internazionale Alarm Phone, che offre soccorso in mare a chi è in difficoltà, ha raccolto le testimonianze di 14 sopravvissuti nel report “Mare Interrotto” denunciando le violenze perpetrate negli ultimi tre anni dalla guardia costiera tunisina su adulti e bambini in viaggio verso l’Europa.

«La nostra barca è partita verso le 5 del mattino. Eravamo 45 persone a bordo. Quando la guardia nazionale è arrivata avevano dei bastoni e ci hanno picchiati chiedendoci di fermarci [...]. Poi hanno messo acqua nella nostra barca creando delle onde. Noi svuotavamo l’acqua, ma loro ne aggiungevano altra. Così alla fine la nostra barca è affondata e tutti hanno iniziato a gridare. Eravamo tutti in acqua».

Il racconto di Sékou, partito ad aprile 2023 dal porto tunisino di Sfax, rivela una delle tecniche più utilizzate per far sbilanciare le imbarcazioni: la guardia costiera ruota con la propria motovedetta attorno alla barca, spesso altamente instabile, per poi speronarla provocando il naufragio delle persone a bordo.

Secondo le testimonianze raccolte, molte persone finite in mare dopo i ribaltamenti vengono lasciate annegare. Dieci compagni di viaggio di Sékou non sono mai stati ritrovati. Nel 2023, l’Unhcr ha registrato 3.160 persone morte o dichiarate disperse nel Mediterraneo, un numero che tuttavia non tiene conto delle vittime dei naufragi invisibili che non sono documentati. Abbandonati in mare per ore dopo aver subito aggressioni e minacce, le donne e gli uomini sopravvissuti devono affrontare i respingimenti forzati, spesso dopo aver assistito alla morte di parenti o amici.

È ciò che è successo a Fatoumata. Dopo aver lasciato la Guinea Conakry insieme alle proprie figlie per salvarle dalle mutilazioni genitali femminili, si è imbarcata di notte insieme a 37 persone. Quindici di loro sono morte dopo l’intervento dei guardacoste tunisini che hanno assaltato la barca su cui viaggiava, colpito ripetutamente il guidatore per costringerlo a fermarsi e fatto in modo che i passeggeri finissero in mare. Due delle sue bambine hanno perso la vita insieme ad altre 13 persone, annegate senza ricevere alcun aiuto, dice Fatoumata.

Percosse, spari, aggressioni con coltelli e spranghe, manovre pericolose e richieste di riscatto sono delle costanti nelle storie delle vittime ascoltate dagli attivisti di Alarm Phone. Chi non perde la vita in mare è costretto a salire a bordo delle motovedette tunisine sotto minaccia. In altri casi è l’unica cosa che resta da fare, spiega il report, che documenta anche i furti dei motori delle barche da parte dei guardiacoste.

«Quando hanno provato ad avvicinarsi, il capitano ha spento il motore. Le guardie costiere sono salite a bordo della barca e hanno rubato il motore. Poi sono andate in un’altra direzione per prenderne altri. Siamo rimasti più di 3 ore in acqua senza motore prima che un’altra barca della guardia costiera venisse a prenderci» racconta Lami.

Nonostante i pericoli e le violazioni dei diritti umani, le partenze dalle coste nordafricane non si fermano. Secondo Alarm Phone, il cosiddetto “spettacolo della frontiera”, attraverso cui le autorità statali mettono in scena una violenza che mira a dissuadere la mobilità dei migranti, «non è riuscito a scoraggiare queste decine di migliaia di persone che continuano coraggiosamente a esercitare la loro libertà di movimento».

Dall’inizio del 2024 sono circa 17.000 le persone che hanno raggiunto l’Italia partendo da Tunisia, Algeria e Libia. Un numero rimasto stabile negli ultimi due anni, a fronte di un incremento dei respingimenti operati dalla guardia costiera di Tunisi. Il Forum tunisino per i diritti economici e sociali sostiene che nel 2023 le autorità tunisine hanno impedito oltre 6.000 “tentativi di migrazione irregolare” e arrestato 80.000 migranti irregolari in partenza.

La strategia dei respingimenti della guardia costiera tunisina fa eco al modello libico e può contare sull’accordo d’intesa siglato un anno fa tra governo tunisino e Unione europea. Il patto, siglato il 16 luglio 2023, stabilisce una «partnership strategica e globale volta a combattere l’immigrazione irregolare e a stimolare i legami economici tra l’Unione e il paese del Nord Africa». Alla base di questo accordo ci sono 150 milioni di euro utilizzati anche per rafforzare la guardia costiera tunisina e intensificare le sue operazioni di sorveglianza.

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