Divisi tra il rischio di fallire e quello di alimentare focolai di Covid-19 che li riporteranno a chiudere, i gestori delle palestre in Italia aspettano con ansia che il governo fornisca loro le istruzioni sulla potenziale riapertura dei loro impianti annunciata dal governo.

L’annuncio

Per il momento, il governo è stato vago. Venerdì scorso, il ministro della Salute Roberto Speranza ha detto che «l’idea del governo» è che a partire dal primo di giugno «si possano attivare alcune attività connesse alle palestre». Una frase che ha acceso le speranze delle circa 5mila società che gestiscono palestre in Italia, che hanno trascorso per più di sette mesi nell’ultimo anno senza poter aprire, perdendo così i mesi migliori per i loro affari.

«Settembre e gennaio sono i mesi in cui le persone si iscrivono in palestra. In estate invece non c’è molto attività», dice Fabrizio Milone, titolare della società 02, che gestisce sette palestre a Cuneo e provincia. «Di fatto, da marzo dell’anno scorso abbiamo lavorato pienamente per un mese e mezzo».

Il timore è che lo stesso accada anche quest’anno, con una riapertura all’inizio dell’estate, quando di norma le persone non iniziano un percorso di fitness, preferendo iscriversi in palestra alla fine dell’estate. Ma non è il solo problema per i gestori.

Secondo le associazioni di categoria, il settore dello sport non agonistico, che oltre alle palestre comprende anche i gestori di impianti sportivi e le associazioni che promuovono lo sport, ha un fatturato di 10 miliardi di euro e impiega fino a un milione di persone.

Le regole

Per il momento il governo non ha esplicitato le regole e le restrizioni con cui consentirà la riapertura delle palestre. Ma i gestori temono che saranno severe.

Milone dice che al momento si parla di introdurre le stesse restrizioni in vigore alla riapertura del maggio scorso: accesso contingentato, niente utilizzo di spogliatoi e docce e nessuna attività di gruppo. «Riaprire con le stesse restrizioni dell’apertura del maggio dell’anno scorso dà l’idea di cosa sia fatto per questo settore: nulla».

Per avere ulteriori dettagli bisognerà aspettare il decreto riaperture, che il governo dovrebbe approvare questa settimana.

I rischi

Non sarà facile decidere il dettaglio delle regole. Come tutti i luoghi dove le persone si radunano al chiuso, le palestre rischiano di facilitare la diffusione del contagio. Focolai di Covid-19 scoppiati in centri fitness o impianti sportivi sono stati individuati, tra gli altri, negli Stati Uniti, in Corea del Sud e in Slovenia.

Distanziamento, areazione e riduzione nel numero di accessi sono tutti sistemi che permettono di ridurre questi rischi. Così come l’obbligo di indossare mascherine, che per quanto scomodo durante l’attività fisica, non è impossibile, come invece nei bar e ristoranti.

Ma di quest’ultima possibilità, dice Milone «in Italia non si è mai parlato».

I ristori

Anche i gestori di palestre lamentano una quantità insufficiente di aiuti economici per le loro chiusure forzate. «I ristori sono stati tendenzialmente inesistenti», dice Milone. Poche migliaia di euro insufficienti a coprire i costi fissi, dagli affitti alle imposte come la Tari, ai costi fissi di utenze come luce, acqua e gas.

Anche i 22 dipendenti della sua società in cassa integrazione hanno avuto difficoltà. Gli assegni per il primo lockdown hanno iniziato a essere pagati ad agosto, quelli per il secondo, iniziato a ottobre, soltanto a gennaio di quest’anno.

In queste condizioni, le associazioni di categoria temono che alla fine tra il 10 e il 30 per cento delle palestre saranno costrette a chiudere prima della fine di questa crisi.

 

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