L’attaccante belga può conservare il beneficio previsto dal decreto Crescita, già scattato ai tempi del trasferimento dal Manchester United all’Inter. Per questo era importante chiudere l’affare entro fine giugno
Il gol di Romelu Lukaku, per ora, è quello di aver chiuso l’affare prima possibile. Manca solo l’annuncio ufficiale, ma Inter e Chelsea hanno trovato l’accordo attraverso la formula del prestito oneroso. La firma dovrebbe arrivare a momenti. Così il centravanti può anche garantirsi lo sgravio fiscale del decreto Crescita, che vede giorno dopo giorno chiudersi la finestra temporale. Un vantaggio che, a conti fatti, può significare il risparmio di un paio di milioni di euro di Irpef, se davvero fosse confermata l’offerta intorno ai 10 milioni di euro di ingaggio all’anno.
La scadenza è fissata a fine giugno, la data cerchiata in rosso è esattamente il 30. Ma esserci arrivati prima è meglio per tutti. Perché tanta fretta? L’attaccante della nazionale belga può mantenere lo sgravio ottenuto fin dalla prima esperienza in Italia, con la maglia nerazzurra.
Il vantaggio
In quella occasione, dopo l’acquisto dal Manchester United, è stata sfruttata l’opportunità introdotta dal decreto varato all’epoca dal governo Conte bis per favorire il «rientro dei cervelli». C’erano i requisiti, ossia la residenza altrove, nei due anni precedenti all’arrivo, e l’impegno di risiedere sul territorio italiano, prestando prevalente attività lavorativa per almeno un biennio.
Adesso Lukaku deve approdare a Milano prima che scada il primo semestre del 2022, in modo da poter dimostrare di essere stato in Italia per almeno 183 giorni nell’anno solare (dagli ultimi giorni di giugno, appunto, alla fine dicembre): la soglia minima per conservare il benefit. E qui entra in gioco la data-termine del 30 giugno. Da questo punto di vista, la permanenza londinese di Lukaku equivarrebbe a una sorta di periodo di vacanza all’estero.
Un caso unico
Certo, si tratta di un ragionamento forzato, nei fatti non è così. Ma dalla sua parte avrebbe le carte ufficiali, visto che ha conservato la residenza fiscale italiana. In caso di fallimento dell’operazione nei tempi previsti, dovrebbe restituire quanto ottenuto in precedenza, non avendo rispettato il parametro dei due anni consecutivi di lavoro prevalente in Italia. Superato l’ostacolo, però, c’è un elemento ulteriore positivo per le sue tasche.
Essendo padre di un bambino potrebbe, per legge, estendere il beneficio per altri cinque anni. Se non volesse usufruire del “benefit genitori”, gli basterebbe comunque acquistare un immobile a Milano per garantirsi uno sgravio prolungato fino al 2028, quando compirà 35 anni. Con un bilancio di oltre 10 milioni di euro risparmiati nei versamenti Irpef.
C’è tuttavia un possibile nodo: l’Agenzia delle Entrate potrebbe contestare il tutto, invertendo una sua azione tradizionale. In genere, infatti, i funzionari del fisco inseguono gli italiani che hanno la residenza a Monaco o in Svizzera, contestando il fatto che vivono in gran parte in Italia. Insomma, Big Rom, soprannome dell’attaccante, potrebbe rappresentare un caso unico.
Il decreto crescita
Ma il decreto Crescita non è solo un’opportunità per il centravanti del Belgio, anzi. Il rientro dei cervelli, definizione data alla misura, è la vera gallina dalle uova d’oro per le squadre di calcio. Consente a tutti i lavoratori provenienti dall’estero di avere un regime agevolato dell’Irpef, che viene versata solo sul 50 per cento dell’imponibile, in questi casi con l’aliquota dello 43 per cento.
E con l’aggiunta di un ulteriore 0,5 nei casi dei calciatori, proprio vista la particolare condizione. Insomma, la misura del rientro dei cervelli, con il tempo, si è rivelato un grande affare per le società di calcio, dalla serie A fino alla Lega pro. Molte operazioni di mercato ne hanno beneficiato.
L’affare è ottimo sia per le società che per i singoli calciatori. Da un lato i club possono garantire un ingaggio netto più elevato, risparmiando qualcosa, mentre dall’altra parte gli atleti godono di una sensibile riduzione della tassazione. Stimabile, salvo elementi variabili come i bonus, in oltre un milione ogni cinque di ingaggio.
Una norma abusata
Di fronte a questo scenario, c’è stata la denuncia dell’Associazione italiana calciatori (Aic) sull’abuso della norma, a discapito dei vivai. Investire sui giovani era diventato poco conveniente. Per questo motivo il senatore del Partito democratico, Tommaso Nannicini, ha presentato un emendamento, poi approvato, al decreto Crescita, fissando qualche paletto in più.
Per ricevere lo sgravio bisogna che il giocatore abbia almeno venti anni e un ingaggio superiore a un milione di euro. In modo che non si prendano atleti a prezzi di saldo e si ottenga lo sgravio. «Abbiamo cercato di limitare una distorsione», dice Nannicini. La ragione, secondo il parlamentare del Pd, è che «non era più un incentivo, ma una droga al calciomercato.
Non c’è nessun intento autarchico, semplicemente la necessità di correggere qualcosa che non andava. Perché di fatto non c’era più alcun investimento sulla primavera delle squadre». In un primo momento, a Palazzo Madama si era addirittura pensato di cancellare la misura, ma le società di serie A sono insorte, chiedendo al massimo una correzione minima. Il compromesso è stato raggiunto, incontrando anche la soddisfazione dell’Aic. Per gli altri sport, come il basket, è stata invece individuata una soglia più bassa con l’ingaggio di 500mila euro.
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