Le grida di chiamata al «presente» e il braccio destro teso nel saluto romano sono manifestazioni che rimandano chiaramente al disciolto partito fascista e non sono solo la semplice commemorazione di un defunto.

Ha messo bene a fuoco la questione il giudice per l’udienza preliminare di Milano nelle motivazioni della sentenza che lo scorso settembre ha condannato a un mese e 10 giorni di reclusione cinque persone tra cui Francesco Polacchi, il proprietario della Casa editrice Altaforte, e il leader di CasaPound Gianluca Iannone per la violazione di un articolo legge Scelba che vieta le manifestazioni di stampo fascista.

La casa editrice Altaforte ha partecipato al Salone del libro di Torino scuscitando polemiche a non finire. In quell’occasione aveva portato il libro fresco di stampa «Io sono Matteo Salvini», insieme ad altri titoli dal sapore più nostalgico del ventennio. Alla fine la casa editrice era stata  esclusa alla vigilia dell’evento. Ma ora c’è un causa in corso, fatta da Altaforte contro il Salone. 

Intanto è arrivata la sentenza di Milano sulla manifestazione per ricordare Ramelli, con la condanna dell’editore e del leader di CasaPound.

Nelle motivazioni si legge che «la manifestazione è stata posta in essere col solo scopo di eseguire riti e gesti tipici del disciolto partito fascista con grandissima partecipazione emotiva di tutti i manifestanti» il giudice ha ripercorso la commemorazione 2019 dell'ex studente milanese Sergio Ramelli, morto il 29 aprile del 1975, che è all'origine di questo processo.

La manifestazione era organizzata da CasaPound, Lealtà Azione e Forza Nuova, tre delle maggiori forze politiche dell'estrema destra extraparlamentare e ha raccolto, secondo le stime, 1200 persone. Circa il doppio di quelle che avevano partecipato nel 2018, a dimostrare la crescita dei consensi attivi negli ultimi anni.

Erano presenti anche la senatrice di Fratelli d'Italia Paola Frassinetti e l'europarlamentare Carlo Fidanza, insieme ai consiglieri regionali Massimiliano Bastoni della Lega e Viviana Beccalossi, sempre di Fdi.

Polacchi e Iannone si sono difesi parlando di «commemorazione di un defunto». Una tesi ampiamente rigettata dal giudice.

Ramelli era un esponente del Fronte della Gioventù noto a Milano, rimasto vittima di un pestaggio che gli è stato fatale. Da allora la destra più radicale ed estrema milanese lo commemora ogni anno in città nel giorno del suo decesso con una messa e un saluto davanti al murales di via Paladini che lo rappresenta, nel quartiere di Città Studi.

Una commemorazione che negli ultimi anni è diventata sempre più solo il pretesto per ostentare la propria fede nelle ideologie fasciste e di destra.

Nel 2019, però, le cose hanno preso una piega inattesa e violenta: era stata autorizzata, come negli ultimi tre anni in forma statica, ovvero senza un vero e proprio corteo che avrebbe preso le sembianze di una vera e propria marcia agitando gli animi col rischio di scontri.

Una limitazione ritenuta troppo rigida dagli organizzatori che speravano di ottenere un allentamento dei controlli trattando con la polizia grazie all'intervento della Frassinelli.

Nel corso della manifestazione, però, un centinaio di persone, e tra loro Iannone, hanno rotto le consegne e si sono messe a correre insieme innescando anche la reazione della polizia che cercava di trattenerli. Ne è nato uno scontro che si è concluso con un militare colto da malore e tre poliziotti contusi.


 

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