- Negli stessi giorni della “spettacolarizzazione” andata in scena a Lampedusa, un gruppo di avvocati e operatori legali del progetto In Limine dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione si recava a Pantelleria, isola al centro della rotta dei migranti che dalla Tunisia cercano di raggiungere la Sicilia.
- Dal monitoraggio svolto è emerso che «nell’isola si replicano alcune delle prassi lesive dei diritti dei cittadini stranieri connaturate allo stesso approccio hotspot in una condizione di sostanziale invisibilità».
- Sono venute a galla, infatti, violazioni basilari di diritti umani, ora messe nero su bianco dai giuristi in un report, di cui Domani può svelare i contenuti in esclusiva.
Dall’inizio del mese di maggio ad oggi a Lampedusa sono approdate oltre 3.000 persone e, nella notte tra il 9 e il 10 maggio, l’unico centro di identificazione hotspot presente sull’Isola ha registrato la presenza di 1.700 persone, a fronte di una capienza di 250, secondo i dati forniti dall’osservatorio sulle migrazioni di Mediterranean Hope, il programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.
Negli stessi giorni un gruppo di avvocati e operatori legali del progetto In Limine dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione (Asgi) si recavano a Pantelleria, l’isola sempre della Sicilia che nell’anno appena trascorso ha assistito a un numero significativo di arrivi di migranti sulla propria costa, al centro della rotta Tunisia-Sicilia. Una piccola isola di cui non si parla mai. Pantelleria si trova a circa 50 chilometri dalle coste tunisine, ugualmente importante come Lampedusa per comprendere le dinamiche migratorie, soprattutto, in riferimento alle politiche applicate dai governi.
Per verificare se anche a Pantelleria operino meccanismi informali di gestione degli ingressi assimilabili al così detto approccio hotspot, cioè se sono in vigore dispositivi di classificazione e selezione rapida e informale dei cittadini stranieri fondati sul loro confinamento, la detenzione e la limitazione nell’accesso alle informazioni e al diritto di asilo, i giuristi di In Limine hanno incontrato le autorità competenti del territorio, tra cui il sindaco, la prefettura di Trapani e l’associazione Misericordia che gestisce in convenzione con il Comune l’unico centro di accoglienza dell’isola.
Dal monitoraggio svolto dagli operatori è emerso, da subito, che «nell’isola si replicano alcune delle prassi lesive dei diritti dei cittadini stranieri connaturate allo stesso approccio hotspot in una condizione di sostanziale invisibilità». Sono emerse, infatti, violazioni basilari di diritti umani, ora denunciate dai giuristi in un rapporto ancora inedito.
Arrivi in aumento
Secondo i dati forniti dalla prefettura di Trapani sono stati 1.772 i cittadini stranieri transitati dal “centro di accoglienza” di Pantelleria nel periodo compreso tra gennaio 2020 e l’11 dicembre 2020. Tra questi, 1.758 sono cittadini tunisini. Negli ultimi sei mesi, invece, in 430 sono sbarcati a Pantelleria, di cui 426 tunisini, 3 algerini e un marocchino. «Si tratta di un incremento particolarmente significativo se si considera che nel periodo dal primo agosto 2019 all’11 dicembre 2020, sono stati 2.119 i cittadini stranieri transitati sull’isola», hanno spiegato i giuristi, che nel rapporto descrivono le condizioni materiali del centro di prima accoglienza dove i migranti sbarcati vengono accolti: «È un luogo che di fatto è molto difficile definire un centro di accoglienza. Si trova all’interno dell’ex-caserma Barone che è di proprietà del Ministero della Difesa, si estende su un perimetro di piccole dimensioni all’interno di un piccolo edificio di cemento. È circondato da una rete metallica che delimita tutta l’area ex militare. Tutta l’area si trova in forte abbandono».
Isolamento e sovraffollamento
I giuristi di In Limine, dopo aver visitato il centro di accoglienza di Pantelleria, hanno raccontato a Domani: «La struttura ha una disponibilità di 20/25 posti e si trova in un piccolo edificio dotato di due locali, le cui condizioni sono apparse fatiscenti. Le persone, infatti, sono alloggiate su materassi che sono apparsi usurati. Il centro dispone ordinariamente di un servizio igienico dotato di due lavandini e una doccia, caratterizzandosi per un utilizzo promiscuo dello stesso, in assenza di considerazioni relative alle differenze di età».
Annapaola Ammirati, operatrice legale che è appena tornata da Pantelleria, spiega: «Le istituzioni locali con cui abbiamo interloquito hanno riferito che il centro ha attraversato situazioni di frequente sovraffollamento, in alcune occasioni è arrivato anche a 100 persone». Ammirati aggiunge: «È capitato che venissero ospitati lì dentro anche minori non accompagnati e, da quanto ci è stato riferito, nonostante il centro sia attrezzato esclusivamente per una primissima accoglienza, talvolta la permanenza, che si aggira in media intorno ai 2/3 giorni, è durata anche una settimana ed eccezionalmente ha raggiunto anche dieci giorni».
Pianeta hotspot
«Per ciò che riguarda le procedure che vengono attuate nell’isola quando le persone arrivano, queste si caratterizzano, di fatto, per la messa in atto di pratiche lesive dei diritti dei cittadini stranieri», dice Loredana Leo, avvocata dell’Asgi, anche lei di ritorno da un monitoraggio a Pantelleria. Leo, inoltre, spiega il metodo con cui vengono divisi per categorie i migranti: «Abbiamo riscontrato la stessa classificazione informale dei cittadini stranieri, utilizzata nell’ambito dell’approccio hotspot, a Lampedusa, per esempio, abbiamo osservato nel corso del tempo prassi differenziate adottate nei confronti di cittadini di determinate nazionalità, soprattutto tunisini, che, in vari casi, hanno avuto l’effetto di ostacolare per queste persone l’accesso alle procedure di riconoscimento della protezione: dall’accesso differenziato alle informazioni sulla normativa, alla difficoltà vera e propria di registrare le domande».
Nel report del progetto In Limine, legge, infatti, che «sebbene il centro non sia operativo come hotspot vengono implementate alcune procedure tipiche di quell’approccio quali, appunto, la pre-identificazione attraverso la compilazione del foglio notizie, strumento che in tale circostanza acquisisce una funzione di preselezione della condizione giuridica».
Trattenuti e respinti
Con l’effetto che «da gennaio 2020 all’11 dicembre 2020 su 1.763 fogli notizie somministrati ai cittadini stranieri sono state presentate 7 manifestazioni di volontà per la richiesta di protezione internazionale». Più in generale, si legge ancora nel rapporto, che «dai colloqui svolti è apparsa inadeguata, se non del tutto assente, l’attività di informazione e di assistenza legale ai cittadini stranieri, anche alla luce dell’assenza di personale specializzato. Tutto sarebbe rimandato successivamente al trasferimento a Trapani».
La procedura attuata prevede che i cittadini stranieri vengano condotti al porto di Pantelleria con autobus di linea, scortati dalle forze dell’ordine, per poi essere trasferiti a Trapani attraverso motovedetta della Guardia Costiera, motovedette militari o nave di linea a seconda delle esigenze logistiche. E, da qui, gli stranieri vengono trasferiti in altre strutture una volta che sono di nuove terminate le procedure di identificazione.
Ma a Trapani alle persone viene somministrato un nuovo foglio notizie. Con la possibilità di presentare domanda di protezione internazionale. Chi invece non riesce a presentare la domanda, perché non informato adeguatamente, neppure a Trapani, spesso, però, finisce in un Cpr, un centro per i rimpatri.
Come è accaduto tra il primo agosto del 2020 e l’11 dicembre dello scorso anno a 380 persone che erano sbarcate a Pantelleria. L’altra Lampedusa, dove i giuristi hanno segnalato l’esclusiva e stabile presenza di Frontex, l’Agenzia europea della frontiere, attraverso la presenza di due operatori. Sono assenti, invece, le agenzie che dovrebbero garantire i diritti alla protezione internazionale a che sbarca nell’isola, porta d’Europa che non fa notizia.
© Riproduzione riservata