Da tempo è in atto un processo di scomposizione che ha reso i dolci, anche i più tradizionali, come il tiramisù o il cannolo siciliano, parti isolate di un piatto d’autore che punta a stupire o, forse, a innovare. Ma per alcuni è una tendenza “un po’ passata”
Il dolce è il peccato di gola a cui è difficile rinunciare, l’ultimo piatto che resta nella memoria di un pranzo o di una cena consumata al ristorante, la voglia da soddisfare quando l’umore tende a calare. Da tempo è in atto un processo di scomposizione che ha reso i dolci, anche i più tradizionali, come il tiramisù o il cannolo siciliano, parti isolate di un piatto d’autore che punta a stupire o, forse, a innovare.
Per meglio indagare su questa pratica che ha ritrovato nella pasticceria un luogo fecondo dove crescere abbiamo interpellato tre pasticceri per comprendere attraverso le proprie esperienze da dove nasce questa tendenza.
Ricomporre
Isabella Potì, pastry chef del ristorante una stella Michelin Bros di Lecce, ha bruciato le tappe della sua giovane carriera, riuscendo a conquistare un posto nell’Olimpo dei “grandi”, collezionando una popolarità che le ha permesso di intraprendere collaborazioni televisive e pubblicitarie degne di nota.
Secondo Isabella, «l’idea di scomporre i dolci è qualcosa che abbraccia tutta la cucina e non solo i dessert, anche se è una tendenza un po’ passata. L’idea di realizzare il piatto in maniera scomposta deriva dalla prima fase della nouvelle cuisine, basti pensare al raviolo scomposto dello chef Gualtiero Marchesi».
Potì parla di una tendenza ormai superata, che ha permesso di portare sempre più avanti i tecnicismi della nuova cucina, anche se per lei quello che conta oggi è «riuscire a ricreare un dolce partendo dagli ingredienti tradizionali piuttosto che scomporlo, per preparare un tiramisù ad esempio non si utilizzerà il savoiardo, ma una spugna cotta al microonde o un biscotto».
L’essere diventata mamma l’ha cambiata, «Sarebbe una bugia affermare il contrario», riferisce Isabella, oggi il tempo per lei ha una nuova importanza e lo gestisce in maniera diversa rispetto al passato.
Se prima c’era solo il ristorante oggi dosa il tempo come un ingrediente fondamentale per bilanciare la sua vita.
La maternità le ha portato una maggiore sensibilità verso la questione delle intolleranze, la scoperta della celiachia per suo figlio ha amplificato questa attenzione, che ha riversato completamente nei suoi piatti. Per Potì non esiste un dolce ideale e il cioccolato non è di certo tra le materie prime che utilizza per le sue creazioni. «Il dolce deve soddisfare senza stravolgere, facendo attenzione alla percentuale di zucchero adoperato, a me piace mixare sapori dolci a quelli più acidi».
Il dessert segna la fine di un pasto ed è il piatto che meglio resta nei ricordi di chi lo assaggia: questo aspetto potrebbe creare nel pasticcere una dose di responsabilità ulteriore, ma per Isabella Potì il problema è nella difficoltà a intercettare dei bravi pasticceri e che spesso questi non collaborano con lo chef che realizza la parte salata del menù. «Dobbiamo saper essere polivalenti, infatti io non sono unicamente pasticcera», afferma Isabella.
Il futuro non la spaventa anzi è uno stimolo per continuare a crescere e il pensiero verso i suoi figli è l’elemento motivazionale che la spinge a lavorare di più e ancora meglio e «a quando sono diventata mamma non ho avuto stop nel lavoro ma vado avanti con l’obiettivo di aumentare il mio business».
L’uso delle consistenze
Eustachio Sapone, 47 anni e 30 di questi spesi ad assecondare la propria passione per la pasticceria. Inizia con lo chef Gualtiero Marchesi per scoprire in corso d’opera che la pasticceria è la strada da seguire.
Riesce ad affiancare nel suo laboratorio uno dei più grandi pasticceri italiani, il padovano Luigi Biasetto, che gli permette di apprendere e affinare le tecniche della pasticceria.
Dopo tanto peregrinare decide di tornare nella sua terra d’origine, la Puglia, precisamente ad Acquaviva delle Fonti, dove realizza la sua pasticceria artigianale. Interpellato sulla moda di scomporre i dolci Eustachio afferma: «La tendenza a scomporre i dolci è una pratica utilizzata nella ristorazione di medio livello perché permette di giocare con consistenze differenti e facilita la composizione del dolce stesso, sopperendo così alla mancanza di personale specializzato. Oggi assistiamo a un abuso di questa pratica che denota poca creatività». Secondo Eustachio ricreare un dolce è possibile attraverso l’uso delle consistenze, bilanciando zuccheri e parte acida.
«Oggi ci troviamo in un momento di transizione con pochi addetti specializzati e per il futuro si prediligerà sempre più la qualità. I reality show come Masterchef hanno conferito a chef e pasticceri una dignità lavorativa di cui in passato non godevano, questo ha fatto avvicinare tanti giovani a questo mondo, ma alla fine sono pochi quelli che hanno deciso di continuare». Questo il pensiero del pastry chef Eustachio Sapone nei confronti dell’evoluzione della professione a cui appartiene.
La materia prima
Federico Prodon ha realizzato un cambio di vita che nel giro di dieci anni l’ha portato dalla finanza alla pasticceria.
Il terzo posto guadagnato al programma tv Bake Off Italia gli ha regalato una popolarità inaspettata, che ha utilizzato per assecondare finalmente quella passione per la pasticceria che da troppi anni aveva represso. Oggi guida nella Capitale ben tre locali che, dalla colazione al gelato, accompagnano il cliente con un’elegante dolcezza. La continua ricerca della materia prima lavorata in purezza, seguendo i canoni della pasticceria elementare, è sicuramente il suo tratto distintivo. Ama i dolci della tradizione italiana e gli piace rivisitarli conferendogli un’estetica più moderna, di chiara ispirazione francese.
Ammette di aver fatto ricorso, talvolta, alla tecnica della scomposizione, poiché «è bello ricreare scomponendo le materie prime, ma ottenendo lo stesso gusto al palato». Pur non essendo per lui un metodo imprescindibile, nelle vetrine delle sue pasticcerie si possono comunque ammirare le sue “scomposizioni”.
Secondo Federico, scomporre vuol dire rendere il gusto più “essenziale”, senza voler innovare, poiché l’innovazione arriva proprio dall’abilità con cui si scompone l’ingrediente: «Scomporre i dolci è una pratica utilizzata da chi vuol far vedere che ha una conoscenza della materia prima molto profonda e che pertanto diventa un divertimento anche per lo stesso professionista».
Per Federico i dolci a base di cioccolato sono quelli che preferisce mangiare, anche se il suo dolce preferito resta sempre il Montblanc.
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