Il racconto di Damian Czarnecki, ragazzo polacco che lavora come mozzo a bordo dell’imbarcazione della Ong tedesca Sea Watch, sequestrata e bloccata da mesi nel porto di Palermo: «Mi piacerebbe continuare a lavorare con questo equipaggio e partire per una missione appena possibile»
- Se fosse per me, resterei su questa nave per sempre. Mi occupo di riparazioni e lavori che servono per preparare la nave affinché possa accogliere al meglio le persone soccorse con i bagni, le docce, le tende che stiamo allestendo.
- Facciamo del nostro meglio perché la nave sia pronta a salpare appena possibile, ma ovviamente nessuno è contento, nel frattempo, di essere bloccato in porto.
- Ascoltiamo le notizie dei soccorsi effettuati dalle poche altre navi umanitarie che possono attualmente operare e ci chiediamo: perché noi no? Tante persone muoiono in mare senza che nessuno intervenga in loro aiuto.
Prosegue la pubblicazione del “Diario di bordo” dalla Sea Watch 4, la nave dell’omonima Ong tedesca che presta soccorso ai migranti. Per leggere tutte le puntate, a mano a mano che saranno pubblicate, si può tenere d’occhio questa pagina.
Se fosse per me, resterei su questa nave per sempre. Questa non è certo la mia prima esperienza lavorativa come marittimo, ma qui mi sono trovato a fare parte di un team veramente affiatato, che porta avanti un lavoro di squadra eccezionale. Mi piacerebbe continuare a lavorare con questo equipaggio e partire per una missione appena possibile.
Quando ho saputo che Sea-Watch cercava personale di bordo, ho deciso subito di candidarmi. Avevo appena concluso i miei studi all’Università Marittima di Szczecin, in Polonia, e avevo già lavorato su altre navi. Sono arrivato a Palermo a fine dicembre e ho trascorso il Capodanno in isolamento a bordo, per via delle misure anti-Covid. È stata una serata semplice ma molto speciale: abbiamo mangiato spaghetti alla bolognese e guardato i fuochi d’artificio della città dal ponte della nave.
Il mio lavoro qui è quello del mozzo. Mi occupo principalmente di riparazioni, lavori di costruzione, scrostare la ruggine, ridipingere, rimuovere attrezzature di cui non abbiamo bisogno per liberare spazio. Tutte queste modifiche sono necessarie per preparare la nave affinché possa accogliere al meglio le persone soccorse con i bagni, le docce, le tende che stiamo allestendo.
C’è sempre tanto da fare ma il capitano e gli ufficiali di bordo sono estremamente attenti alla sicurezza dell’equipaggio e questo mi fa sentire particolarmente a mio agio. Non sempre capita quando si lavora sulle navi. Il momento preferito della mia giornata è la prima riunione del mattino, in cui ci ritroviamo tutti insieme per parlare dei lavori da svolgere e delle esercitazioni da completare.
Ogni giorno, a turno, alla fine del meeting, un membro dell’equipaggio spiega a tutti un aspetto tecnico delle mansioni di sua competenza, che gli altri potrebbero non conoscere. Quella è la parte che mi piace di più. Sono un marinaio e conosco i diversi aspetti relativi alla gestione di una nave, ma per me è come un ripasso, un momento in cui posso concentrare la mia attenzione su cose che magari avevo lasciato da parte.
Nella riunione in cui è toccato a me parlare, invece, ho spiegato l’utilizzo del materiale pirotecnico di soccorso, come i fumogeni di segnalazione. Noi facciamo del nostro meglio perché la nave sia pronta a salpare appena possibile, ma ovviamente nessuno è contento, nel frattempo, di essere bloccato in porto.
Ascoltiamo le notizie dei soccorsi effettuati dalle poche altre navi umanitarie che possono attualmente operare e ci chiediamo: perché noi no? Tante persone muoiono in mare senza che nessuno intervenga in loro aiuto. Per questo ci sarebbe bisogno anche di noi.
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