La testimonianza di Elena Müller, chef professionista salita come volontaria a bordo di una delle navi della Ong tedesca Sea Watch: «La cucina è diventata un rifugio anche per altri membri dell’equipaggio»
- La chef Elena Müller è a bordo della Sea Watch 4, la nave dell’omonima Ong tedesca che presta soccorso ai migranti. «Non avevo idea di cosa significasse fare la cuoca in una nave»
- «Lavorare in nave, con gli spazi ridotti e una scelta di pentole e altri utensili meno variata rispetto a quella delle cucine dei ristoranti, può essere stancante ma mi sento fortunata a coprire questo ruolo»
- Non è una situazione facile per l’equipaggio: essere bloccati in porto mentre in mare le persone muoiono. Ma non capita tutti i giorni di poter lavorare con persone che hanno i tuoi stessi valori e ideali
Prosegue la pubblicazione del “Diario di bordo” dalla Sea Watch 4, la nave dell’omonima Ong tedesca che presta soccorso ai migranti. Per leggere tutte le puntate, a mano a mano che saranno pubblicate, si può tenere d’occhio questa pagina.
Quando sono salita a bordo della nave Sea Watch 4, tre settimane fa non avevo idea di cosa significasse fare la cuoca in una nave. Eppure sono una chef professionista, abituata ai ristoranti e agli eventi. Ma qui è diverso: ci sono 20 persone a bordo e devo farle felici ogni giorno scegliendo un menù che vada bene a tutti.
Ne sono contenta. È divertente, anche se può essere complicato. La parte più difficile è, ogni due settimane, fare gli ordini. Cerco di inserire una gran varietà di ortaggi, in modo da poter cucinare piatti variegati fino all’ordine successivo. Di solito abbozzo il menù della settimana la domenica, che è anche il mio giorno libero, ma poi ogni mattina, dopo la riunione delle otto, vado in cucina ad aggiornarlo e mi metto subito al lavoro.
Il pranzo è a mezzogiorno e mezza, la cena alle sette e mezza di sera e inizio a lavorarci verso le quattro del pomeriggio. Lavorare in nave, con gli spazi ridotti e una scelta di pentole e altri utensili meno variata rispetto a quella delle cucine dei ristoranti, può essere stancante ma mi sento fortunata a coprire questo ruolo, che mi consente di rifugiarmi in cucina e concentrarmi sul cibo nei momenti più difficili.
Non è una situazione facile, questa, per l’equipaggio di Sea Watch 4: essere bloccati in porto mentre in mare le persone muoiono. A volte, a seconda delle informazioni che ci arrivano, a bordo si respira delusione e frustrazione. Quando questo accade, io posso concentrarmi sulla cena che devo preparare e liberare la mente.
Penso che la cucina sia diventata un rifugio anche per altri membri dell’equipaggio. Molti si offrono di aiutarmi. Il tecnico informatico, per esempio, ogni tanto mi chiede di poter pelare le patate. Altri vogliono cucinare o insegnarmi a preparare i loro piatti preferiti. La settimana scorsa ho imparato a preparare le melanzane alla parmigiana.
Cerco di variare il menù il più possibile e di accontentare tutti a turno. Uno fra i piatti che riscuotono più successo è il babaganoush, anche quello a base di melanzane che, mi sono accorta, piacciono molto. Se qualcuno deve lasciare la nave, poi, chiedo sempre cosa desideri come “ultimo pasto”.
Quando sono venuta qui dalla Germania non stavo lavorando a causa del Covid e, appena ho saputo che Sea Watch cercava un volontario che cucinasse sulla nave, mi sono precipitata.
Resterò fino a Natale e spero di poter tornare quando Sea-Watch4 sarà finalmente libera di effettuare missioni. Non desidero cucinare a bordo di nessun’altra nave ma qui è diverso: non capita tutti i giorni di poter lavorare con persone che hanno i tuoi stessi valori e ideali.
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