Bocciato dalla commissione Bilancio della Camera l’emendamento alla legge di Bilancio della ministra dei Trasporti Paola De Micheli (Pd) per allungare di 30 anni la concessione della A22 Modena-Brennero in mano all’Alto Adige. La pretesa dei Benetton e dei soci privati
- La concessione dell’Autobrennero A22 è scaduta nel 2014. La ministra De Micheli (Pd) voleva che restasse per altri 30 anni in mano all’Alto Adige e agli enti locali di Trento e Bolzano.
- Aveva presentato a questo scopo un emendamento alla legge di Bilancio 2021 per consentire la liquidazione dei soci privati. La manovra è stata bocciata dalla commissione Bilancio della Camera.
- In precedenza De Micheli aveva riconosciuto alla società pubblica di gestione 4 proroghe della concessione in 8 mesi, una in media ogni 60 giorni.
Povera Paola De Micheli, da ministra dei Trasporti ce l'ha messa tutta per allietare il Natale a un concessionario autostradale con l'ennesimo regalo. Arrivata a un passo dal traguardo, la sua intenzione è però sfumata: tutto da rifare. Questa volta il beneficiario non sarebbe stato un soggetto privato, ma una pluralità di soggetti pubblici, la Regione Trentino Alto Adige, i comuni e le province di Trento e Bolzano, cioè i soci di maggioranza della società concessionaria dell'A22-Autobrennero, 315 chilometri da Modena fino al confine con l'Austria.
Il regalo era confezionato sotto forma di emendamento alla legge di Bilancio 2021, una norma congegnata in modo tale da facilitare i soci pubblici di maggioranza nella liquidazione dei soci privati di minoranza. Un'operazione necessaria per il raggiungimento di un duplice obiettivo: allungare di 30 anni la concessione scaduta nella primavera di 6 anni fa senza passare per le forche caudine di una gara pubblica per l'individuazione del nuovo gestore.
La Corte dei conti e l'Antitrust hanno più volte sollecitato i governi a indire la gara, ma è proprio la gara che la Regione Trentino Alto Adige e gli enti locali vogliono evitare come la peste. La ministra De Micheli (Pd) è dalla loro parte, ma è arrivato il terzo incomodo. La commissione Bilancio della Camera ha dato parere negativo all’emendamento della ministra e la manovra a favore della A22 sembra finita in un vicolo cieco.
Da quando si è insediata De Micheli si è data molto da fare per escogitare una soluzione per la ingarbugliatissima vicenda dell'Autobrennero. Prima di provarci con la legge di Bilancio aveva concesso 4 proroghe della concessione in otto mesi, più una superproroga speciale di dieci anni richiesta all'Unione europea, respinta però con una motivazione secca di nemmeno 30 righe.
La prima proroga risale al 27 dicembre di un anno fa con la legge di Bilancio (termine della scadenza fissato al 30 giugno), la seconda è del 24 aprile (scadenza 30 settembre). La terza e quarta proroga sono gemelle, appaiono nello stesso atto del 14 agosto, la prima inserita in un decreto con scadenza al 30 novembre, la seconda nell'atto di conversione in legge con allungamento fino al 29 dicembre.
Il feudo Svp
Tanto accanimento per blindare in mano alla Regione Alto Adige e agli enti locali la concessione dell'Autobrennero non è una bizzarria, ma ha i suoi buoni motivi. Primo: la A22 è un feudo dell’Alto Adige e del suo partito guida, la Svp, i cui voti sono spesso determinanti a Roma per far sopravvivere i governi italiani, così come sta accadendo anche ora, in particolare al Senato.
Secondo motivo: la Regione Trentino Alto Adige (32,2 per cento del capitale della concessionaria), i comuni e le province di Trento e Bolzano (insieme il 23,9 per cento) hanno in mano la società con il 56,1 per cento e per loro l'autostrada è un pozzo di San Patrizio di soldi. Qualche esempio: l'ultimo bilancio dell'Autobrennero è stato chiuso con 80 milioni di euro di utili su un fatturato di circa 400 milioni (i pedaggi pagati al casello da auto e camion).
Ancora: nonostante la concessione sia scaduta da sei anni, la concessionaria ha continuato a incassare i pedaggi e a macinare utili come se niente fosse (in totale 400 milioni di euro circa fino al 2019), nonostante la legge lo vieti. Quei soldi ora sono oggetto di un contenzioso con lo Stato anche se la società di gestione della A22 fa finta di niente e in bilancio non ha accantonato neanche un euro per far fronte all’eventualità che quei soldi debba restituirli.
Il gruppo Gavio di fronte a una situazione simile ha accantonato di sua iniziativa la bellezza di 224 milioni di euro. Infine il Fondo Ferrovia, un tesoro messo da parte per legge fin da quando fu istituito nel 1998, dato in custodia alla società della A22 e che è arrivato alla ragguardevole cifra di 800 milioni. Per legge quei soldi dovrebbero servire per finanziare il tunnel ferroviario del Brennero.
Le pretese dei soci privati
I ministri che avevano preceduto la De Micheli avevano provato a risolvere in maniera un po’ meno goffa la faccenda dell’A22 tenendo però sempre fisso l’obiettivo di sbarrare l'ingresso agli estranei. L’ex ministro Graziano Delrio era riuscito a strappare all’Europa un’autorizzazione importante dal suo punto di vista: Bruxelles non avrebbe bocciato l’allungamento della concessione addirittura di 30 anni a patto che la concessionaria fosse diventata interamente pubblica.
Oggi dentro la compagine azionaria ci sono anche i privati (l'autostrada Serenissima dei Benetton attraverso la spagnola Abertis e il fondo infrastrutturale Cis) che hanno poco più del 14 per cento e contano praticamente zero, ma a fine anno incassano dividendi a cui non intendono rinunciare.
Sono anni che la regione e partner pubblici cercano di liquidare i privati ai quali stavano offrendo tra 160 e 200 milioni di euro, fino a che un anno fa la Corte dei conti di Trento ha detto che quella cifra era spropositata e il prezzo congruo sarebbe stato 70 milioni. Da allora è una rissa di tutti contro tutti.
Litiga perfino il fronte dei «padroni», regione e enti locali. Arno Kompatscher, presidente Svp della provincia di Bolzano vuole estromettere i privati per ottenere l'allungamento della concessione per 30 anni. Il presidente leghista della provincia di Trento, Maurizio Fugatti, è di altro avviso e pur di avere una proroga di almeno dieci anni è disposto a tenersi i privati. Con Fugatti stanno i soci pubblici minori: Verona, Mantova e Modena.
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