- Il critico Vittorio Sgarbi è indagato per associazione a delinquere e falso nell’autenticazione di opere d’arte, il 30 giugno il tribunale di Roma decide per il rinvio a giudizio.
- Secondo gli inquirenti, Sgarbi incontra Marta Massaioli, considerata il cuore dell’associazione a delinquere, e inizia a firmare in maniera sbrigativa una serie di fogli, «senza cura e attenzione», mentre parla al cellulare.
- In questo articolo Vittorio Sgarbi sostiene: «Non dovrebbe essere difficile capire, come per un'opera di Raffaello o di Morandi, che le fotografie e le schede da me firmate corrispondevano a opere, e nel caso di De Dominicis, a concetti di opere».
Come si fanno le perizie di opere d'arte? Non chiedetelo a un critico come me, che ne ha fatte tante. Chiedetelo ai carabinieri, che hanno scambiata per buona, come opera di Leonardo, la Tavola Doria, esposta al Quirinale, ridicolizzando il presidente Napolitano, e ora, a conferma della mia denuncia, esiliata in Casentino, al castello di Poppi (dagli Uffizi che non la vogliono) ed esposta con il nome del pittore più lontano da Leonardo, il minore Francesco Morandini, allievo del Vasari. E che dire del falso Goya, recuperato dai carabinieri di Ancona, in grande spolvero, e sconfessato dalla Soprintendenza?
Alcuni carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale, sono stati utilizzati da una magistrata per scoprire con quale metodo io elaboravo perizie di opere immateriali, ovvero perizie di concetti. Avete presente l'orinatoio di Duchamp? Lo si può trasportare su un autobus? Evidentemente sì. Questo dimostra che è falso.
E si può firmare una perizia di un'opera conosciuta, in piedi invece che seduti, in un albergo invece che a casa, con l'assistente in ginocchio, mentre voi rispondete al telefono? L’implacabile foto dei carabinieri dimostra che voi state scrivendo cose non vere. Queste le conclusioni di una indagine che ha portato al sequestro, nel 2012, di più di ottanta opere di Gino De Dominicis, tutte perfette e autentiche, della grande collezione Luigi Koelliker, e numerose altre di storici mercanti e amici dell'autore, tutte di certa provenienza, da me e da veri esperti, come Duccio Trombadori e Francesco Villari, conosciute e viste, in case e collezioni.
Artista e anartista
Non trovando l'inesistente falsario, i carabinieri hanno cercato il critico. E la giudice trae scandalizzata le sue conclusioni: «L’operazione di expertise è avvenuta senza una visione diretta delle opere, ma al massimo attraverso una riproduzione fotografica delle medesime, in maniera del tutto inusuale, ovvero nella hall di un albergo, con la richiedente seduta in ginocchio (sic!) di fronte a Sgarbi Vittorio, il quale firma le schede delle opere (sapeste come sto scrivendo quest'articolo, pur logico, seduto sul cesso) che di volta in volta vengono estratte dal raccoglitore... In un frangente, viene addirittura ripreso Sgarbi Vittorio che, mentre parla al telefono, continua a firmare, in modo superficiale, senza cura e attenzione, le schede delle opere di De Dominicis». Veramente incredibile!
De Dominicis, con sorriso beffardo, avrebbe spiegato il suo procedimento creativo, attraverso le parole di Marcel Duchamp: «Io mi definisco anartista invece di artista, o meglio ancora, respiratore. La mia attività consiste, semplicemente, nel vivere». E ancora: «Io penso che le cose non esistano. Un bicchiere, un uomo, una gallina per esempio, non sono veramente un bicchiere, un uomo, una gallina, sono soltanto la verifica delle possibilità di esistenza di un bicchiere, di un uomo, di una gallina. Perché le cose possano esistere bisognerebbe fossero eterne, immortali. Solo così cesserebbero di essere unicamente la verifica di certe possibilità e diverrebbero cose esistenti».
La magistrata si stupisce dell'ovvio: «La presunta opera d'arte sostanzialmente incustodita e senza alcuna particolare cautela viene imbarcata nel vano bagagli di un autobus che da Macerata arriva a Roma». Per il giudice è un «ulteriore suggello dalla inverosimiglianza della autenticità dell'opera», insieme alle valutazioni della consulente della procura, la stessa Isabella Quattrocchi smentita dai carabinieri del Ros sui dipinti di Modigliani. Cosa dire, allora, di chi sposti, sulla sua automobile, da una casa all'altra, un'opera di De Chirico? Che è imprudente o che il dipinto è falso?
Non dovrebbe essere difficile capire, come per un'opera di Raffaello o di Morandi, che le fotografie e le schede da me firmate corrispondevano a opere, e nel caso di De Dominicis, a concetti di opere (mai da lui materialmente realizzate), da me conosciute, e spesso di collezionisti che inviavano le fotografie per farle schedare nell'Archivio. Talvolta avevano avute le opere o i disegni da Gino, quando viveva ancora ad Ancona, ed erano invenzioni allegre e ingenue. Nessuno mi ha mai forzato, o cercato di orientarmi, su una materia familiare e concettuale, e il mio giudizio era, come è, assolutamente indipendente. Nel mio archivio telefonico ci sono foto di opere non periziate perché io non ero convinto, e i proponenti rispettavano le mie riserve.
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