Iniziati gli interrogatori dei non indagati tesserati delle società sportive. Il mister neroazzurro è stato il primo. L’inchiesta sui rapporti tra tifo organizzato e clan prosegue
Dopo gli ultrà, che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, ora tocca ai tesserati di Inter e Milan. Il primo a essere sentito in qualità di testimone è stato l’allenatore dell’Inter, Simone Inzaghi. Si è presentato in un ufficio periferico della polizia a Milano mercoledì 9 ottobre in mattinata. Evitata la Questura per non dover affrontare i cronisti che presidiavano quell’ufficio.
Dopo di lui nei prossimi giorni verranno ascoltati anche il vicepresidente Zanetti, Materazzi e il capitano rossonero Calabria, mentre al termine della sosta del campionato per le nazionali dovrebbero essere convocati anche il centrocampista nerazzurro Calhanoglu e l’ex Skriniar. Nel frattempo, vista la delicatezza delle indagini, per il procuratore Paolo Storari, che con la collega Sara Ombra ha in mano il fascicolo, è stata disposta per almeno sei mesi una scorta di quarto livello.
I club dovranno chiarire i loro legami con gli ultrà. Nessun tesserato è indagato, ma se da una parte è stato aperto un procedimento di prevenzione nei confronti delle due società – in cui dovranno dimostrare di aver spezzato i rapporti «di sudditanza» con il mondo del tifo organizzato, con il rischio di finire in amministrazione giudiziaria – dall’altra le loro testimonianze saranno utili per ricostruire un quadro criminale che con il calcio ha poco a che fare.
I biglietti e il mister
Sotto la lente degli inquirenti è finita in particolare una telefonata tra Inzaghi e Marco Ferdico, uno dei capi ultrà interisti arrestati, in cui il leader del tifo nerazzurro si lamentava dei pochi biglietti concessi in vista della finale di Champions League di Istanbul, nel 2023, chiedendo «esplicitamente di intervenire con la società». L’allenatore dell’Inter promette di parlare con chi di dovere – «con Ferri (il team manager, ndr), con Zanetti, con Marotta» – e alla fine la strategia funziona, perché la Curva riesce a ottenere un totale di 1500 tickets. Biglietti che per l’occasione sono stati rivenduti anche a 900 euro e che in generale costituivano tra le prime voci di bilancio delle attività illecite delle curve. Ma gli inquirenti vogliono sapere di più anche sugli incontri di Calhanoglu con i vertici ultrà interisti o di quelli tra Calabria e il ras della Curva Sud milanista Luca Lucci (anche lui in carcere).
Nel frattempo emergono nuovi particolari dietro l’omicidio di Antonio Bellocco, il rampollo di ‘ndrangheta ucciso dal capo ultrà interista Andrea Beretta lo scorso 4 settembre. Nell’interrogatorio dopo il fermo, Beretta aveva raccontato di un «piano omicidiario» nei suoi confronti, con il calabrese che aveva messo gli occhi sui guadagni del suo negozio di merchandising di Pioltello. Dalle carte dell’inchiesta spunta un incontro, lo scorso 23 luglio, nei box sotto l’abitazione di Bellocco alla presenza di «due emissari della sua famiglia» che a Beretta hanno «rivolto direttamente concrete intimidazioni». Il piano è stato sventato anche grazie alle «rivelazioni di una persona incaricata a tirarlo in trappola, verosimilmente con un sonnifero, e condurlo in un luogo» dove Beretta «sarebbe stato colpito con arma da fuoco e sotterrato». Bellocco e Ferdico, oltre che «volersi appropriare del merchandising della Curva Nord», avevano in programma di aprire un negozio a Milano, in via Casoretto.
È stato proprio Beretta, tramite Ferdico, a spianare la strada per l’arrivo di Bellocco a Milano. Per garantirsi una «protezione esterna» nei confronti di altri gruppi e organizzazioni criminali dopo l’omicidio dello storico capo ultrà interista Vittorio Boiocchi, il 29 ottobre 2022. Bellocco serviva a questo, ad «allontanare i paesani», come quando ha avuto un ruolo di primo piano nel cacciare gli Irriducibili, storico gruppo ultrà interista con dietro alcuni soggetti ‘ndranghetisti di Africo. Dalle carte dell’inchiesta emerge che l’accordo era stato raggiunto «là sotto», in Calabria, precisamente a Rosarno il 19 ottobre 2022, meno di un mese dopo la morte di Boiocchi, nel corso di un incontro in cui hanno partecipato anche altri componenti della famiglia Bellocco. Ferdico promette a Totò ‘u nanu una casa e un lavoro finto: «A giorni hai il contratto. Tranquillo che Milano è qua che ti aspetta». Beretta aveva già conosciuto il calabrese tre giorni prima, il 16 novembre, quando era arrivato a Milano in giornata «al solo fine di conoscere i vari business legati alla Curva Nord». Le prime impressioni sono ottime, tanto da finire a farsi selfie e a far vedere foto dei propri figli. Ma in poco tempo la presenza di Bellocco è diventata sempre più ingombrante.
Le mire della criminalità organizzata non sono finite con il suo omicidio, se è vero che a pochi giorni dalla sua morte un altro personaggio di primo livello della curva, Giuseppe Caminiti (anche lui in carcere), ha confidato a Ferdico di «nuovi soggetti terzi interessati alla gestione della tifoserie organizzata». Il riferimento, scrivono gli inquirenti, è a «tale “Davidino”, Davide Flachi», esponente di spicco dell’omonimo clan della Comasina, quartiere nord di Milano.
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