«Per adesso riteniamo inopportuno commentare i contenuti dell’accaduto» dicono dall’ambasciata a Roma. «Ci auguriamo che quello che è successo non si rifletti sui rapporti bilaterali tra Russia e Italia» aggiungono. Nel frattempo il ministro Di Maio convoca l’ambasciatore russo alla Farnesina
Si sono incontrati in un parcheggio della capitale. Un capitano di fregata della Marina militare italiana con dei documenti classificati e un ufficiale russo accreditato presso l’ambasciata di Roma con 5mila euro in contanti nascosti in una scatola. I carabinieri del Ros, coordinati dalla procura di Roma, hanno colto in flagranza di reato lo scambio tra i due avvenuto martedì sera.
L’Agenzia informazioni sicurezza interna (Aisi) era sulle loro tracce da mesi e dopo aver ricevuto una segnalazione sospetta sono iniziati i pedinamenti. L’ufficiale italiano, Walter Biot, è in servizio presso lo stato maggiore della Difesa ed è stato trasferito direttamente nel carcere romano di Regina Coeli. È accusato di spionaggio e procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello stato. Biot ricopriva un incarico perfetto per i russi: quello di decretare la sicurezza dei documenti dello stato maggiore della Difesa. Una posizione di rilievo, che merita fiducia e per questo accessibile a pochi. Secondo gli inquirenti Biot avrebbe fotografato i documenti militari classificati dallo schermo del computer e li avrebbe salvati in un hard disk, una piccola pennetta, finita nelle mani dell’ufficiale di Mosca e ora sequestrata e analizzata dai carabinieri. Non è ancora noto il contenuto dei documenti, ma riguarderebbero i sistemi di telecomunicazione militare e tra questi ci sarebbero anche file secretati della Nato.
«Atto ostile»
Il capitano della Marina è stato arrestato e ora rischia fino a quindici anni di carcere. La procura militare di Roma ha aperto un fascicolo, anche per capire se ci sono stati altri incontri e scambi precedenti. Niente manette, invece, per l’ufficiale russo che gode della protezione diplomatica ma sarà espulso, insieme al suo superiore, dal territorio italiano. Nella giornata di ieri la Farnesina, su istruzione del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha ricevuto l’ambasciatore della Federazione Russa in Italia, Sergey Razov, che ha avuto un incontro con il Segretario generale del ministero degli Affari esteri Elisabetta Belloni. L’ambasciatore è stato convocato «per trasmettere la nostra ferma protesta e notificare l’espulsione nei confronti dei due funzionari russi accreditati presso l’ambasciata russa a Roma» ha detto Di Maio in una comunicazione al senato nel primo pomeriggio. «È stato un atto ostile di estrema gravità» per il quale «abbiamo assunto immediatamente i provvedimenti necessari» ha aggiunto. «Continueremo ad agire in linea con la nostra collocazione geopolitica e i nostri valori, ma anche a salvaguardare i nostri interessi fondamentali, che richiedono di mantenere un’interlocuzione critica ma costruttiva con la Russia e la Cina».
I precedenti
Mosca e Pechino, entrambi citati per via delle troppe ingerenze negli affari degli altri stati. Due paesi che sono già stati protagonisti di attività di spionaggio in europa, soprattutto in ambienti collegati alla Nato. Recentemente in Estonia uno scienziato è stato condannato a tre anni di carcere con l’accusa di svolgere attività di spionaggio per la Cina. Sarebbe stato reclutato quando nel 2018 venne assegnato alla base Nato di La Spezia. Rilevava informazioni in cambio di viaggi in Asia e soldi. Nel 2019 è stato il turno di un funzionario francese assegnato alla base Nato di Napoli, un colonnello cinquantenne che ha intrattenuto rapporti con un membro dell’intelligence russa e arrestato lo scorso anno in territorio italiano.
Tuttavia, quest’ultimo crimine di spionaggio è considerati il più grave dai tempi della Guerra fredda quando nel 1989 alcuni ufficiali del Kgb e uno dei servizi di intelligence bulgari hanno provato a ottenere documenti riservati di due aziende italiane, una triestina che collaborava con la Nato e la Oto Melara di La Spezia, che produceva cannoni e mezzi corazzati.
La risposta russa
Dall’ambasciata russa a Roma confermano che il funzionario fa parte del personale dell’ufficio dell’addetto militare ma non spiegano a chi rendeva conto delle sue operazioni. «Sono protocolli interni» dicono schivando le domande. «Per adesso riteniamo inopportuno commentare i contenuti dell’accaduto» affermano dall’altra parte del telefono leggendo un comunicato. «Ci auguriamo che quello che è successo non si rifletta sui rapporti bilaterali tra Russia e Italia».
Se il Cremlino ha commentato la notizia nella stessa direzione: «Speriamo non si ledano i rapporti con l’Italia», il vice presidente della Commissione della Duma per gli Affari internazionali, Alexiei Cepa, ha minacciato sanzioni: «Naturalmente saremo costretti a rispondere in modo analogo. Vi sarà una risposta simmetrica» ha affermato all’agenzia russa Interfax.
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