Dopo il caso di Mahmoud Khalil arriva un secondo arresto nelle università americane. La dottoressa Rasha Alawieh, specialista in trapianti di rene e docente, è stata detenuta per 36 ore prima di essere rimpatriata nel suo paese d’origine perché sospettata di simpatizzare per Hezbollah
Era appena rientrata negli Stati Uniti dopo un viaggio in Libano, suo paese natale, per far visita ai suoi genitori. Ma al suo arrivo aeroporto Logan di Boston la dottoressa Rasha Alawieh, 34enne specialista in trapianti di rene e docente alla Brown University, è stata fermata dagli agenti federali e rimpatriata in Libano. A nulla sono serviti il possesso di un visto valido e l’ordine di un giudice di non procedere all’espulsione senza un preavviso di almeno 48 ore.
Il caso
La vicenda ha avuto inizio giovedì quando, rientrata dal Libano, Alawieh è stata fermata dalla Customs and Border Protection, l’agenzia federale che si occupa del controllo delle frontiere, perché ritenuta potenzialmente pericolosa per la sicurezza del paese. Dall’analisi dei contenuti del suo smartphone, controllati durante la sua detenzione in aeroporto, sarebbero emerse foto e video di importanti personaggi legati ad Hezbollah che hanno spinto gli agenti della Cbp a considerarla vicina al gruppo libanese.
Una situazione che ha destato da subito gravi preoccupazioni per il trattamento riservato alla dottoressa e per la veridicità sulle accuse. Per far piena luce sulla vicenda, venerdì il giudice distrettuale Leo Sorokin aveva intimato all’agenzia di sospenderne il rimpatrio, salvo un preavviso di almeno 48 ore, per permettere alla corte di ascoltare Alawieh in una udienza prevista per lunedì 17 marzo.
Meno di un ora dopo, però, la dottoressa è stata fatta salire su un volo Air France diretto a Parigi da dove sarebbe poi avvenuto il trasferimento in Libano. Secondo Sorokin, la Cbp avrebbe deliberatamente deciso di ignorare l’ordine del tribunale e procedere al rimpatrio forzato.
Una presa di posizione grave che ha spinto il giudice distrettuale a chiedere chiarimenti all’amministrazione in un’udienza che si dovrebbe tenere la prossima settimana. A pesare sono, oltre al rimpatrio forzato, le condizioni di detenzione di Alawieh che sarebbe stata trattenuta per 36 ore senza comunicazioni ufficiali e senza che le fosse permesso di contattare il suo avvocato.
L’università
«Siamo tutti indignati e sconvolti. Il governo sta agendo senza riguardo nemmeno per i tribunali» ha commentato a nome dell’università George Bayliss, professore di medicina alla Brown University e collaboratore di Alawieh. Preoccupazioni a cui ha fatto eco la collega Basma Merhi che ha sottolineato che «se questo è successo a un medico che serve i suoi pazienti e salva vite, può succedere a chiunque».
L’ateneo si è immediatamente attivato per capire le motivazioni dietro la decisione delle autorità e, con una mail inviata a studenti e docenti, ha invitato a non recarsi all’estero. «Potenziali cambiamenti nelle restrizioni e nei divieti di viaggio – si legge nella mail – nelle procedure e nell'elaborazione dei visti, nei requisiti di rientro e altri ritardi correlati ai viaggi potrebbero influire sulla capacità dei viaggiatori di tornare negli Stati Uniti come previsto».
Un allarme che riguarderebbe anche i viaggi interni, visto che «non è chiaro se ci possano essere implicazioni anche per i viaggi nazionali mentre il panorama politico federale continua a evolversi». Un clima teso, ma non inaspettato. Già a dicembre, dopo la rielezione di Donald Trump, l’ateneo aveva suggerito a tutti i propri studenti di far ritorno al campus prima dell’insediamento del presidente come misura precauzionale vista il crescente allarme su una possibile stretta nei confronti di studenti stranieri.
Timori che si sono rivelati più che fondati vista la recente ondata di misure messe in campo dall’amministrazione Trump per reprimere il dissenso nelle università americane. Solo pochi giorni fa erano stati arrestati 98 manifestanti pro-palestinesi che erano entrati alla Trump Tower di New York per protestare contro l’arresto di Mahmoud Khalil.
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