- «Libertà! Libertà!» è il grido che si alza nelle piazze in questi giorni. Su La Stampa Massimo Cacciari ha ricordato che «una scelta è libera solo quando è consapevole. Siamo liberi quando decidiamo in base a dati precisi e calcolando razionalmente costi e benefici per noi e per gli altri».
- Verissimo. Proviamo allora a fare un esercizio applicando alcuni dei principi della teoria economica più liberale e libertaria prodotta in (ormai) secoli di elaborazione che ha visto il contributo di almeno un paio di premi Nobel.
- Proviamo a inquadrare la questione “mi vaccino o no” nell’ambito della teoria dei giochi. Siamo nel più classico dei teoremi, quello del “dilemma del prigioniero”.
«Libertà! Libertà!» è il grido che si alza nelle piazze in questi giorni. Su La Stampa Massimo Cacciari ha ricordato che «una scelta è libera solo quando è consapevole. Siamo liberi quando decidiamo in base a dati precisi e calcolando razionalmente costi e benefici per noi e per gli altri». Verissimo. Proviamo allora a fare un esercizio applicando alcuni dei principi della teoria economica più liberale e libertaria prodotta in (ormai) secoli di elaborazione che ha visto il contributo di almeno un paio di premi Nobel.
Proviamo a inquadrare la questione “mi vaccino o no” nell’ambito della teoria dei giochi. Siamo nel più classico dei teoremi, quello del “dilemma del prigioniero”, che include un elemento estremamente rilevante: il difetto informativo dei giocatori riguardo lo “stato del mondo” e il comportamento degli altri giocatori. Ossia, il giocatore può non conoscere completamente e pienamente le conseguenze delle proprie scelte e come gli altri giocatori sceglieranno di comportarsi.
I quattro scenari
Se tutti i giocatori scelgono di vaccinarsi, avranno la massima probabilità di non infettarsi e così evitare la conseguenza peggiore possibile: la morte a causa del Covid-19.
Se tutti i giocatori decidono di non vaccinarsi, accettano il rischio della perdita massima possibile: la morte di tutti o un gran numero dei giocatori.
Negli altri scenari, quelli intermedi, chi decide di vaccinarsi vedrà ridotte enormemente le probabilità di infettarsi (e quindi trasmettere il virus) e di subire conseguenze gravi; chi decide di non vaccinarsi mantiene un’esposizione al rischio propria e altrui, inferiore rispetto allo “stato del mondo” in cui nessuno si vaccina ma crescente via via che il numero di non vaccinati aumenta. Le scelte sono individuali ma diventano sempre più rilevanti per la collettività.
Il giocatore che decide di non vaccinarsi può essere quindi tentato di adottare un comportamento da free rider, beneficiando cioè delle esternalità positive della vaccinazione di massa tranne la propria facendo affidamento sull’efficacia della vaccinazione altrui senza sopportare il (presunto) “costo” della propria. Tuttavia, come sostiene Cacciari, la scelta deve essere effettuata a seguito di debita informazione e valutazione dei rischi non solo per sé, ma anche per la collettività (basti solo pensare a quella parte di popolazione che non è vaccinata perché non può per problemi di salute e quindi necessita di avere intorno persone che limitano al minimo la possibilità di trasmettere il virus) e pertanto deve essere presa in piena “scienza e coscienza”, come si usa dire. Infatti, la scienza ci dice che anche i vaccinati hanno una piccola probabilità di infettarsi e di infettare, ma hanno una bassissima probabilità di morire.
E allora c’è da chiedersi se il giocatore free rider ha la piena consapevolezza che, pur riducendo al massimo le probabilità di perdere in questo “gioco”, la posta che rischia è massima: la propria morte e quella altrui. Siamo quindi nel caso in cui il gioco può condurre a un equilibrio di Nash che però non è un ottimo paretiano. Il difetto informativo, la non corretta valutazione del rischio e della perdita massima, potrebbe portare tutti i giocatori a scegliere di non vaccinarsi facendo affidamento sulla vaccinazione altrui.
Una collettività di free rider in potenza in cui quello che è apparentemente l’ottimo individuale non coincide con l’ottimo per la collettività, lo stato del mondo in cui si ottiene la massima utilità possibile e non sia possibile migliorare lo stato di alcuno senza peggiorare quello di altri.
Ci viene allora in soccorso un altro premio Nobel, James Buchanan, e la Teoria delle scelte pubbliche (Public Choice). In fondo, cosa c’è di più liberale dell’individualismo metodologico?
Bene, la Public Choice, consapevole che una scelta cooperativa degli agenti che porterebbe i massimi benefici per la collettività e per i singoli, può non risultare dalle libere scelte individuali, ricorre alla definizione di un accordo collettivo, un approccio di tipo “costituzionale” in cui ogni attore, nella cecità rispetto al proprio stato nel mondo, si vincola a obblighi e sanzioni. Come Ulisse, che si lega per poter ascoltare il canto delle sirene.
Questo legame può essere stretto come un obbligo vaccinale o indirettamente come un uso estensivo del green pass. Ma vale la pena non escluderlo dal novero delle possibilità.
Naturalmente, in una collettività organizzata in una Repubblica parlamentare la strada maestra per la definizione dell’accordo collettivo non può che essere una legge adottata dalla maggioranza degli “agenti” (gli eletti e il governo) in rappresentanza della maggioranza dei “principali” (i cittadini). E in questo, la nostra Costituzione, già più di 70 anni fa ha previsto all’art.32 la tutela della salute del singolo individuo e della collettività e come noto, la libertà personale, affinché sia realmente esercitabile, va sempre confrontata con la libertà collettiva. I migliori tra gli scienziati del pensiero e gli scienziati del diritto si confrontino su questi temi, ma forse, per il bene di tutti e di ognuno, è il caso di legarsi, per poter tornare ad ascoltare liberamente il canto delle sirene senza schiantarci contro gli scogli della pandemia.
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