Il filo del tracciamento dei positivi identificati con i tamponi effettuati dalle Aziende sanitarie si è perso, e riallacciarlo sarà tutt’altro che facile. «Non so se ci riusciremo», dice Pierluigi Bartoletto, vicegretario vicario della Fimmg, la federazione dei medici di famiglia, i più attivi sul territorio. Secondo lui, il problema non è dovuto tanto all’impossibilità dei medici di base di effettuare i prelievi nel proprio studio («guardate il triage dello Spallanzani, all’aperto. Basta avere un balcone, uno spazio esterno, e si fa»), ma le questioni di logistica e coordinamento. A mancare, insomma, non è tanto il personale, ma le macchine per spostare le squadre in città e l’organizzazione per gestirle.

«Per quanto riguarda la disponibilità di tamponi abbiamo vissuto situazioni molto più critiche», dice il direttore del Servizio di igiene e sanità pubblica della Asl Roma 1, Enrico Di Rosa, che spiega come l’unica qualità di test presenti in quantità minori è il cosiddetto test rapido, meno affidabile ma più veloce nei risultati. Il magazzino dovrebbe però presto essere rimpinguato: oltre alle iniziative regionali, sono in arrivo i dieci milioni di test rapidi acquistati attraverso una gara dal Commissario straordinario Domenico Arcuri. La gara si è conclusa lo scorso 8 ottobre, mentre le assegnazioni alle due aziende che forniranno i tamponi (Rapigen e Technogenetics) sono arrivate il 22 e il 23. 

Ma, al di là dei tamponi, l’organizzazione dell’attività dei medici di base e delle Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale, che si recano a casa dei soggetti a rischio per effettuare i tamponi, è essenziale per mantenere il conto dei casi e raccomandare la strategia migliore ai positivi. «Quest’estate si doveva mantenere la linea del rigore, limitando la mobilità verso paesi a rischio, ma ci siamo cullati nell’illusione che il peggio fosse passato», dice ancora Bartoletto.

Un problema logistico

Come dice il direttore sanitario Di Rosa, infatti, durante l’estate il personale, nei limiti del possibile, è stato potenziato, mentre «probabilmente andava fatto uno sforzo maggiore sugli strumenti informatici», per esempio per quanto riguarda la diffusione dell’applicazione di tracciamento Immuni.

Il personale, comunque in sofferenza per i numeri straordinari della seconda ondata, rappresenta insomma solo una piccola parte del problema. È sì vero che le Usca spesso sono medici in attesa di borsa per la specializzazione: una volta ottenuta, potrebbero (giustamente) scegliere di perseguire il nuovo corso di studi, lasciando in sospeso posizioni per cui non tutte le regioni hanno riaperto i bandi partiti in primavera. Tuttavia, tramite assunzioni e ricollocazioni non è possibile identificare una vera e propria carenza.

Ora, però, il tracciamento, ammesso che si possa riprendere, perde la sua funzione di controllo e «può al massimo garantire una mitigazione», dice il virologo Fabrizio Pregliasco. Secondo il virologo rimangono utili anche i test rapidi che ancora avvengono nelle scuole, per quanto a efficacia ridotta, visto che gli studenti delle classi più avanzate sono già o saranno a breve in regime di didattica a distanza per quasi la totalità delle lezioni. Anche negli istituti, dove i test vengono effettuati fin dal primo giorno di scuola, dovrebbero arrivare i test del commissario Arcuri.

Anche i 2mila medici e operatori che saranno assunti dalla Protezione civile attraverso un bando apposito, pubblicato il 24 ottobre, sono secondo Pregliasco uno strumento «che migliora la situazione, ma di certo non la risolve». Il reclutamento era stato annunciato la settimana scorsa dal ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia dopo un incontro con le Regioni. Dei 2mila, 1.500 effettueranno concretamente i tamponi, mentre 500 forniranno informazioni e seguiranno le procedure con i casi a rischio.

 

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