- Nel concept paper consultato dalla rivista economica Wirtschaftswoche sono contenute indicazioni che vanno nettamente in controtendenza rispetto all’idea del torneo d’élite. Si parla di formule aperte e partecipazione non riservata.
- L’impressione è che i club partecipanti debbano accedere grazie ai risultati maturati sul campo nelle competizioni nazionali, cioè quelle organizzate sotto l’ombrello dell’Uefa.
- I fautori della Superlega sperano di sconfiggere l’Uefa in sede di istituzioni comunitarie, sul tema del monopolio di organizzazione. Ma intanto continuano a sbagliare gli argomenti per ingraziarsi i tifosi.
Pronti a essere un po’ meno Superlega pur di rimettere in piedi il progetto. I promotori del campionato calcistico continentale d’élite starebbero varando questo ripensamento e a darne notizia in esclusiva è stato il settimanale economico tedesco Wirtschaftswoche, che nel pomeriggio di venerdì 15 ottobre ha annunciato di avere visionato un concept paper sul tema.
In quel testo vengono profondamente rivisti i principi ispiratori della lega europea dei ricchi, a partire dalla presenza di un numero di membri permanenti. Che non sarebbero previsti e ciò comporterebbe l’esclusione del più caratterizzante fra i principi organizzativi. Si tratterebbe di un torneo aperto al ricambio, secondo criteri che nell’articolo del settimanale tedesco non vengono specificati. E in assenza di precisazioni sul tema, se ne deve evincere che la composizione dei ranghi non potrà che essere legata ai risultati sportivi espressi dai campionati nazionali. Dunque questa nuova Superleghina in versione post-traumatica dovrebbe fare concorrenza all’Uefa utilizzando gli esiti dei campionati nazionali organizzati sotto l’ombrello dell’Uefa.
Due tornei da 20 squadre
Le indiscrezioni pubblicate da Wirtschaftswoche parlano di due tornei da 20 squadre ciascuno, una Super League e una seconda lega. Rispetto a un’indicazione così vaga non risulta chiaro se fra i due tornei vi sia un nesso di collegamento, con istituzione del meccanismo promozione-retrocessione che porrebbe una struttura organizzativa piramidale tipica dei campionati nazionali, ciò che costituirebbe ulteriore rinnegamento dei principi ispiratori della Superlega. Più probabile si tratti di riprodurre lo schema delle due competizione continentali Uefa (che nel frattempo ne ha aggiunta una terza, la Conference League) disputate negli anni più recenti, la Champions League (Cl) e l’Europa League (El).
Dunque verrebbe replicata su scala ridotta l’architettura delle competizioni Uefa, con ulteriore perdita di originalità rispetto all’idea che lo scorso aprile pretendeva di essere rivoluzionaria portando i club più ricchi e potenti a confrontarsi in un torneo continentale con girone all’italiana. E indipendentemente dalla formula scelta rimane dirimente il giudizio che in sede comunitaria dovrà decidere sul monopolio Uefa in materia di organizzazione delle competizioni internazionali in ambito europeo. L’articolo cita i precedenti delle federazioni sportive internazionali che si sarebbero viste dare torto su questo terreno, la federazione del pattinaggio sul ghiaccio e quella del basket.
L’attacco sferrato in punto di diritto potrebbe portare un beneficio in termini di legittimazione giuridica. Ma allo stato delle conoscenze rimane irrisolto un quesito: se la prospettiva è fare due versioni mini della CL e della EL, perché mai i club europei dovrebbero privilegiare l’incognita della Superlega anziché rimanere entro il collaudato schema Uefa?
Strizzando (male) l’occhio ai tifosi
Il precedente tentativo di far partire il torneo continentale d’élite venne affondato dalle proteste dei tifosi, soprattutto quelli inglesi. Che non tollerarono un progetto così elitario, imposto dall’alto senza alcuna consultazione della gente del calcio.
Rispetto a ciò, i fautori della Superlega continuano a parlare il linguaggio dei giorni di aprile in cui vennero respinti in malo modo dalle tifoserie: biglietti garantiti e scontati, sovvenzioni alle trasferte e addirittura una carta dei tifosi. Un discorso che proprio non riesce a discostarsi dai temi dei benefici economici, del trattamento di favore a una clientela, della fidelizzazione di una fan base. L’impressione è che gli ideatori di un torneo nato morto e difficilissimo da resuscitare continuino a non ricavare lezioni dai propri errori. E proponendo soluzioni di ripiego così distanti dall’idea originaria, che per lo meno aveva una sua coerenza, mostrano anche un deficit di strategia difficile da concepire per gente che pretendeva di rivoluzionare il calcio europeo.
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