Alla presunta organizzazione viene contestato l’aggravante di aver esposto a serio pericolo di vita dei migranti; di averli sottoposti a trattamento inumano e degradante e di aver commesso i reati per trarne un profitto. Per ogni viaggio si pagava una cifra tra i 3mila e i 5mila euro
Dodici persone sono finite in carcere e sei agli arresti domiciliari dopo le disposizione del gip di Caltanissetta con le accuse di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo gli inquirenti, le imbarcazioni con a bordo gli scafisti sarebbero partite dal porto di Gela o dalle coste dell’agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con i migranti.
Alla presunta organizzazione viene contestato l’aggravante di aver esposto a serio pericolo di vita dei migranti; di averli sottoposti a trattamento inumano e degradante e di aver commesso i reati per trarne un profitto. Il sodalizio sarebbe stato promosso da un uomo e una donna tunisini, entrambi già sottoposti agli arresti domiciliari per analoghi reati. Secondo gli inquirenti gestivano l’organizzazione da una casa a Niscemi. Il gruppo era composto da 11 cittadini di nazionalità tunisina e 7 di nazionalità italiana. Ognuno aveva dei compiti ben precisi: quattro svolgevano l’attività di scafista, due gestivano le casse dell’organizzazione, altri curavano l’aspetto logistico e quattro facevano da “connection man” raccogliendo i soldi dei migranti che volevano giungere in Europa direttamente in patria.
Il viaggio
A bordo di piccole imbarcazioni con motori fuoribordo venivano trasportate dalle 10 alle 30 persone per ogni viaggio. La tratta durava in totale circa 4 ore, con partenza dalle città costiere tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e arrivava nelle province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento.
I migranti pagavano una cifra che oscillava tra i 3mila e i 5mila euro per il viaggio. Il presunto profitto dell’organizzazione criminale, quindi, si attesterebbe tra i 30.000 e i 70.000 euro per ogni imbarcazione. I soldi venivano trasferiti in Italia attraverso alcune agenzie internazionali e poi versate su carte prepagate, parte del denaro veniva investito nuovamente per l’acquisto di nuove imbarcazioni.
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