I fedelissimi di Bossi hanno presentato una denuncia contro Camera e Senato: avrebbero dovuto chiedere 18 milioni di danni a Salvini, ma non l’hanno mai fatto
Pur avendone diritto, Camera e Senato non hanno mai cercato di recuperare dalla Lega gli oltre 17 milioni di euro che il partito dovrebbe restituire alle istituzioni pubbliche. È questa, in sintesi, la tesi contenuta in un esposto indirizzato ai procuratori di Roma, Milano e Genova dalla vecchia guardia bossiana, da anni in guerra aperta con Matteo Salvini e decisa ora ad assestare un colpo potenzialmente doloroso per le finanze del partito guidato dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture.
L’esposto
L’esposto, letto da Domani, è firmato dai legali del movimento politico Lega per il Nord, fondato nell'agosto scorso da alcuni ex dirigenti del Carroccio come Giuseppe Leoni, Stefano Stefani e Matteo Brigandì. Sono gli storici collaboratori di Umberto Bossi, spazzati via dal partito dopo il repulisti avviato da Roberto Maroni e terminato da Salvini in seguito all'inchiesta giudiziaria per la truffa sui 49 milioni di euro.
Vicenda terminata con la condanna definitiva e la confisca del denaro. Proprio sulla sentenza della Cassazione, datata agosto 2019, si basa l'esposto scritto dai legali del neonato movimento Lega per il Nord. «Sono passati oltre 4 anni dal momento in cui le Camere avrebbero potuto iniziare sia l’azione esecutiva sia l’azione civile per l’esatta quantificazione del danno, come disposto in sentenza.
Un modesto parere
«Né l’una né l’altra azione – si legge nell'esposto - sono state intraprese. A nostro sommesso parere, oltre 4 anni è un periodo sufficientemente lungo a configurare un’inerzia penalmente rilevante». Insomma, l'accusa nei confronti di Camera e Senato è quella di non aver fatto nulla per recuperare i soldi.
Per capire meglio, dicono i bossiani, bisogna rileggere le sentenze fino in Cassazione. I famigerati 49 milioni, mai più trovati sui conti della Lega Nord (ad eccezione di poco più di 3 milioni) e per questo trasformati nel debito nei confronti dello stato rateizzato in quasi 80 anni, sono infatti il frutto della truffa sui rimborsi elettorali realizzata ai tempi di Umberto Bossi.
Ma non sarebbero solo questi i soldi che il Carroccio è tenuto a restituire ai cittadini italiani. Nel processo si erano infatti costituite come parti civili anche Camera e Senato, le quali avevano chiesto un risarcimento per i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti pari, secondo i legali di Lega per il Nord, in totale a circa 66 milioni di euro.
Sottratti i 49 milioni già sottoposti a confisca e rateizzati, avanzano 17,4 milioni di euro più interessi. È questa la cifra che Camera e Senato avrebbero già dovuto pretendere da Salvini e sodali. I legali di Lega per il Nord evidenziano che i due rami del Parlamento italiano hanno diritto a farsi pagare, ma per farlo avrebbero dovuto presentare la loro richiesta al tribunale civile, come previsto dalla sentenza sui 49 milioni. Cosa che, a oltre 4 anni dalla sentenza, non hanno ancora fatto.
Da qui l’attacco politico: «È evidente che Camera e Senato – si legge nell'esposto - sono organi costituzionali, quindi di diritto pubblico, per cui il Presidente e il Segretario generale non hanno il potere di scegliere se procedere o meno per il recupero delle somme dovute, anche se il debitore è stato assorbito da un partito presente in Parlamento e che addirittura ha un suo rappresentante quale Presidente di una delle Camere». Riferimento a Lorenzo Fontana, presidente della Camera e salviniano di ferro.
Fontana e La Russa
L'esposto indirizzato alle tre procure segue una lettera che gli stessi avvocati di Lega per il Nord avevano inviato il 19 ottobre scorso ai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa (in copia anche la premier Giorgia Meloni), chiedendo sei i due avessero «iniziato l’azione esecutiva per il recupero» dei soldi oggetto del risarcimento. Con una postilla: «Certi di ottenere congrue indicazioni sui punti teorizzati, si fa sommessamente rilevare come in difetto abbiamo ricevuto incarico senza ulteriori indugi (da Lega per il Nord, ndr) di notiziare le competenti Procure». Linguaggio giuridico per comunicare che, in caso di mancata risposta, i bossiani erano pronti a denunciare. Cosa puntualmente avvenuta. Obiettivo dell’esposto sono ora Fontana e La Russa, colpevoli secondo i nordisti di non aver mosso un dito per recuperare soldi pubblici. Va detto che neanche i loro predecessori hanno mai avviato la causa civile per il risarcimento. Fontana è infatti stato eletto alla presidenza della Camera nell’ottobre del 2022.
Il debito di Lega Nord
Nell'esposto non si fa particolare cenno alla questione, ma in sottofondo resta il tema della restituzione allo Stato dei 49 milioni di euro. Il debito in capo a Lega Nord esiste ancora, ma non è più presente in Parlamento essendo stata sostituita da Lega Salvini Premier.
Nell’ultimo bilancio pubblicato, relativo al 2022 e firmato dal tesoriere Giulio Centemero (al contempo deputato di Lega Salvini Premier e condannato in primo grado per finanziamento illecito), il debito residuo nei confronti dello Stato ammonta a 18,1 milioni di euro. E neppure la Lega Salvini Premier sta molto bene: il nuovo partito ha chiuso il bilancio in rosso. Non proprio una situazione edificante per i creditori della galassia leghista, cioè i cittadini italiani.
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