- Raoul Arizaka Rabekoto (54 anni) il 24 agosto 2019 diventa capo della federazione calcistica del Madagascar (Fédération Malagasy de Football, FMF).
- Nel giro di sei mesi Rabekoto diventa anche un latitante internazionale. Ma continua a partecipare alle riunioni della Fifa in videoconferenza.
- E’ accusato di aver sottratto 25 milioni di euro tra 2009 e il 2018 quando era direttore generale della Caisse Nationale de Prévoyance Sociale, l’Inps del Madagascar.
Il presidente è latitante ma partecipa alle riunioni in videoconferenza. Succede questo e altro nel fantastico mondo della Fifa. Specie se c'è di mezzo l'Africa, il serbatoio di voti determinante per eleggere i capi del calcio mondiale. Incluso il presidente della Fifa Gianni Infantino.
Il presidente in questione si chiama Raoul Arizaka Rabekoto (54 anni) e dal 24 agosto 2019 è capo della federazione calcistica del Madagascar (Fédération Malagasy de Football, FMF). Una data tanto gloriosa quanto effimera, poiché nel giro di sei mesi mister Rabekoto si guadagna i galloni da latitante internazionale.
Su di lui pende un mandato di cattura emesso repubblica malgascia lo scorso febbraio. Motivo del provvedimento: una presunta distrazione di fondi per 25 milioni di euro, che Rabekoto avrebbe cumulato fra il 2009 e il 2018 nell'esercizio del ruolo di direttore generale della Caisse Nationale de Prévoyance Sociale (Cnaps, l'Inps malgascia). Destinatario di un provvedimento d'interdizione a lasciare il paese emesso il 3 febbraio 2020, Rabekoto si dà immediatamente alla macchia.
Dicono stia trascorrendo la latitanza in Svizzera, che è anche sede della Fifa, ma questa è soltanto una coincidenza. Di sicuro egli continua a governare la federcalcio malgascia attraverso i canali di comunicazione che gli riesce usare. Anche per sms, come riferisce lo scorso 7 ottobre una fonte anonima della federcalcio nazionale a un giornalista di France Info. «Ma nessuno gli fa domande sul luogo del soggiorno», aggiunge la fonte.
La fuga
Cappello e occhiali scuri – Nei giorni successivi al divieto di lasciare il territorio nazionale, mister Rabekoto sparisce. Le Monde ha ricostruito i dettagli della fuga.
Il presidente della federcalcio malgascia prende il mare su un motoscafo che lo porta a Ambanja, nord-ovest del paese, ciò che gli permette di seminare gli agenti di polizia incaricati di pedinarlo. Poi si sposta verso le Isole Comore, quindi punta verso La Réunion, dipartimento francese in pieno Pacifico. Da lì qualcuno ne copre la fuga in aereo verso l'Europa. Così Rabekoto riesca a bucare le maglie del trattato di estradizione firmato nel 1973 tra Francia e Madagascar.
Da quel momento in poi Rabekoto se ne sta da qualche parte in Svizzera. Protetto da chi? Il dettaglio più romanzesco, nella fuga di Rabekoto, è il fatto che egli indossi occhiali scuri e un cappellaccio per rendersi non riconoscibile.
La sola cosa certa è che il 20 febbraio 2020, giorno in cui il presidente della Fmf nonché ex direttore generale della Cnaps dovrebbe rispondere alla convocazione del Bureau Indépendent Anti-Corruption (Bianco), gli ispettori lo attendono invano. E chissà per quanto.
Ne è consapevole il direttore generale del Bianco, Laza Eric Donat Andrianirina, che fa pubblicare sul sito dell'organizzazione un appello che sa tanto di Wanted, corredato dall'interrogativo: «Où est monsieur Arizaka Rabekoto Raoul?».
Rabekoto intanto continua a governare la federcalcio malgascia: lo scorso 24 giugno ha designato un presidente federale ad interim per le questioni interne (agli affari esteri provvede lui) nella persona di Victorien Andrianony. E, stando a quanto riferisce Le Monde, partecipa in videoconferenza ai meeting Fifa.
Sia per la confederazione internazionale che per quella africana (Caf), la posizione di Rabekoto non è in bilico. Perché i fatti di cui è sospettato sono stati commessi fuori dalla giurisdizione calcistica.
La sua Africa
Quella del Madagascar non è una federazione qualsiasi. Non tanto in termini di ranking mondiale (91° posto), né per numero di tesserati, ma perché è il paese che esprime l'attuale presidente della Caf. Si tratta di Ahmad Ahmad: ex calciatore e allenatore, ex segretario di Stato allo sport, ex vicepresidente del senato malgascio, Ahmad è presidente della Fmf dal 2003 al 2017. È lui a designare Rabekoto (che era stato suo vicepresidente) come suo successore a capo della federcalcio nazionale.
E’ sempre lui a ricevere uno dei primi sms dalla latitanza inviati dal suo delfino con tanto di scuse per il mancato appuntamento. Succede tutto nella seconda metà di febbraio, quando anche Ahmad Ahmad non se la passa granché. Il 6 giugno 2019 è stato arrestato a Parigi: motivo del provvedimento è l'opaca storia che porta alla rottura del contratto con la Puma per la fornitura di equipaggiamento tecnico in occasione dell'edizione 2018 dell'African Nations Championship, un torneo da non confondere con la Coppa d'Africa perché le nazionali che vi partecipano possono impiegare soltanto calciatori impegnati nel campionato nazionale.
A Puma subentra Tactical Steel, una piccola società con sede in Francia a La Seyne-sur-Mer i cui proprietari (i coniugi Seiller) vengono sospettati di essere vicini a Loïc Gerand, che a sua volta a quel tempo veniva dato come appartenente al cerchio ristretto di Ahmad. Il presidente della Caf viene rilasciato il giorno dopo e senza alcuni tipo di restrizione, ma da quel momento la sua reputazione crolla.
Nei giorni in cui Rabekoto scappa camuffato per cieli e per mari, Ahmad è investito dalle polemiche per un audit di 55 pagine sui conti della Caf firmato da PricewaterhouseCoopers, che fa emergere spese discutibili o non documentate. Come se non bastasse, arrivano pure le accuse di molestie sessuali.
Una raffica di negatività che arriva fino in cima. Cioè fino a Gianni Infantino, che del patto con l'Africa fa il pilastro del suo potere, e che con l'elezione di Ahmad Ahmad a capo della Caf realizza il colpo politicamente più significativo della propria presidenza Fifa. Perché l'allora capo della Fmf batte a sorpresa l'ultimo dinosauro dell'éra Blatter. Si tratta del camerunese Issa Hayatou, a capo del calcio africano da 29 anni, vicepresidente Fifa da 25 anni e presidente ad interim della stessa Fifa tra ottobre 2015 e febbraio 2016, cioè fra l'uscita di scena di Blatter e l'elezione di Infantino.
Tutto ciò fa di Hayatou un componente di quella casta dirigenziale del calcio mondiale convinta che dalla Fifa si potesse andare via soltanto in due modi: o fra due carabinieri, o a piedi in avanti. E invece a farlo fuori sono libere e democratiche elezioni. E però mister Ahmad Ahmad è anche la dimostrazione che il passaggio dall'autocrazia alla democrazia non significa di per sé dotarsi di élite più presentabili.
Il problema per Infantino
A capirlo meglio di tutti è proprio lui, Gianni Infantino. Che si vede arrestare il pupillo Ahmad proprio nel luogo e nei giorni in cui egli vorrebbe celebrare la massima incoronazione: Parigi, sede del Congresso Fifa del 2019 che lo rielegge il 5 giugno (un giorno prima che i gendarmi francesi prelevino il suo pupillo dall'Hôtel de Berri) e capitale del paese che ospita i super-propagandati mondiali femminili. Dopo quel passaggio scatta l'emergenza, che porta Infantino a sperimentare un commissariamento soft della Caf.
Viene mandata in missione la segretaria generale della Fifa, la senegalese Fatma Samoura, strappata tre anni prima all'Onu dove si occupava di emergenze umanitarie. Cosa faccia Samoura durante i sei mesi di missione speciale africana, non è dato sapere. Si sa però che Ahmad Ahmad è tutt'altro che fuori dalla corsa per la rielezione al vertice della Caf nel 2021.
Soprattutto si sa che a settembre 2019, con Rabekoto appena eletto e Ahmad già pesantemente nei casini, viene immortalato un bel quadretto: i due presidenti malgasci, più Fatma Samoura, più Infantino, più altri fra i quali l'ex campione camerunese Samuel Eto'o, si fanno fotografare assieme al presidente della repubblica del Madagascar, Andry Rajoelina. Per l'occasione Infantino dona al capo dello stato una maglietta personalizzata. Lo fa con tutti i leader e alti dignitari che gli capiti d'incontrare.
Magari ne ha regalata una anche all'ex procuratore della confederazione elvetica Michael Lauber. Peccato che quel giorno il suo contestato incontro non fosse affatto ufficiale. Dunque inadatto per la photo opportunity. Il 24 luglio Lauber si è dimesso proprio per le critiche su come ha gestito le indagini sulla Fifa.
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