Dopo 26 giorni dall’inizio della protesta delle tende all’università di Palermo, montate nel campus in viale delle Scienze, gli studenti esultano: «Abbiamo vinto!». L’ateneo palermitano, durante una riunione straordinaria del Senato accademico che perdura da martedì 28, ha deciso di chiudere gli accordi futuri con le università israeliane e sospende il programma Erasmus con le università Afeka di Tel Aviv e la Hebrew University of Jerusalem, attivi rispettivamente fino al 2025 e al 2026, anche se non vi sono studenti iscritti al progetto di mobilità.

Le iniziative dell’università di Palermo

L’ateneo, oltre a sospendere il progetto Erasmus e gli accordi futuri con le università israeliane, si propone anche di istituire procedure di trasparenza nel valutare accordi istituzionali, al cui tavolo tecnico potranno partecipare gli studenti, e di elaborare un regolamento sul dual use – il doppio fine militare e civile – entro la pausa estiva.

Inoltre, l’università di Palermo si impegna a supportare il sistema educativo palestinese per garantire il diritto allo studio attraverso l’istituzione di corridoi umanitari e borse di studio, a cui si aggiunge l’organizzazione di momenti culturali di informazione e formazione, rivolti non solo alla comunità dell’ateneo ma anche alla città stessa di Palermo.

Il Senato accademico aveva già condannato gli attacchi di Hamas del 7 ottobre e l’azione militare israeliana a Gaza con due mozioni precedenti. 

«L’interlocuzione aperta con il Senato accademico ci conferma una prassi di confronto e dialogo che, pur nella distinzione dei ruoli, ribadiamo come nostro impegno con tutte le componenti della nostra comunità universitaria», afferma il rettore Massimo Midiri. 

«Per noi si tratta solo di un punto di partenza – sottolineano gli studenti – tanti dei punti che abbiamo portato in Senato non sono stati sufficientemente trattati, come gli accordi con Leonardo Spa. Lo stop agli accordi resta, però, un importante messaggio da parte del nostro ateneo. E ne siamo orgogliosi».

La ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha commentato la decisione dell’ateneo palermitano, dicendo che «rientra nell’autonomia universitaria, la considero una scelta sbagliata, soprattutto in un momento in cui si sta intensificando il processo politico-diplomatico di pace, di ricerca della pace». Durante la sua visita all’università politecnica delle Marche ad Ancona, nella sede di Medicina e Chirurgia di Torrette, ha poi aggiunto: «Le università non si schierano, non entrano in guerra, sono costruttori di ponti, creatori di pace, sono delle grandi fabbriche di diplomazia scientifica».

Le proteste nelle altre università

Le proteste contro l’azione israeliana a Gaza si sono diffuse a macchia d’olio in tutte le università italiane, ma hanno avuto una forza maggiore negli atenei più grandi e importanti, coinvolgendo Torino, Roma, Bologna e Milano. 

Uno dei primi casi a scoppiare è stato quello dell’università di Cagliari, il cui rettore Francesco Mola aveva dichiarato che l’ateneo sardo non avrebbe più «stipulato nuovi accordi con le università israeliane» e non avrebbe «rinnovato gli accordi scaduti». Ma nella seduta straordinaria del Senato accademico, convocata il 30 gennaio, l’ateneo ha deciso di prendere un’altra direzione: «Alla luce della mozione presentata al Senato accademico in cui si chiedeva di recedere dagli accordi in essere e di non attivare nuovi accordi di collaborazione con le università Israeliane, il Senato accademico dell’università degli studi di Cagliari ha esaminato attentamente la mozione e, dopo un’ampia discussione, l’ha respinta».

L’università Statale di Milano ha sospeso l’accordo di collaborazione con l’Ariel University Law, in Cisgiordania, ma la decisione è stata formalizzata già a fine 2023 dopo una lunga istruttoria passata per la comunità e il Senato accademico. L’iniziativa era stata presa già nel 2022, nel contesto della campagna di sensibilizzazione “Studentə contro l’apartheid”, promossa dagli studenti dell’università di Statale di Milano.

L’ateneo israeliano in questione era stato istituito nel 2018 da un provvedimento della Knesset, il parlamento israeliano, estendendo l’autorità legale dello Stato ebraico alle istituzioni universitarie edificate oltre la linea verde, il confine stabilito dagli accordi di pace del 1949. «️Nonostante l'ottimo risultato raggiunto con la disattivazione dell'accordo con Ariel, oggi la Statale intrattiene ancora un accordo in essere con l'Università Reichman, in Israele» per il quale i Giovani Palestinesi hanno lanciato una raccolta firme per chiedere alla Statale di rescindere anche questo accordo. 

A Milano la protesta delle tende si è conclusa il 28 maggio, in seguito alla seduta straordinaria tenutasi il giorno prima del Senato accademico richiesta dagli studenti stessi, che auspicavano la fine degli accordi con le università israeliane. Ma il Senato accademico ha confermato che gli accordi andranno avanti «con ogni paese».

Il 23 maggio all’università di Torino gli studenti hanno smobilitato l’occupazione che andava avanti dal 19 marzo, quando i gruppi pro Palestina hanno fatto irruzione durante una seduta del Senato accademico torinese per chiedere la sospensione alla partecipazione al bando Maeci, una collaborazione accademica che prevede il dual use. Alla fine di una lunga discussione, i senatori hanno approvato una mozione che sospende nuove collaborazioni dell’ateneo torinese con Israele.

Tra le altre richieste, l’incontro con il rettore Stefano Geuna per discutere delle loro preoccupazioni e di un maggiore impegno dell’università a favore di diritti umani e giustizia sociale. A questo si unisce la richiesta di una presa di posizione più netta e pubblica contro quella che definiscono la complicità nel “genocidio” palestinese.

L’università di Torino ha deciso quindi di non partecipare al bando Maeci 2024, il rettore Geuna ha specificato che si tratta di una specifica scelta di un singolo bando, mentre tutti gli altri accordi esistenti con le istituzioni israeliane rimangono validi. Il Politecnico di Torino, che si trova in una situazione simile, ha deciso di partecipare al bando.

I collettivi universitari della Sapienza hanno deciso di smontare le tende al pratone lunedì pomeriggio, dopo un mese di acampada, un corteo e due giorni di assemblea studentesca nazionale. Gli studenti hanno deciso di fare questa scelta di fronte «all’incapacità della rettrice di gestire il dialogo con gli studenti», commenta Giacomo Liverani, coordinatore del collettivo di lettere della Sapienza. «Non abbiamo nemmeno più preso in considerazione come interlocutore il Senato accademico, che di fronte alle nostre mozioni ha solamente approvato un punto piuttosto vago sulla libertà della ricerca e sulla pace».

La mobilitazione dei collettivi della Sapienza però continuerà e gli attivisti saranno presenti all’assemblea pubblica del 13 giugno sul bilancio e rilancio sulla mobilitazione universitaria, e poi ancora il 24 giugno in occasione del prossimo Senato accademico. La protesta continuerà in modo diverso, in modo «decentralizzato e su più fronti», attraverso la partecipazione alle assemblee di dipartimento e di facoltà per portare le proprie istanze, il cui punto nevralgico resta la richiesta di sospensione delle relazioni con gli atenei e istituzioni israeliani. 

A Bologna le tende in piazza Scaravilli non ci sono più, al loro posto è rimasto un ulivo. L’ultima sessione del Senato accademico ha accolto alcune delle richieste degli attivisti pro Palestina, approvando la mozione presentata dagli studenti ma dopo aver riformulato alcuni dei punti, cosa che ha causato non poche polemiche da parte degli studenti. Alla seduta è stata ammessa una delegazione di studenti e attivisti, assieme ad alcune persone sopravvissute ai bombardamenti israeliani che ancora colpiscono la Striscia. In aula è stata portata la testimonianza di una bambina di 4 anni, arrivata a Bologna per essere curata dopo aver perso la sua famiglia durante il conflitto, accompagnata da un familiare e un medico.

L’Alma Mater ha deciso di allargare la condanna della distruzione delle università della Striscia di Gaza a «ogni aggressione bellica a istituzioni universitarie». Poi sono state bocciate le richieste di abbandonare ogni collaborazione con la Nato e con la Marina militare italiana e di revocare la partecipazione del proprio team al Leonardo drone contest. Il rettore Giovanni Molari si è espresso sul tema delle collaborazioni con le università israeliane: «Tenuto conto che abbiamo fatto un monitoraggio di tutti i rapporti con Israele non ci sono accordi con università che prefigurano dual use, collaboriamo con due università israeliane a cinque progetti europei non in ambiti militari». Ma gli studenti non sono soddisfatti delle misure prese dall’università. Durante la protesta del 28 maggio scorso, gli attivisti pro Palestina hanno occupato i primi quattro binari della stazione centrale per circa un’ora, inoltre il sindaco della città Matteo Lepore ha esposto a Palazzo d’Accursio la bandiera palestinese, suscitando le reazioni della comunità ebraica che ha definito il gesto una «legittimazione del terrorismo e della prevaricazione».

Lepore ha invece ottenuto il sostegno della segretaria del Pd Elly Schlein: «Penso che esporre la bandiera non significhi in alcun modo sostenere il terrorismo. Fare l’equivalenza tra Hamas e il popolo palestinese non aiuta a isolare Hamas».

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