Il commissario alla Sanità è stato lasciato solo, la regione affoga nei debiti e ha sprecato i soldi dell’Europa. De Magistris e le liste di sinistra sognano una «primavera calabrese», ma per il momento l’inverno continua
- «Andate via, sarete richiamati, c’è solo AstraZeneca. Lo possiamo dare solo a chi non ha patologie gravi». Va così la campagna vaccinale nella regione ultima per tutto. Dove colossali inefficienze e un mostruoso debito sanitario divorano la salute dei cittadini.
- Prendi il commissario straordinario Guido Longo. Il governo Conte lo aveva chiamato dopo una giostra indecorosa di commissari che andavano e venivano, promettendogli personale e staff da far arrossire la Nasa. Lo hanno lasciato solo.
- Calabria ultima, anche per democrazia. Il Consiglio regionale vivacchia in uno strano regime di prorogatio, la giunta è retta da un presidente facente funzioni, mai eletto, che governerà fino alle prossime elezioni slittate tra settembre e ottobre. Si voterà con una legge elettorale che certo non invoglia al voto.
Reggio Calabria, esterno giorno. Camera puntata sull’assurdo. Decine di ottantenni e ultra si assembrano per ascoltare meglio le parole che un medico urla in un megafono. «Andate via, sarete richiamati, c’è solo AstraZeneca. Lo possiamo dare solo a chi non ha patologie gravi». Va così la campagna vaccinale nella regione ultima per tutto. Dove colossali inefficienze e un mostruoso debito sanitario divorano la salute dei cittadini.
Prendi il commissario straordinario Guido Longo. Ex superpoliziotto, ex prefetto, il governo Conte lo aveva chiamato dopo una giostra indecorosa di commissari che andavano e venivano, promettendogli personale e staff da far arrossire la Nasa. Lo hanno lasciato solo. Eppure, Longo deve scalare una montagna che è l’Everest del debito (116 milioni nel 2019), colmare un “buco” in termini di posti letto, ospedali chiusi e personale tagliato, che ha la profondità della fossa delle Marianne. Il tutto a mani nude. Spietata l’analisi di Maria Aronica, procuratore della Corte dei conti: «Il debito ingiustificato è un mostro che sta divorando la sanità a danno dei cittadini e che determina, inevitabilmente, sottrazione di risorse alla cura della salute». E giù una triste sfilza di esempi sui favori alla sanità privata, sulle fatture milionarie pagate due volte agli stessi fornitori, su sprechi e foraggiamento di clientele politiche. Va così in Calabria ogni volta che si parla di investimenti e soldi pubblici.
Il radar e il turismo
Prendiamo il radar. Sì, proprio un radar, essenziale per il monitoraggio del territorio, delle piogge e delle frane in una terra fragilissima, che Giustino Fortunato definiva «uno sfasciume pendulo sul mare». Se ne inizia a parlare nel 2002, l’Unione europea finanzia il progetto di una stazione meteorologica con 3 milioni di euro. Arriviamo a dicembre 2020 con l’opera non realizzata, e la Corte dei conti che condanna quattro alti burocrati della regione per danno erariale. E il radar? È ancora in Germania, custodito dall’azienda che lo ha costruito e che è stata anche pagata. Ma non serve più. Nel frattempo, i finanziamenti europei sono svaniti e la Calabria continua a franare.
Prendi i fondi per la promozione turistica di una terra che ha da vendersi montagne e mari, boschi e spiagge, la dolcezza di borghi millenari e un impareggiabile senso di ospitalità della sua gente. Che fine fanno? Promuovono qualche politico in cerca di modesti palcoscenici nazionali. È l’affaire Festival di Spoleto del 2018 che è già costato un rinvio a giudizio all’ex presidente della regione Mario Oliverio, centrosinistra. Il quale Oliverio pensò bene di farsi intervistare da Paolo Mieli sull’universo mondo, dalla crisi del Pd alla politica internazionale, il tutto a spese dell’inconsapevole contribuente calabrese. Che pagò tutto, cena di gala (ovviamente con specialità calabresi), alberghi, fotografi, finanche i copri sedia, grazie ai fondi per la promozione turistica, «dirottati – si legge nella relazione annuale della procura regionale della Corte dei conti – sul finanziamento di un talk show giornalistico privato, gestito da una società privata».
Ma queste sono storie del passato, obietterà qualcuno nella nutrita schiera dei difensori a oltranza dell’”onore calabrese” violato da cattivi giornalisti, presente e futuro saranno diversi. Può darsi. Ma basta trasferirsi nella sede del Consiglio regionale per ascoltare la discussione sugli «indirizzi strategici regionali per il negoziato delle politiche europee di sviluppo 2021-2027», per rimanere allibiti. Il titolo del dibattito è pretenzioso, la sostanza è vitale per disoccupati e imprese calabresi, per lo sviluppo del territorio e la lotta allo spopolamento. Tutto, però, sprofonda nel ridicolo più tragico. Non c’è il presidente facente funzione, il cabarettista Nino Spirli, con lo scapolare, le croci e le madonne ostentate come medaglie, ma c’è il documento pensato ed elaborato da assessori e costosi consulenti.
Una fiera delle banalità, il festival delle eterne cose da fare e che non si fanno mai. Con una chicca, a pagina 98. Il punto è quello della difesa idrogeologica del territorio costiero. «Lo squilibrio tra aree urbane e rurali risulta un nodo di estrema rilevanza per lo sviluppo sostenibile e integrato del territorio lombardo». C’è scritto proprio così, “lombardo”. «Evidentemente – ironizza il capogruppo del Pd in Consiglio, Domenico Bevacqua – il “copia e incolla” è stato fatto così in fretta che non ci si è neanche presi la briga di rileggere quel che si andava copiando e di cambiare i riferimenti originali. Tutti siamo a conoscenza delle centinaia di chilometri di costa che segnano i confini della Lombardia! Ora se c’è una cosa che sicuramente neppure la Lega Lombarda riuscirà mai a fare è di spostare il nostro mare a Milano».
I fondi europei
Ma oltre il ridicolo c’è il disastro annunciato della spesa dei fondi europei. «Una serie di scelte sbagliate, parcellizzate, uno spreco di risorse che non ha prodotto alcun valore su sviluppo e occupazione in Calabria. Circa 5mila interventi, 860 milioni di euro, per altrettanti soggetti beneficiari danno la cifra del fallimento della programmazione. Nessuna tracciabilità della spesa, basso impatto occupazionale, per circa il 38 per cento di spesa sostenuta per continuare a essere tra le regioni con la disoccupazione più alta in Europa, con una incidenza dell’emigrazione, una riduzione della natalità e con un saldo demografico negativo che porterà la Calabria tra 25 anni ad avere mezzo milioni di abitanti in meno», denuncia Angelo Sposato, segretario regionale della Cgil.
Calabria ultima, anche per democrazia. Il Consiglio regionale vivacchia in uno strano regime di prorogatio, la giunta è retta da un presidente facente funzioni, mai eletto, che governerà fino alle prossime elezioni slittate tra settembre e ottobre. Si voterà con una legge elettorale che certo non invoglia al voto. Sbarramento all’8 per cento, elezione secca del governatore. Una legge bipartisan, voluta nel 2014 dai padroni delle preferenze preoccupati solo di non lasciare spazi liberi. Risultato: alle scorse regionali il 55 per cento dei calabresi ha preferito non votare, e i 117mila voti raccolti rispettivamente dal civico Carlo Tansi e da Francesco Aiello dei Cinque stelle, non hanno avuto alcuna rappresentanza in Consiglio regionale. «Anche questa è una anomalia, una lesione profonda dei diritti politici dei calabresi che vogliamo combattere».
Primavera calabrese?
Luigi de Magistris, appoggiato da movimenti civici, liste meridionaliste e della sinistra di Mimmo Lucano, è da mesi in campagna elettorale. Vuole ribaltare la Calabria, diventare “governatore” e rompere con vecchie lobby, mafie e massonerie varie. Gira per i paesi dalla Sila all’Aspromonte, fa incontri, porta a casa candidature di valore. Mentre i suoi avversari incassano il risultato del rinvio delle elezioni e aspettano. Nicola Irto, il candidato presidente scelto dal Pd, attende paziente le decisioni romane. Si farà l’accordo con i grillini? E con quali, quelli riuniti attorno alla sottosegretaria al sud Dalila Nesci, o quelli organizzati dal dissidente presidente dell’Antimafia Nicola Morra? I renziani del deputato Ernesto Magorno non escludono un accordo col centrodestra di Roberto Occhiuto, designato a correre da presidente. A sinistra del Pd molti guardano ad Anna Falcone. Avvocata cosentina, attivissima nell’ultima campagna referendaria per il no alle riforme di Renzi, sogna «una grande “primavera calabrese”, una primavera che nasca dal sud, con l’ambizione di risvegliare tutto il paese».
«Il centrosinistra calabrese non è fatto dai rais locali che ne hanno causato il collasso e la desertificazione politica – dice – ma da tante donne e uomini che arricchiscono le file dell’astensionismo e bravi amministratori locali. Anche per questo dobbiamo ricercare l’unità non su vecchie sigle e contenitori vuoti, ma su un orizzonte nuovo e comune da costruire insieme: i pilastri fondamentali sono lotta alle diseguaglianze, ecologia, femminismo e partecipazione democratica. Chi se non i calabresi, gli “ultimi” in Italia e in Europa, possono e devono avere la forza di farlo e lanciare un grande rivoluzionario messaggio a tutto il paese e al mondo democratico, progressista e di sinistra?». La Calabria aspetta.
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