Ci sono due faccendieri, formalmente disoccupati, in viaggio da Roma con zaini pieni zeppi di soldi a bordo di treni alta velocità o pullman per evitare i controlli in aeroporto. C’è un professionista a Catania che li accoglie ripulendo i soldi con false fatture che servono anche a coprire il sistematico svuotamento di società intestate a prestanome che non pagano contributi e tasse. E poi ci sono lingotti d’oro, auto di lusso, la vita da nababbi, il tentativo di arrivare a Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, per ammorbidire i controlli, senza riuscire nell’intento.

Questo non è il racconto di un film, ma dell’ultima operazione della Guardia di Finanza di Catania, coordinata dalla procura etnea, pm Fabio Regolo, che coinvolge 33 persone in due ordinanze cautelari. È finito in carcere anche Gianluca Ius, nome noto alle cronache per i suoi rapporti con narcos e destra estrema, come Massimo Carminati.

Ius è l’ultimo ad aver visto vivo Fabrizio Piscitelli, l’ultrà e trafficante di droga morto ammazzato il 7 agosto 2019 a Roma. Non solo. È anche implicato nell’inchiesta delle Fiamme Gialle che hanno scoperto un sofisticato sistema di riciclaggio che mantiene ancora alcuni profili coperti e inediti come la provenienza del denaro, di certo illecita e legata ai circuiti criminali capitolini, tra mafia e narcotraffico.

Banconote e orologi di lusso sequestrati nel corso dell'operazione

Il gioco

I militari, su richiesta dell’antimafia, hanno eseguito in tutto 16 misure cautelari non solo nel capoluogo etneo, ma anche a Siracusa, Ragusa, Enna, Palermo, Milano, Brescia, Roma e Pesaro con il sequestro di quote societarie, disponibilità finanziarie e beni per 29 milioni di euro. I reati contestati a vario titolo agli indagati sono diversi: associazione a delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti, autoriciclaggio e riciclaggio di denaro di origine illecita.

Il gioco era molto semplice per chi lo eseguiva. C’era una montagna di soldi di provenienza illecita, con il marchio di fabbrica di Roma, città snodo di narcotraffico e malaffare, che venivano lavati con una triangolazione che vedeva protagonisti Ius e due sodali, Fabrizio Sarra e Carmelo Salvatore Di Salvo. Quest’ultimo riceveva il denaro contante e lo ripuliva emettendo false fatture per prestazione e servizi mai ricevuti a ditte indicate da Ius-Sarra alle quali versava denaro tramite regolari bonifici.

In questo modo avveniva il lavaggio dei soldi sporchi della coppia romana, ma questo era solo la prima utilità del sistema di riciclaggio. La seconda riguardava la rete di aziende di Di Salvo, intestate a teste di legno. Aziende che orbitavano nel settore delle consulenze e del mondo del lavoro, in particolare nel settore del "distacco di personale" previsto per i contratti di "rete tra imprese". Le false fatture servivano a Di Salvo per giustificare lo svuotamento di un gruppo di società, l’ottenimento di vantaggi fiscali e il mancato versamento di imposte.

Di Salvo viene considerato il capo «di una associazione finalizzata a commettere una serie infinita di reati tributari (..) inserito in un contesto di riciclaggio di somme di denaro, di cui non si individua una provenienza lecita, allo stesso consegnate in contanti da Sarra Fabrizio e Ius Gianluca», scrive la giudice Anna Maria Cristaldi. Le Fiamme Gialle hanno pedinato gli indagati, utilizzato le intercettazioni ambientali e telefoniche, quelle che il ministro Carlo Nordio vuole rivedere per i reati dei colletti bianchi. Senza non sarebbe stato scoperto nulla, senza non sarebbe scattato alcun sequestro e parliamo di beni, auto di lusso, conti corrente, lingotti d’oro dal valore di milioni di euro.

Torniamo all’indagine. Sono otto gli incontri tra Sarra, Ius e Di Salvo nei quali ci sono state le consegne di denaro, prevalentemente avvenivano all’interno di una copisteria. Le conversazioni raccontano il livello criminale, ma consentono soprattutto di comprendere i mondi di provenienza del fiume di denaro. È il 6 ottobre 2023, pochi giorni prima a Roma c’è stata una mega operazione contro una rete di riciclaggio in capo ai cinesi che si occupavano di far transitare i soldi delle mazzette e del traffico di droga da un capo all’altro del mondo. Sarra è intento a consegnare i soldi a Di Salvo e si giustifica per la mancanza di una parte del denaro. «E stamattina gli portano la differenza a Roma, perché l'altro giorno è successo un macello a Roma...», dice. Di Salvo chiede: «Sempre per questa storia della banca?». La risposta racconta il livello e la contaminazione tra mondi: «No...narcotraffico...però i fornitori si sono un po’ messi al riparo….ancora succede qualcosa...stamattina me li portano...». Sarra e Ius risultano disoccupati, ma è largo e ampio il giro di società controllate grazie a teste di legno e sodali. Dalle intercettazioni emerge anche l’acquisto da parte di Ius di quote del Verona calcio, società che milita in serie A, ma dall’interrogazione in banca dati effettuata dai militari non sono stati trovati riscontri.

La rete dei contatti dei tre è ampia e arriva fino alla politica, nessuno dei nomi citati è indagato, risultano tutti estranei all’indagine. In un’intercettazione Sarra dice che è in contatto con un amico, tale Lucio, attraverso il quale vuole fissare un incontro con Renato Schifani, il presidente della regione Sicilia. Ma perché la cricca prova ad avvicinare il mondo politico?

I controlli

Di Salvo ha bisogno di aiuto perché sono in corso ispezioni ai clienti più importanti del suo gruppo che potrebbero concludersi con il «disconoscimento del contratto di servizi e la riqualificazione dei rapporti come somministrazione illecita di personale», si legge negli atti d’indagine. Questo avrebbe provocato la perdita di ingenti fatturati per il gruppo e così la cricca si muove per garantirsi una copertura.

Secondo la giudice Anna Maria Cristaldi, Di Salvo e soci sono consapevoli dell’illecito utilizzo del contratto di rete, della somministrazione illecita di personale perché priva di autorizzazione. Per queste ragioni effettuano diversi tentativi per costruire una rete di copertura e contatti utili alla causa. Sarra, nell’ottobre 2023, incontra Lucio Barani, ex senatore e segretario del Psi. In una conversazione Sarra dice: «Perché Lucio Barani chiama il numero uno e dice ‘devo risolvere sta cosa». In altra conversazione un’assistente di Sarra dice: «Bene o male Lucio, che è quello più ammanigliato...ed è colui che ‘senti, questo qua...si può risolvere solo con Durigon (Claudio)...stop».

Anche Durigon, sottosegretario al Lavoro, completamente estraneo all’indagine, viene citato in alcuni passaggi. Il gruppo lavora per organizzare un incontro con il sottosegretario facendo leva sui contatti di Sarra con i politici. «Ci facciamo prendere un appuntamento... io, gli devi dire, che mi sposto a Roma solo se parlo con Duringon (Durigon, ndr)... non con gli intermediari», suggerisce una collaboratrice a Di Salvo. Quest’ultimo, nel gennaio 2024, organizza un incontro che dimostra la sua protervia, scrive la giudice nell’ordinanza cautelare. Il perché emerge dal profilo dei relatori, c’è un ispettore del lavoro, il presidente dell’ordine dei consulenti di Catania, viene annunciato Durigon, il quale non interviene personalmente, ma tramite un collaboratore.

A guardare il profilo di Sarra emergono altri contatti, nulla di penalmente rilevante. In un post del 2023 c’è una macchina di grossa cilindrata in bella mostra e sotto Giordano Tredicine, ex Forza Italia, condannato nell’indagine mondo di mezzo, commenta così: «Ordinata?». Tra i mi piace spunta quello dell’ex presidente del consiglio comunale di Roma, Marcello De Vito (condannato in primo grado per corruzione), e anche di un Casamonica. Proprio le macchine di grossa cilindrata sono tra i beni sequestrati agli indagati.

© Riproduzione riservata