Il consorzio PerGenova Breakwater, capitanato da WeBuild, aveva le professionalità e il fatturato per partecipare alla gara. In secondo grado ribaltato il pronunciamento del Tar della Liguria
L’assegnazione dell’appalto per la costruzione della diga di Genova è stato regolare. Il consorzio PerGenova Breakwater, capitanato da WeBuild, aveva le professionalità e il fatturato per partecipare alla gara. I competitor della rete temporanea di imprese Eteria, che mette insieme Caltagirone e Gavio, non potranno chiedere alcun indennizzo.
Il Consiglio di Stato, con una doppia sentenza, ha ribaltato i pronunciamenti del Tar della Liguria, apponendo la parola fine alla querelle giudiziaria sui lavori per la diga foranea di Genova. Un ulteriore passaggio sarebbe atteso all’Anac, che ha rilevato delle criticità sulle procedure di assegnazione, e l’Avvocatura dello stato deve predisporre una propria memoria.
L’udienza non è stata fissata, ma i pronunciamenti del Consiglio di Stato mettono un paletto fondamentale. I lavori per l’opera, prevista nell’ambito del Pnrr, possono quindi proseguire senza l’ombra della richiesta di un risarcimento. I cantieri non si sono mai fermati: i lavori per il Piano sono tutelati per evitare lo stop delle opere. Al massimo le imprese eventualmente danneggiate possono chiedere un ristoro. Ma il problema non si pone sulla gara indetta dall’Autorità portuale e dal commissario per la Diga.
Da Singapore a Genova
La storia dura da tempo e parte da lontano: riguarda Genova, ma muove i passi da Singapore. WeBuild ha infatti dichiarato di possedere i requisiti, fondamentali per l’aggiudicazione della diga in Liguria, grazie alla realizzazione del Tuas Terminal di Singapore. Si tratta di un’opera imponente da un miliardo e mezzo di euro. Il know-how e il fatturato, acquisiti in quella sede, sono stati alcuni dei fattori decisivi all’assegnazione dell’appalto per la diga.
Il Consiglio di Stato ha messo nero su bianco le motivazioni della legittimità dell’appalto: «Il consorzio WeBuild aveva inequivocabilmente riferito la realizzazione dell’opera maggiormente rilevante – il Tuos Terminal Phase 1 del porto di Singapore – alla Sidra s.p.a., mandante del raggruppamento. Era stata utilizzata l’espressione “Sidra s.p.a. attraverso Dredging International (Deme Group) - 51%”, richiamando dunque il collegamento esistente tra Sidra e la società Dredging International, a sua volta appartenente al gruppo Deme».
Quindi, «appare chiaro il coinvolgimento di Sidra – e, con essa, del consorzio Webuild offerente – nella realizzazione del lavoro in questione, ben potendo essa spendere il know-how ottenuto dalla compagine che ne detiene una quota significativa del capitale sociale». Il Tar si era invece soffermato su «un’apparente ambiguità della dichiarazione resa in gara».
Secondo i giudici di Palazzo Spada, in primo grado non era stato «esaminato l’evidente significato di base che quella dichiarazione recava, sia laddove essa menzionava il collegamento tra Sidra e Dredging, sia laddove il know-how era riferito alla quota maggioritaria dei lavori svolti».
Secondo ricorso
Il Consiglio di Stato ha emesso un altro verdetto che riguarda Eteria, competitor del Consorzio PerGenova Breakwater. Il raggruppamento di imprese aveva i titoli per partecipare. Semplicemente è stata preferita l’altra soluzione. L’esito del secondo ricorso rafforza, in questo senso, il primo pronunciamento favorevole a WeBuild.
Eteria aveva interpellato il Consiglio di Stato proprio in relazione al possesso dei requisiti per partecipare alla gara e chiedere un risarcimento. L’Autorità portuale aveva motivato lo stop con il fatto che la Acciona (società spagnola presente nel rti) aveva subito una sanzione da parte dell’antitrust iberica.
Il Tar della Liguria aveva avallato questa tesi, ma il Consiglio di Stato l’ha sconfessata: «Al momento delle dichiarazioni in gara dell’operatore Eteria, la sanzione antitrust dell’autorità spagnola non poteva ancora considerarsi esecutiva ed efficace, non essendo stato completato il relativo procedimento», scrivono i giudici di Palazzo Spada. Perciò «non si configurava alcun dovere, in capo a quell’operatore, di dichiarare l’esistenza della sanzione».
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