È notizia di qualche giorno fa che l’Old Vine Registry, il primo e più autorevole database mondiale dedicato alla catalogazione di vigneti composti da vecchie vigne, ha raggiunto le 4.000 voci da 39 diversi paesi, di cui 380 dall’Italia. Si tratta di un registro avviato nel 2010 da Jancis Robinson, reso disponibile online nel 2023 e dedicato alla catalogazione del maggior numero possibile di vigneti a livello mondiale.

L’intenzione dei fondatori è di offrire al mondo del vino uno strumento di conoscenza, oltre che un canale di vendita per i vini prodotti a partire dalle uve di questi appezzamenti. La stessa OIV, International Organisation of Vine and Wine, ha recentemente diffuso un documento in cui raccomanda a tutte le regioni vinicole del mondo di promuovere e incoraggiare la catalogazione di vecchi vigneti. Per definizione proprio dell’OIV è una vecchia vite la «singola pianta ufficialmente documentata di 35 anni o più», un numero in continua evoluzione quindi, dal primo giorno dell’anno è per esempio possibile iscrivere al registro tutti i vigneti piantati nel 1990.

Il ruolo del tempo

Di vecchie viti si è occupato il sempre ottimo SevenFifty Daily, magazine di riferimento relativamente a tutto quello che ruota intorno al mondo delle bevande alcoliche. Un lungo pezzo sull’argomento si apre con una provocazione di Markus Keller, professore di viticoltura alla Washington State University: «non ci sono prove scientifiche che ci siano cambiamenti nella fruttificazione o nella composizione del frutto o del vino man mano che una vite invecchia». Un’affermazione che smonterebbe una delle certezze più granitiche del vino, che cioè con il passare del tempo, soprattutto di molto tempo, le uve di una specifica vigna portino a vini sempre migliori, più stratificati, più complessi. In una parola: più buoni.

Una delle degustazioni più famose della storia è il cosiddetto Judgment of Paris, una serie di assaggi bendati organizzati dal celebre importatore inglese Steven Spurrier volti a paragonare la qualità degli allora emergenti vini californiani con alcuni dei più celebri vini francesi. Ci sono anche un film (Bottle Shock, del 2008) e soprattutto un libro (California vs. France & the Historic 1976 Paris Tasting That Revolutionized Wine, del 2005).

Un momento fondativo per la scena produttiva americana, che riuscì a imporre un proprio prodotto nella categoria sia dei vini bianchi (da uve di chardonnay) che dei rossi (da cabernet sauvignon). Il primo vincitore, lo Chateau Montelena 1973 dell’omonima cantina, era però vino prodotto a partire dalle uve di un vigneto piantato appena 3 anni prima. Così Matthew Crafton, attuale enologo della cantina: «quando la qualità di un vigneto è evidente, sin da subito, è improbabile che venga espiantato e quindi ha la possibilità di sopravvivere a lungo. Le uve del vigneto Bacigalupi (quello da cui venivano le uve del vino che si impose in quella degustazione) sono eccellenti, ma non c'è una caratteristica distintiva delle vecchie viti che io riesca a individuare». Crafton sospetta insomma che la qualità delle uve sia più dovuta al terreno, al clima, al portainnesto e alla combinazione di cloni che all'età della vite in sé.

Epigenetica e radici

La questione è però ben più complessa, come afferma Sturat Spencer, direttore della Lodi Winegrape Commission: da una parte «l’epigenetica, ovvero la graduale capacità della vite di adattamento nel tempo, che le consente di evolversi in modo particolarmente armonioso con le condizione uniche in cui si trova»; dall’altra il ruolo delle radici, che permette alle vecchie viti di essere molto più resilienti, tolleranti alla siccità e in grado di distribuire in maniera più efficiente le loro risorse in termini di dimensioni della chioma e quantità di frutta. Tra gli interventi dei produttori interrogati sul tema anche quello di Anselmo Guerrieri Gonzaga di San Leonardo, celebre cantina trentina: dopo circa 25 anni «le viti hanno sistemi vascolari robusti e iniziano a produrre uve di qualità eccezionale. È poi a 50 anni che la vite raggiunge un equilibrio notevole e un bilanciamento fenolico ideale».

Obiettivo dichiarato dell’Old Vine Registry continuare a crescere e raggiungere il numero di 10.000 vecchie vigne registrate entro il 2027.

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