-
Questa è la rubrica Vino sul divano. Ogni mese, nell’inserto Cibo, esploreremo le tendenze dell’enologia, guardando soprattutto al di là dei confini italiani, perché se è vero che il nostro paese possiede la più grande biodiversità di vitigni autoctoni, è importante smettere di guardarsi l’ombelico e vedere cosa succede altrove.
- Da Bordeaux alla Napa Valley, si moltiplicano gli appuntamenti in cui i produttori di vino si confrontano per affrontare gli effetti del cambiamento climatico. Dalla gestione della parete fogliare alla scelta del portainnesto più adeguato, fino a sistema di allevamento: non c’è aspetto della viticoltura che non venga messo in discussione, o quasi.
- Necessità non banali anche alla luce di consumi che in questi anni e in tutto il mondo hanno dimostrato di guardare con sempre maggior favore a vini più leggeri che in passato nel grado alcolico.
“Bordeaux 2050”, questo il titolo di una campagna pubblicitaria francese di grande successo, commissionata da un’associazione di giornalisti e realizzata nel 2018 da un’importante agenzia pubblicitaria parigina con lo scopo di sensibilizzare il pubblico sugli effetti del cambiamento climatico. Non uno spot o qualcosa di immediatamente riconducibile all’advertising tradizionale ma la decisione di produrre un vino, un vero vino rosso, usando uve provenienti da territori il cui clima fosse quello previsto a Bordeaux nel 2050, appunto. Un clima più secco e più caldo, ecco quindi le tipiche varietà bordolesi – soprattutto cabernet sauvignon e merlot –provenire per la produzione di questo vino sperimentale non dalla storica regione che si sviluppa ai lati del fiume Garonna ma dal Languedoc e dal Roussillon, nel sud del paese, oltre che dalla Tunisia. Come risultato, molti mesi dopo e a vino imbottigliato, una rassegna stampa di enorme spessore per un progetto che voleva far toccare con mano come siccità e aumento delle temperature potessero incidere sulle caratteristiche organolettiche di uno dei vini più famosi di Francia, e quindi del mondo.
Vendemmie straordinarie
«Il riscaldamento globale è stato finora positivo per Bordeaux, ma le cose peggioreranno», ha detto Olivier Bernard durante un simposio dal titolo Act for Change in occasione di Vinexposium, la grande fiera che si tiene ogni due anni proprio in città. Come riportato da The Drinks Business qualche settimana fa l’ex presidente dell’Union des Grands Crus de Bordeaux, oggi direttore di Domaine de Chevalier, ha sottolineato il fatto, straordinario, che ci siano state ben cinque grandi vendemmie negli ultimi sette anni.
«Qualcosa di mai visto nella storia della regione: 2015, 2016, 2018, 2019, 2020 hanno dimostrato quanto l’aumento delle temperature abbia portato beneficio a tutto il bordolese, ma è ora di porsi delle domande, va tolto il piede dall’acceleratore».
In particolare, ha spiegato, non solo il futuro dei vini bianchi di Bordeaux è a rischio, ma anche la stessa presenza di alcuni storici vitigni rossi va probabilmente rivista. I
l merlot, dominante nella zona per numero di ettari vitati, era perfetto perché arrivava a piena maturazione sempre tardissimo, e già oggi non è più così. Per questo i prossimi vent’anni vedranno l’introduzione nella regione di varietà provenienti da altre zone, più adatte al clima che si sta delineando, oltre alla necessità di cambiare l’orientamento dei vigneti per proteggere sempre di più i grappoli dal sole.
Riflessioni che fanno il paio con quelle riportate pochi giorni prima da Esther Mobley sul San Francisco Chronicle e relative a Napa Thrives, serie di conferenze organizzate nella Napa Valley per capire come affrontare gli effetti del cambiamento climatico.
Uno dei nodi, scrive, passa dalla gestione dell’irrigazione agricola, che annualmente assorbe circa l’80 percento del totale dell’acqua consumata in California.
L’uso dell’acqua
In particolare, rispetto alla produzione di altre bevande, la vinificazione ha l’obbligo di diventare più efficiente dal punto di vista idrico: Coca Cola nel 2020 ha usato 1,84 litri di acqua per la produzione di ogni litro della sua bibita più famosa, mentre le cantine ne utilizzano mediamente da sette a 16 per ogni litro di vino.
Ecco quindi da una parte la necessità di investire su tecnologie in grado di monitorare con precisione i livelli di umidità del terreno, per irrigare solo dove davvero necessario, e dall’altra quella di usare sempre di più le acque reflue, con sistemi di trattamento adeguati.
A questo si aggiunge poi l’esigenza di ridurre l’uso di acqua in cantina, usata in grande quantità per pulire vasche e botti, magari attraverso l’utilizzo di raggi ultravioletti.
Sempre a Bordeaux Château La Tour Carnet, come ha riportato Decanter la scorsa primavera, ha annunciato che esporrà un vigneto sperimentale a temperature artificialmente più elevate per replicare alcune delle condizioni che la regione si troverà a dover affrontare nei prossimi decenni.
Ma non c’è territorio del vino in cui queste tematiche non siano all’ordine del giorno: dalla gestione della parete fogliare alla scelta del portainnesto più adeguato, fino a sistema di allevamento, esposizione, altitudine.
Necessità non banali anche alla luce di consumi che in questi anni e in tutto il mondo hanno dimostrato di guardare con sempre maggior favore a vini più leggeri che in passato nel grado alcolico. Visto il progressivo aumento delle temperature una sfida nella sfida.
© Riproduzione riservata