Sono i figli e le figlie delle vittime di femminicidio, e sono una delle storie meno raccontate connesse alla violenza di genere. Ne parla il report dell’Osservatorio Con i bambini e di Openpolis
Il 25 novembre 2021 arriva dopo un anno tra i più neri per la violenza di genere. Nel 2020 il lockdown ha costretto migliaia di donne a rimanere in casa con i propri partner e la maggiore insicurezza economica generata dalla pandemia ha influito anche nelle scelte di andare via di casa e lasciare il compagno violento.
Secondo il report dell’Osservatorio #conibambini – a cura di Con i Bambini e Openpolis, promosso nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, da marzo a giugno 2020 ci sono state 15.280 chiamate al 1522, il numero per segnalare le violenze di genere, con un aumento del 73 per cento rispetto all’anno precedente.
Non si denuncia per la famiglia
Nel periodo dal 9 marzo al 3 maggio, i mesi di lockdown più duri, ci sono state in media 135 telefonate al giorno. Le chiamate al numero antiviolenza non si traducono però necessariamente in una denuncia: secondo i dati Istat del 2020, solo il 24 per cento delle donne vittime di violenza sporge denuncia, un dato che oscilla tra il 25 per cento quando si tratta di un partner precedente e il 17 per cento quando si tratta del partner attuale. Inoltre, tra le donne che decidono di denunciare, solo il 31,4 per cento di loro firma il verbale, elemento che complica la difficoltà nel perseguire un partner violento.
E spesso la violenza sfocia nel femminicidio. Al 9 maggio 2021 sono già 38 gli omicidi volontari nei confronti delle donne. Di queste, 34 sono state uccise in ambito familiare, e in 25 casi l’autore dell’omicidio è il partner o l’ex partner. Nel 2019, sul totale degli omicidi con una donna come vittima, i femminicidi sono stati il 91 per cento.
Tra le ragioni che le donne adducono al perché non denunciare una violenza domestica, oltre a non avere una sicurezza economica, un posto dove andare, e ovviamente la paura, la principale è il non voler compromettere la famiglia. Inoltre, quasi il 30 per cento delle donne (dati Istat 2014) torna dal partner violento per i figli.
I figli e le figlie della violenza
Sono proprio i bambini e le bambine che vivono in contesti di maltrattamento e abusi familiari – una violenza che spesso arriva al femminicidio – a rappresentare uno degli aspetti meno raccontati della violenza di genere.
Tra le vittime, infatti, ci sono anche i figli e le figlie che assistono alle violenze, o che le subiscono direttamente. Secondo il report, tra marzo e giugno 2020 quasi 2000 figli e figlie hanno assistito o subito violenze domestiche. Nello stesso periodo le donne vittime di violenza con figli sono state 3801, un numero che continua ad aumentare di anno in anno (erano 1930 nei quattro mesi del 2015, e 2.212 nel 2018).
Tra i figli e le figlie della violenza ci sono gli orfani di femminicidio, la cui madre è stata uccisa dal partner o ex partner di lei, o da un loro familiare. Giovani con una situazione familiare complicata, che, nel caso in cui non abbiano parenti prossimi disponibili a prendersene cura, vengono affidati ad altre famiglie o a centri sociali.
Il fondo per gli orfani di femminicidio
Lo stato prevede un fondo per aiutare questa categoria di orfani, che siano minorenni o maggiorenni. Nel 2020 sono stati in 2000 ad averne diritto. Il fondo include incentivi per l’educazione e la formazione, per l’inserimento nell'attività lavorativa, per le spese mediche e assistenziali, oltre a una borsa di studio per la sussistenza.
Oltre alle difficoltà economiche e sociali di essere figli e figlie di femminicidio, questi giovani subiscono un trauma che in alcuni casi ha degli strascichi emotivi significativi, dicono gli psicologi. Il 53,4 per cento dei ragazzi che hanno partecipato all’indagine dell’Osservatorio Con i bambini dicono di aver provato inquietudine mentre assistevano a una violenza domestica, il 10 per cento ha affermato che ha dovuto assumere comportamenti da adulto e accudire i familiari, e un ulteriore 10 per cento ha sostenuto di essersi sentito aggressivo mentre avveniva la violenza.
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